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21.12.19

Le convinzioni deviate che ci portiamo dentro

 Fonte: Città Nuova


Attenti a quello che si dice di sé perché si finisce per crederci ed interiorizzare la corrispondente emozione. Una riflessione alla luce dell’insegnamento di Eric Berne


Si giocava a tombola domenica scorsa. Il gruppo era ampio. Non tutti noti. Da un tavolo a più riprese durante tutte le tre manche si sentiva «ambo», «terno», «quaterna», «cinquina» e «tombola!!!». La fortuna è proprio sfacciata! Pensavamo in tanti. Ognuno avrebbe voluto entro la fine della seconda manche sedere a quel tavolo. Qualcuno ci ha provato, asserendo che i quei pochi minuti erano usciti i suoi numeri.

Verso la fine della terza manche una ragazza già pluripremiata grida «Tombola!». Decide di abdicare per far continuare il gioco, ma pochissimi numeri ancora e la sua amica e vicina di posto, anche lei già pluripremiata, grida anche lei «Tombola!». Generosamente anche lei abdica per far continuare il gioco. Alla fine della serata c’è chi si consola dicendo «Vabbè, non sono stato fortunato al gioco ma sono fortunato in amore», e chi rimarca l’opposto «Come è che si dice? Fortunata al gioco, ma non in amore! Eccomi.»

Ognuno la prende con allegria e filosofia e ci sta! Ma c’è qualcuno che a quelle frasi ci crede davvero: è il proprio bambino interno.

Secondo Eric Berne la struttura della persona è tripartita. Egli individua nel Genitore, Adulto e Bambino i tre stati interni che regolano il comportamento psicoemotivo della persona.

Al Genitore (interiorizzato) è attribuito il compito sia di sostenere ed incoraggiare quanto quello di normare il comportamento della persona.

 Al Bambino spetta il compito di curiosare, giocare, svagarsi e arrabbiarsi quando incontra il limite.

All’Adulto spetta il compito di tenere i piedi per terra, capire, valutare, organizzare e bilanciare. In questo modo si può trovare l’equilibrio tra le energie in ingresso ed in uscita, si può valutare le risorse che si hanno prima di intraprendere un progetto, o capire se occorre chiedere aiuto ed a chi.

Dicevamo che il Bambino interno ascolta le cose che vengono dette dalla persona e ci crede. Pertanto se sono cose belle si sente contento e ne è fiero, se ascolta cose brutte su di sé automaticamente ne soffre e orienta in tal senso il suo comportamento e le sue emozioni.

Queste conoscenze vengono utilizzate per stimolare pensieri positivi nel marketing ed in psicologia, in base ai quali le persone possono ad esempio prendere nuove decisioni che le riguardano, generare nuove consapevolezze o interrompere pensieri ripetitivi e disfunzionali.

Viceversa, se ci si ripete troppo spesso, anche scherzosamente, qualcosa che nella propria vita non va come la si vorrebbe, il rischio di pensare che non si è bravi in quella cosa, che si è sfortunati o di provare sentimenti di tristezza e di rassegnazione è proprio dietro l’angolo.

E la cosa buffa è che automaticamente si finisce per darla per scontata e non tanto comportarsi così, quanto piuttosto non fare nulla per cambiare lo stato di cose, almeno per ciò che riguarda il proprio intervento.

Attenti dunque a quello che si dice di sé perché si finisce per crederci ed interiorizzare la corrispondente emozione. Ma attenti anche a come lo si dice, poiché una battuta se viene ripetuta troppo frequentemente non è più solo una battuta, e in alcuni momenti serve proprio prendersi sul serio.



10.5.19

Imparare a volersi bene



Se non si è capaci di prendersi cura di sé stessi e di apprezzarsi non si può neanche riuscire bene a dare attenzione e amore agli altri.

Nella ricerca del partner non sempre tutto scorre liscio. In alcuni casi si può arrivare anche a perdere la fiducia in sé o nell’altro, ad arrabbiarsi o addirittura a rassegnarsi di fronte alle situazioni che non cambiano. In questo groviglio di sofferenza la persona rischia di trascinarsi per anni. Impossibilitata a uscire fuori da un circolo vizioso che parla di alcune ferite aperte e mai del tutto sanate, perché troppo dolorose da curare. La si ascolta parlare dunque in modo rassegnato su come vanno o sono andate le cose nella sua vita, ora arrabbiata verso sé stessa, ora verso l’altro, ora verso la vita stessa.
Queste persone hanno in genere delle consapevolezze a metà, mancano cioè delle dovute connessioni l’una con l’altra. Ci sono dei processi che la nostra mente a volte opera per tutelarci da verità ritenute troppo dolorose per l’equilibrio emotivo e la stabilità interna della persona. Per questo motivo al posto delle connessioni logiche, che darebbero senso e permetterebbero di superare questi blocchi proprio attraverso l’attraversamento del dolore, si vengono a formare delle deduzioni spesso illogiche che però hanno una parvenza di verità nella mente dell’interessato.
Durante una conferenza per single una donna di circa 45 anni si interrogava rassegnata su che senso potesse avere alla sua età mettersi in discussione, affrontare un lavoro terapeutico. Il suo punto di osservazione partiva dal fatto che riteneva già chiusa la possibilità di una relazione e di una famiglia. Con rabbia raccontava dei rimandi negativi avuti da più parti nella sua vita. Si poteva percepire nelle sue parole un dolore profondo, una rabbia ed una rassegnazione.
Il dolore profondo è legittimo. L’umanità ferita grida dentro ciascuno quando sente che non gli viene resa giustizia e non essere rispettati per ciò che si è, ma valutati per ciò che si fa, arreca dolore. Umano è anche voler tacere questo dolore, così come può accadere di provarne vergogna sentendosi inadeguati. Umano è il tentativo di cercare di nasconderlo agli occhi ed al cuore e di far finta di nulla per sopravvivere. Umano, ma non logico! Perchè senza dolore nessun bruco diventa farfalla, non c’è nascita né vita, non c’è crescita, non c’è sviluppo interiore.
La rabbia è energia vitalefinché c’è rabbia nelle persone c’è anche una speranza. È quando la rabbia diventa distruttiva che la persona perde il lume della ragione e l’energia vitale che le sottostà non può svolgere la sua azione. Ove c’è rabbia c’è un bisogno o un diritto leso. Imparare ad ascoltare questa rabbia alleggerisce tensioni muscolari, alleggerisce la mente ed i pensieri, permette di prendersi il tempo per riflettere e comprendere non solo da dove essa origini, ma come occuparsene.
La rassegnazione è misura ed indice della resa e perdita di speranza di fronte al pensiero “non c’è nulla che si possa fare”. Più essa è grande più si è vicini alla l’ultimo stadio prima di gettare la spugna ed arrendersi ad una vita che sovrasta. Ma è proprio vero che non ci sia nulla da fare?Molte volte ci si arrende senza neppure provare. La paura di misurarsi con una situazione, l’inesperienza nell’utilizzare le proprie competenze, la difficoltà a volte di riconoscersele, il pregiudizio di dovercela fare da soli e la conseguente difficoltà a chiedere aiuto fanno sì che si sovrastimi la reale entità della situazione e si disconoscano le risorse disponibili, quelle proprie e dell’ambiente circostante.
Raggiungere una nuova visione di sé come persona degna, implica un risveglio emotivo verso la propria persona e di imparare a guardarsi con occhi nuovi. Innamorarsi di sé è un atteggiamento, è una nuova primavera dei sensi che consta in piccole accortezze: dal fare cose belle e buone per sé stessi che restituiscano un senso di valore alla propria persona, al trattarsi bene, ad esempio curando il proprio aspetto o il proprio ambiente senza alcuno scopo specifico.
Riacquistato questo amore verso sé stessi, si può meglio amare anche l’altro. D’altronde il presupposto per amare è e resta “Ama l’altro come te stesso”, che indica chiaramente come senza prima un amore a sé, l’amore all’altro non ha una struttura, un modello a cui riferirsi.

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https://www.cittanuova.it/imparare-volersi-bene/

15.4.19

Non solo primi incontri



Incontrando e ascoltando single, ho colto spesso la delusione di vivere tanti primi incontri a cui non seguivano altri inviti. Quali possono essere alcuni dei motivi e come reagire?

Quando dopo un incontro che non prosegue in una frequentazione si sperimenta una delusione, generalmente a monte c’è un’illusione. L’illusione in questo caso si riferisce a un’immaginazione precoce, anzitempo, di qualcosa che la persona vorrebbe si realizzasse e la cui realizzazione viene indebitamente o precocemente attribuita a chi sta dinnanzi. Se si prova a mettersi nei panni dell’altro, si può meglio comprendere come questo può risultare gravoso e ansiogeno. E non perché questo desiderio non debba esistere, capiamoci bene, piuttosto perché ancora nessuno dei due sa se è veramente quella la persona in cui vuole riporlo. Manca ancora da raggiungere il livello di conoscenza tale che può far generare una libera scelta dell’altro. Di conseguenza ciò che più frequentemente si sperimenta è la paura dell’abbandono da una parte, mentre dall’altra la pressione di dover scegliere e appagare un desiderio. Darsi il tempo per conoscere l’altro, non avere idee stereotipate su chi dovrà fare il primo passo sono due elementi da tenere in conto.
Un altro elemento che ricorre molto spesso nelle conoscenze precocemente interrotte sono i giudizi e i pre-giudizi. L’avere un’idea chiara di ciò che si vuole può condurre talvolta in un vicolo cieco, in cui non ci si dà vicendevolmente il tempo di conoscersi per come si è. È naturale che al primo incontro si voglia dare di sé la migliore impressione possibile, e proprio per questo è difficile essere rilassati come si vorrebbe. Quest’ultimo punto non è di per sé stesso un limite, poiché la componente emotiva rende più veri, più autentici. Il limite sta nel giudizio che si dà di se stessi fino a ritenersi inadeguati, o viceversa nel giudicare l’altro senza ancora ben conoscerlo. I giudizi e i pregiudizi, in amore, sono di norma uno strumento utilizzato per tenere lontano l’altro ed esprimono un’effettiva paura di conoscerlo fino in fondo. Avere un’idea chiara di ciò che si vuole può anche generare in sé degli standard molto elevati tali per cui la persona incontrata non è mai idealisticamente paragonabile a quella desiderata e pertanto allontanata.
La verità è che non gli piaci abbastanza titola una commedia statunitense e può anche essere che sia così. Le relazioni nascono per affinità o per complementarietà, dunque è naturale che non si possa creare lo stesso legame con tutti. La sofferenza potrebbe derivare dal vissuto di una mancata conferma, che per la persona si traduce in un “non vado bene”. Questa lettura della cosa in realtà è molto pregiudizievole e si rischia di farsi molto male per nulla. In amore ci si sceglie “nella libertà”, per questo è molto importante che questi incontri vengano vissuti nella serenità di potersi esprimere e nel rispetto dell’altro a partire dal modo come si comunica di non voler più proseguire nella frequentazione. Nella maggior parte dei casi è il modo che ferisce non il fatto in sé è per sé. Il modo con cui questa intenzione viene espressa, taciuta o recepita ha a che fare con la maturità affettiva del momento.
È importante ricordare che i primi incontri hanno la funzione di aprire un varco a una conoscenza più approfondita, per questo è importante non seguire schemi predefiniti ma rimanere il più possibile in contatto con sé stessi, esprimere ciò che si è e si pensa, essere sé stessi. Lasciare che il tempo e la comunicazione fluiscano, che ci sia spazio per entrambi per esprimersi, essere genuinamente interessati a ciò che interessa all’uno e all’altro.
Se hai deciso di non proseguire nella conoscenza dell’altro: occhio a che non sia una modalità per tenere lontano le persone e non doverti mai coinvolgere.
Se hai ricevuto un rifiuto (diretto o indiretto): non si può piacere a tutti, così come l’altro non può essere aprioristicamente la persona che fa per te, meglio scoprirlo per tempo.
Se man mano che avanza la crescita personale, è possibile che le circostanze che hanno guidato la chiusura precoce di una frequentazione divengano chiare, sul momento è importante accogliere la delusione che ne deriva senza lasciarsi sopraffare da essa. Ogni cosa ha un senso anche se sul momento non si ha ancora la possibilità di attribuirlo.
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15.3.19

Si può essere single e felici?



Sono varie le ragioni che possono spingere una persona a non cercare una relazione affettiva. In questi casi, è bene che le persone che le sono vicine evitino comportamenti offensivi o intrusivi, restando aperte alle necessità dell'altro.

Le fasi che attraversiamo nella vita e che ci tengono lontano da una relazione sono tante e diverse ed hanno per lo più un carattere temporaneo. Ad esempio si possono vivere fasi in cui si ha bisogno di essere centrati su sé stessi e si percepisce che non si avrebbe l’energia, lo spazio, il tempo e la capacità di dedicarsi ad un’altra persona. In altri momenti non ci si guarda intorno attivamente e non si sente né il desiderio né il bisogno di avere una persona vicinoperché si è molto appagati da ciò che si fa, si ha e/o si è. Lo stesso può valere anche quando non si è ancora scoperto il proprio valore o non ci si sente ancora maturi.
Ci sono persone che sono stabilmente senza partner e tra costoro possiamo distinguere:
  • Coloro che un partner non lo desiderano o non ne sentono il bisogno, seppure investono molte energie nel dedicare attenzione alle relazioni, agli scambi comunicativi, e più in generale, alla persona in quanto tale.
  • Persone che sono state ferite dall’amore, che non riescono a comprendere cosa esso sia fino in fondo, o che per timore di nuocere ad un possibile partner hanno scelto di rimanere da soli.
  • Persone che rifuggono le relazioni che richiedono un coinvolgimento empatico, profondo e costante. Talvolta per specifiche strutture di personalità, talaltra perché restano intrappolate in ruoli e copioni di vita mai fino in fondo compresi.
Come single capita spesso di ascoltare domande ripetute su “Ma quando ci presenti il fidanzato? Ma quando metti la testa a posto? Ecc.”. C’è un immaginario sociale e comune che indirizza alla vita di coppia. Sembra che il tempo poi debba scadere e che altrimenti si resti indefiniti. Attraverso osservazioni di questo tipo si rischia di generare involontariamente ansia e frustrazione. Eppure la persona in questione, sebbene single, può non avere questa percezione di sé, soprattutto quando è giunta ad una elaborazione della propria storia di vita.
Mi colpiva anni fa la lettura di un libro per giovani e un po’ meno giovani in cerca della loro strada “La vita non è un parcheggio” di Roberta Vinerba. Attraverso il testo, l’autrice forniva stimoli di riflessione ad ampio raggio per riflettere e aiutare a fare il punto sul proprio cammino quando ci si sente in una situazione di stallo nella ricerca della personale strada. Questo invito diviene di fondamentale importanza allorquando si rischia di perdere il senso del proprio andare e non si hanno le idee chiare.
Esistono delle eccezioni? E quanto siamo disposti a considerarle? Quale impegnativo cammino di consapevolezza può aiutare a guardare con occhi limpidi e privi di giudizio e di pregiudizi quei single che vivono serenamente il loro status? Aver pienamente compreso la propria storia, raggiungere elevati gradi di maturità e consapevolezza di sé porta inevitabilmenente adesiderare cose grandi. Ogni qualvolta le aspettative ed i criteri sono alti (ma non disgiunti dalla realtà), il sentiero che porta ad incontrare la persona con cui si potrebbe avere maggiore affinità si fa più arduo fino quasi a divenire astratto. La consapevolezza di sé aiuta, motiva, ma non sempre tiene compagnia. È in questi momenti, in cui si fa spazio la solitudine e le osservazioni degli altri si possono più facilmente inserire e fare male, che i single felici giocano le loro carte migliori.
  • La prima tra tutte è la capacità di vivere la solitudine, non temerla, riconoscerla come parte integrante del proprio essere, condizione fondamentale per generare nuove riflessioni su di sé. Per questo motivo ciclicamente la ricercano.
  • Identificano scopi e priorità della loro vita e si danno obiettivi. Hanno compreso chi sono, il loro valore, il valore dell’altro e sono sinceramente interessati ad utilizzare le loro potenzialità.
  • Costruiscono buone reti relazionali e di sostegno sociale. Sanno che non è il numero delle persone che conoscono o incontrano a fare la differenz,a ma il tipo di relazione che con essi hanno instaurato. L’incontro con l’altro è una ricchezza, la relazione è un dono reciproco.
  • Regolano il bilancio tra energie in ingresso ed in uscita così da nutrire le varie componenti del proprio essere (mente, corpo, spirito, affettività e socialità) ed in questo modo sentirsi più in forma e vivere una vita appagata con minori rischi per gli sbalzi d’umore.
Questa condizione si raggiunge per tappe ed implica un percorso di maturità interiore in cui, in varie tappe, il proprio status come single può essere confermato e rivisto. Anche noi come comunità di persone dovremmo imparare ad essere meno intrusivi con le nostre osservazioni e più aperti e disponibili all’ascolto delle altrui esperienze.

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9.12.16

L'arte di corteggiare, scegliere ed amare tra maschile e femminile_Parte I

Il corteggiamento è la nobile arte di fare cose cortesi per una persona, quella persona che per un motivo, spiegabile o meno, cattura la nostra attenzione e la canalizza, quella persona che uscendo fuori dalla massa di tutte le generiche altre persone rapisce i sensi e la mente.
Il corteggiare come azione richiama al gesto di portare a corte che lascia intravvedere un riconoscimento di valore di se stessi come degni di essere visitati dall'altro e dell'altro come degni di entrare nella propria coorte.
Il corteggiamento, come rituale romantico, ha fondamentalmente tre finalità:
1) permettere ai due personaggi in gioco di uscire dalla massa informe delle X persone che le circondano
2) di conoscere l'altro per poter attuare una scelta consapevole
3) e di farsi conoscere per poter essere scelti.

Il corteggiamento non ha garanzie di successo! E' una dichiarazione di intenti tutta da verificare.

E' dunque chiaro che in una situazione così articolata entrino in campo desideri, sogni, progetti, aspettative, ansie, paure. Vediamoli un pò tutti. Il desiderio è una presenza informe di "qualcosa" che è avvicinabile al sogno (entrambi sono eterei) e che sta prima del sogno. E' l'elemento che attiva il sogno. potremmo definire il desiderio come una spinta a sognare. Il sogno è la manifestazione mentale di qualcosa che vorremmo e che può rimanere un sogno o trasformarsi in progetto. Dipenderà in buona parte da noi e da quanto ci attiveremo e soprattutto da quanto CREDIAMO in questo sogno. Non è ancora sufficiente crederci perché un sogno si materializzi: occorre trasformarlo in progetto ovvero quella serie di passi, di fasi, di comportamenti, di "rituali" che messi nel giusto ordine (usando le categorie spazio/tempo) possono portare al risultato desiderato. Se dunque l'obiettivo di un desiderio è la spinta a sognare, l'obiettivo di un sogno è la spinta a mettersi in movimento, allora l'obiettivo di un progetto è ottenere un risultato.

Quale può essere il risultato nel corteggiare qualcuno/a?
Lavorando con i single mi accorgo che troppo spesso il risultato è inteso come un binario unico ed è confuso con il "trovare un/una fidanzato/a". Poi c'è chi pensa che i risultati possano essere molteplici come ad esempio essersi conosciuti, aver trascorso bei momenti insieme, aver ampliato ed integrato la cerchia degli amici, ma ancora una volta la confusione fa capolino. Non stiamo parlando di una amicizia, stiamo parlando di un corteggiamento. Questi obiettivi si riferiscono ad una fase temporale precorteggiamento, appena prima del corteggiamento dunque, si riferiscono ad un qualunque rapporto di conoscenza generico e non meglio specificato. Allora qual'è il compito vero di un corteggiamento? Sicuramente il conoscersi e il trascorrere momenti significativi insieme ne fanno parte ma non bastano. Il corteggiamento deve poter ambire allo scoprirsi con gli occhi dell'altro, allo scoprire aspetti nuovi di te, ed in questo modo avere le idee più chiare su che persona sei quando sei accanto all'altro, eh si, anche su chi è l'altro, chi è di per se stesso/a e chi è nell'interazione con te. Questo tempo è prezioso perché fa passare dal desiderio di non essere soli, al sogno di avere una persona vera in carne ed ossa accanto, al difficile compito di scoprire chi può incarnare questo ruolo.

Tutta colpa delle aspettative. Quando decidi di avvicinarti ad una persona intenzionalmente lo fai perché hai colto in lei qualcosa di molto bello e vuoi scoprire se è così ed anche di più. L'inceppo si manifesta quando le aspettative sono molto alte, sono nutrite dal desiderio che è staccato dalla realtà e dalla progettualità concreta, sono totalmente immerse nell'ideale di come e cosa una persona vorrebbe o di come l'altro dovrebbe o potrebbe. Questi verbi al condizionale parlano di un ipotetico che non è delle relazioni mature. Una relazione matura è centrata sul tempo presente, sulla consistenza di come si è non sul desiderio di ciò che vorremmo o potremmo diventare. Vivere il tempo presente non è sempre cosa facile. Un'altro limite delle aspettative, che chiariamoci bene sono una componente naturale dell'essere umano, è che possono essere rigide o statiche. In questo modo non permettono alla persona di vedere chi ha veramente di fronte ma sottopongono l'altro ad una costante messa alla prova: "Sei come io mi aspetto da te oppure sei diverso (=non vai bene)?"

Il ruolo di paura ed ansia. Paure ed ansie sono sempre in agguato. sono una componente sana della crescita. La prima ci indica che dobbiamo dotarci di strategie adeguate all'impresa che ci accingiamo a svolgere, la seconda ci da quel brio tipico dell'incertezza di essere in un tempo che si muove e che si trasforma, che si evolve e non resta identico a se stesso. Entrambe parlano della pro-tensione dei nostri sforzi affinché quello che stiamo facendo vada nella direzione desiderata e della consapevolezza che nell'interazione con l'altro lo scenario possibile non è dato solo da ciò che noi vogliamo ma anche da ciò che l'altro vuole.

Effetti nocivi di aspettative, paure ed ansia elevate. Quando le aspettative sono troppo elevate, inevitabilmente si innalza la paura di non poter raggiungere la meta dei propri desideri e l'ansia di non essere sufficientemente bravi a farlo. La persona tenderà dunque a crearsi una sorta di mondo ideale, un rifugio nel sogno, un luogo dove paure ed ansie si acquietano, tutto funziona per come la persona vuole, desidera e sogna. peccato che la realtà è ben diversa. Una persona che si rifugia nel mondo ideale, meta irraggiungibile per se stessi e per gli altri, è una persona che sta bloccando alcuni passaggi importanti del suo sviluppo, della sua crescita come persona, si sta impedendo di essere veramente se stessa, sta rinunciando alla possibilità di scoprire e accettare alcune parti di se. La persona che si rifugia nell'ideale perde il contatto con se stessa e rinuncia, temporaneamente o illimitatamente ad identificarsi come persona unitaria, con i suoi pregi ed i suoi difetti, con la sua forza ed i suoi limiti, con le sue componenti interne femminili e maschili.

Come si diventa persone integrate. La relazione con gli altri è di fondamentale importanza. E' nella relazione con l'altro che siamo costantemente invitati a entrare in profondo contatto con noi stessi, con la natura di ciò che siamo. Questo non accade nell'isolamento sebbene in alcuni momenti della nostra vita abbiamo profondamente bisogno di stare da soli per fari i conti con quanto di noi abbiamo scoperto nelle esperienze fatte. Il fatto è che come esseri umani abbiamo bisogno sia di imparare a stare da soli sia di saper stare con gli altri. Inoltre in alcuni momenti della vita è naturale che si privilegino le relazioni con persone del proprio sesso, cosa che permette di interiorizzare aspetti del proprio maschile (se si è di sesso maschile) o femminile interno (se si è di sesso femminile). Senza volermi dilungare su questo, preciso che sto facendo qui riferimento a quegli elementi che già Aristotele e Platone e successivamente C. G. Jung chiamavano Animus ed Anima e che coesistono in ciascun individuo: il nostro maschile e femminile interno. Ci sono poi momenti della vita in cui si ha bisogno di relazionarsi con figure del sesso opposto e attraverso questo passaggio diventa possibile appropriarsi e imparare a gestire il proprio maschile interno (se si è femmine) ed il proprio femminile interno (se si è maschi). Lì dove questa integrazione non avviene, a livello caratteriale e comportamentale, la persona potrà arrivare a manifestare ella stessa quegli aspetti che tanto critica alle persone dell'altro sesso e si rifugerà in una ricerca affannosa di un ideale di persona su cui va a proiettare tutto quello che di buono e bello desidera ma che non può ottenere perché non ha imparato ad accoglierlo e ad accogliersi nell'interezza della sua natura. Essere persona integrata significa dunque saper fare i conti con la multisfaccettorialità del proprio essere umano, con le proprie contraddizioni interne, con gli aspetti propri del proprio femminile interno e con gli aspetti del proprio maschile interno. Significa saper riconoscere le proprie peculiarità e non dover dimostrare all'altro di essere altrettanto bravo invadendo il campo di azione specifico dell'altro sesso.

L'importanza di essere persone integrate già nel tempo del corteggiamento. Se durante il corteggiamento un obiettivo importante è scoprire come si è quando si è di fronte all'altro (nella bidirezionalità del conoscersi e del farsi conoscere) va da se che tanti autosabotaggi tipici di questa fase della relazione derivano dall'incertezza di non sapere chi si è, dal bisogno di voler apparire (a se stessi prima che all'altro) nel modo che meglio rappresenta l'immagine che si vuole dare di sé. Se la persona che si è dentro (il vero Sé) e la persona che appare fuori (il Sé sociale) sono in sintonia e si rappresentano vicendevolmente va tutto bene, l´integrazione tra mondo interno e mondo esterno nella persona ha un buon livello di congruenza e dunque di funzionamento. Se invece l'immagine interna che si ha di sé si scosta molto da quella che si cerca di mostrare agli altri allora appare chiaro che l'incontro con l'altro è difficile di per se stesso ed ancora di più durante il corteggiamento. Quello che viene e verificarsi è la paura che l'altro possa scorgere quegli aspetti che si cerca di tenere nascosti, oppure la difesa di quel Se sociale che essendo molto distante dal Se interno finisce per essere un immagine falsa che si cerca di proporre di se stessi.

Come vivere bene il corteggiamento. Il corteggiamento è dunque un occasione per fare verità su se stessi, sull'altro e sulla relazione. Accettare questo significa entrare in una predisposizione adulta e matura di come si incontra veramente l'altro, di accoglierlo così come è senza pretesa di cambiamento né richiesta di aderire ad un pre-contetto di come lo si è immaginato fino a quel momento, di come ci si è detti per una vita intera che si vuole il partner. E' a questo punto che ci si può sentire pronti all'incontro con una persona e non con l'oggetto dei desideri, si è pronti ad incontrare una essere umano e non un idea. Desiderare il bene per sé e per l'altro, cercare la verità sulla relazione, dicendosi le cose con quel desiderio di base di non nuocere all'altro anche quando gli si fa una critica ma di creare occasioni di miglioramento rende quel tempo veramente propizio qualunque ne sarà l'esito.


Dott.ssa Antonella Ritacco

10.6.15

La corsa dell'uno è la corsa di tutti

"Quello che ho sentito in questo gruppo è che la corsa dell'uno era la corsa di tutti" dice un partecipante a fine workshop dopo il secondo fine settimana intenso, così intenso da far dire "Se quello di prima era potente, questo lo supera!". E già, lo diciamo sempre anche noi che chi vuol davvero lavorare sugli aspetti che entrano in gioco nella relazione non può accontentarsi del Corso Base, del I livello, del seminario. Sarebbe come sapere che c'è un manuale ma non esercitarsi ad usarlo e neanche leggerlo. 


L'esperienza è stata piena per tutti. Ciascuno impegnato a scoprire e riscoprire se stesso, il proprio mondo interno, cosa ci sostiene e cosa ci condiziona, come in fondo tra le tante diversità che generalmente percepiamo in realtà siamo così simili nelle dinamiche e per questo ci definiamo appartenenti tutti al genere umano. Noi, i nostri punti di forza e le nostre fragilità, la scoperta di sentirsi potenti e di riprendere in mano le redini di se stessi. Conduttori e partecipanti insieme in una avventura che ogni volta è originale e stupisce per le forme che prende. 

L'immaginario comune di fronte alla proposta di Essere single Essere in coppia è sempre molto vario. 
Ci sono gli scettici che pensano che tutto è già risaputo; c'è chi è attratto immediatamente ma poi ci ripensa; chi pensa che è "roba da sfigati" ma poi scopre che questo è solo uno dei tanti modi per restare fermo e non darsi valore prima ancora che non darlo agli altri; e c'è l'entusiasta che sin da subito ne coglie gli aspetti più profondi e le potenzialità sorprendenti e si lascia andare fino alle profondità di se stesso desideroso come è di mettere in moto un cambiamento.

Continuiamo a raccogliere imperterriti i feedback di chi è in qualche modo venuto in contatto con il percorso ESEC anche tempo addietro per sapere che uso ne ha fatto nella propria vita. Ogni volta ci auguriamo che la partecipazione ai nostri corsi non sia come una figurina da collezione presa e portata a casa per avere un alibi chiaro "Ho fatto anche questo, ora la vita mi deve sorprendere!".

La nostra idea è che la vita ci può sorprendere solo se vogliamo farci sorprendere, che stare con le braccia conserte non serve, che le corazze che indossiamo per anni non svaniscono magicamente perché improvvisamente desideriamo di "trovare l'amore". Ed a ciascuno è richiesto l'impegno che può e che vuole mettere in gioco, solo quello. Nulla di più.

Grazie a quanti dal 2010 ad oggi hanno partecipato, ci hanno sostenuto ed incoraggiati e si fanno portavoci di diffondere questo percorso tra amici, parenti e conoscenti.


14.2.15

Prepara per tempo il tuo San Valentino

 "Sono single ma sto cercando di smettere" è l'allegro motto che circola da anni sulle magliette multicolor di chissà quanti single che all'avvicinarsi del Natale o della festa di S. Valentino fuori sono Happy e dentro sono Down. Ma shhhhh!!! Che non si sappia.
E intanto nella vita cosa fanno?

Quasi sempre hanno avuto il cuore ferito, chi di più chi di meno. E come ogni cuore ferito che si rispetti: sanguina, fa male. E allora che fare?! Meglio far finta di non vedere e riderci su...e intanto il tempo passa... OPPURE decidere di chinarsi su questo cuore e vedere che ferita è, che tipo di fasciature e medicamenti possono essere utili perché tutto si rimargini e si possa riprendere ad amare. Ma fa male! Accipicchia se fa male! E non è mica quello di un altro, è il tuo! E fa ancora più male! Ma ancora una volta a te la scelta, puoi decidere se tenerti la ferita e chiudere ogni porta ai sentimenti e all'amore per non soffrire più oppure decidere di usare la valigetta del pronto soccorso che hai in casa, quella che sin da piccolo, senza sapere, hai iniziato a forgiare con tutta la tua grinta e la tua determinazione e smetterla di piangerti addosso quando vedi le altre coppie in giro ed esserne geloso. 
Già, amico caro, se chiudi le porte del cuore sei tu che ti rendi inaccessibile all'amore. Non è l'amore che non ti trova, è che non ti trova pronto. Ci avevi pensato? "E chi se ne importa! Sto bene da solo io!" risponderete in tanti. Ed ecco venir giù la Survivel Guide per non innamorarti, per difenderti dai sentimenti. E non sempre l'hai cercata tu ma se ce l'hai è perché l'hai fatta tua anche se a proportela sono i media, le esperienze in famiglia, tra gli amici ed i parenti e finanche i modi di dire dal banale "meglio soli che male accompagnati" al "L'amore è cieco ma la sfiga ci vede benissimo" di fatti il sottotitolo del corso base di ESEC è proprio "Felici di essere single o single felici?". La vedi la differenza? Un single felice è capace di dare e ricevere amore perchè le sue ferite, quelle che appartengono a ciascun essere umano, sono state medicalizzate e superate. Può stare dunque in un rapporto profondo di ogni genere, amicizia o amore che sia, l'intimità non lo turba. Uno che è felice di essere single è una persona che fa fatica a stare in una relazione profonda perchè l'intimità può diventare ansiogena e fonte di timori esistenziali. Può donarsi a piccole dosi, sa sicuramente ricevere ma tutto entro un certo limite definito di volta in volta dalla profondità delle ferite che si porta ancora dentro. In definitiva sono i suoi disagi e dolori che regolano la bellezza o meno delle sue relazioni, non la sua intenzionalità, non la sua libera scelta, non il piacere o meno di stare con l'altro. 
E allora caro amico, non essere triste per te ma abbracciati e coccolati. Fidanzati prima di tutto con te stesso, scopriti e cercati perché solo così potrai dire a chi incontri la meraviglia che sei e accettare che l'altro ti veda per come sei e non per come vorresti mostrarti.
Prepara per tempo il tuo giorno di San Valentino vale per te che sei single, per te che sei fidanzato, per te che sei sposato, vale per tutti coloro che credono nell'amore e non vogliono rinunciare a vederne il bello ed a farlo fiorire proprio come il contadino non rinuncia ad un albero solo perché in una stagione non ha portato frutto ma vi si dedica con sempre maggiore attenzione studiando il terreno, le foglie e i rami e cercando di capire in cosa e come può rigenerare quel prato, arbusto o albero che sia.

Buon San Valentino nel cuore a tutti!

A.R.





24.11.14

Dai castelli in aria, ai film che partono da soli fino alla VITA VERA

Smettere di sognare, smettere di vivere un amore in fantasia, amori che possono durare anni e sono vita e tempo che se ne va. E' possibile? Come si fà? 
Vedi una persona che ti colpisce, il perchè non lo sai, e ti senti tutto sottosopra, scombussolato, felicemente inebriato e "Ciak! Si gira!" il film comincia senza che tu neppure te ne accorgi. E ogni volta, ad ogni momento libero, in ogni interstizio dei tuoi pensieri, mentre guidi e mentre lavori, mentre sei a tavola con amici o con i tuoi, quando cerchi disperatamente di addormentarti..."Ohhhhh! Ma quanto dura questa pellicola?" (dice la prima vocine che è in te) "E' infinita, perchè l'amore, quello vero non ha fine!" (risponde la parte romantica di te).

E giù con dettagli, cambi di scena, batticuori, "se lui, se lei, se io....".
Si, ma se ti giri finisce che cadi giù dal letto e ti svegli, e il colpo in testa potrebbe ricordarti che era solo fantasia, che la vita reale è un altra e intanto che tu monti e smonti le scene, vivisezioni i dettagli di ogni scena per cercare quello che "è ovvio no!?" e fantastichi il lieto fine di fine ottocento il mondo sta andando avanti e qualcun altro sta facendo dal vero quello che tu stai fantasticando. E allora come la mettiamo? 

Come si esce dalla vita ideale e si entra in quella reale? Esattamente vivendola. Lo so, questa formula non è così chiara ed ovvia come ti appaiono ovvi i dettagli che solo tu cogli negli spezzoni del TUO film. Già! A nessuno piace essere contraddetto, e il solo pensiero di non sognare più ad occhi aperti ti infastidisce già, eppure qualcosa di misto a fastidio e curiosità ti si muove dentro. Prova a starci e vedi di che si tratta, cosa ti da fastidio? Cosa ti impedisce di scendere nel reale e lasciare i sogni da ragazzo/a per andare veramente incontro all'altro accettando la sfida dell'incontro come momento più prezioso che hai per una conoscenza semplice e serena di chi ti sta di fronte? Nel sogno puoi fargli fare quello che vuoi tu. Ma l'altro in carne ed ossa è una persona come te, con la sua personalità e la sua libertà e l'incontro può essere un incontro bellissimo indipendentemente da che l'altro corrisponderà appieno ai tuoi desideri o meno. Anche perchè, non dimenticarlo, l'altro conosciuto può essere molto diverso dall'altro fantasticato, ed è proprio lì che il tuoi castelli in aria possono infrangersi


11.11.14

Non t'accollà!

"Non t'accollà!"

È l'espressione romana per dire non starmi addosso. Quante relazioni della tua vita ti vivi come un peso, un accollo? Quante ne trascini e non vorresti? In quante relazioni sei stato tu a sentirti un peso o ti hanno fatto sentire un peso? 

Cosa non ti fa sentire libero e autentico? La vita è una, ognuno desidera essere bello, bravo e buono agli occhi propri ed altrui. Ma come maneggiamo le relazioni è cosa assai importante. Così come assai importante è imparare ad esprimere all'altro come vogliamo esser 'maneggiati'. 'Maneggiare con cura, grazie!' Potrebbe essere lo slogan da affiggere sulla porta della propria stanza, il messaggio da inviare a chiunque valica troppo velocemente i 'varchi' dell'intimità. Ogni buon viaggiatore necessità della bussola per saper dove andare e del manuale delle istruzioni per sapere come relazionarsi a sè stesso ed agli altri, per non essere d'accollo per gli altri e neanche "accollarsi" ma poter vivere relazioni autentiche ove ogni scelta, ogni decisione ha un fondamento nelle credenze e nei valori che strutturano la propria vita.
"Nessun uomo è un isola" e se anche lo fosse il mare è molto trafficato. Buona navigazione a tutti i marinai esperti e buono studio della mappa a tutti i praticanti!

3.10.14

"La nostra paura più profonda"

"La nostra paura più profonda"



La nostra paura più profonda 
non è di essere inadeguati.

La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.

E' la nostra luce, non la nostra ombra, 
a spaventarci di più.

Ci domandiamo: "Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?" 
In realtà chi sei tu per NON esserlo? 
Siamo figli di Dio.

Il nostro giocare in piccolo, 
non serve al mondo.

Non c'è nulla di illuminato 
nello sminuire se stessi cosicchè gli altri
 non si sentano insicuri intorno a noi.

Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.

Siamo nati per rendere manifesta 
la gloria di Dio che è dentro di noi.

Non solo in alcuni di noi: 
è in ognuno di noi.

E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo 
agli altri la possibilità di fare lo stesso.

E quando ci liberiamo dalle nostre paure, 
la nostra presenza 
automaticamente libera gli altri.

 

Nelson Mandela 



Carissimi, è con questo magnifico augurio che voglio riprendere a dialogare con voi attraverso queste pagine, affinchè sappiate che il mio desiderio più profondo è che ciascuno di voi possa essere serenamente e liberamente ciò che veramente è nella sua essenza più profonda. Perchè nessuna paura possa offuscare ciò che veramente tu sei, perchè qualunque messaggio sbagliato o di sfiducia in te tu possa aver ricevuto e assimilato, qualunque esperienza abbia segnato la tua vita tu possa esser certo che non sei la tua paura, non sei quel messaggio, non sei quella esperienza: TU SEI MOLTO DI PIU' e in te c'è molto di bene che forse tu stesso devi ancora scoprire. E allora diamoci da fare. C'è sempre un momento da cui partire per cambiare e quel momento è arrivato. 

Se ti hanno detto che così come sei non vai bene pensaci (e fallo in serenità): o ti stanno dando un consiglio per la vita e allora ti toccherà impegnarti duramente per capire cosa di te veramente devi migliorare oppure ti stanno chiedendo di compiacerli e ti servirà una buona dose di carattere per dire con fermezza che la pensi diversamente da loro.
Se ti ripetono che non ce la farai, che devi sforzarti, sbrigarti, e affannarti chiediti in cosa non ti stai impegnando fino in fondo (e sii onesto con te stesso), in quale passaggio ripetitivo e lento della tua vita ti stai intrappolando. O forse ti stanno chiedendo di fare cose che tu non puoi perchè non ti appartengono, o di realizzare i loro sogni che sono i loro e non i tuoi? Decidi dove vuoi arrivare e fai il tuo piano: nessun marinaio salperebbe senza la sua mappa stellare per orientarsi su dove sta andando e sapere quale è la via da seguire.
Se ti chiedono di fare sempre tutto per bene sappi che è dal caos che nascono le nuove invenzioni. Nessuno è perfetto e neanche tu! Ti risolleva sentirlo? E allora ricordatelo, scrivitelo da qualche parte. Ma ricordati che tutti, e dunque anche tu, siamo perfettibili, ovvero che se lo desideriamo possiamo migliorare quelle parti di noi che ci impediscono di essere persone autentiche e serene con noi stessi e con gli altri.
E allora buon lavoro! E poi raccontami come è andata....

8.11.13

Per chi suona la campana?

Se sei parte del mondo suona anche per te! 
Diceva Ernest Hemingway


Eppure molte persone quando ascoltano o vedono o apprendono qualcosa di significativo pensano che non sia rivolto a loro ma a qualcuno che conoscono che ne ha più bisogno. Ma quanto siamo buoni! Una generazione di crocerossine, di salvatori dell’umanità…peccato che quando ci sia da condividere il bello, la ricchezza o beni materiali molto difficilmente pensiamo agli altri con tanta facilità.


Dove sta l’inganno?
L’inganno è nel ritenere che siano sempre gli altri ad avere bisogno di cambiare e che per noi va sempre tutto bene. Come se utilizzassimo per gli altri la teoria evolutiva dell’essere umano e per noi una teoria della staticità. È possibile!?
Un altro inganno è nel riporre nelle mani degli altri la nostra felicità “se l’altro fa questo io sarò felice!” ne sei proprio sicuro? Se è così allora lascia che ti dica una cosa: sei spacciato in partenza. Basterà che la volontà dell’altro sia differente dalla tua per farti sprofondare (ma di questo sarà bene che ne parliamo la prossima volta per non mettere troppa carne al fuoco).
Molto spesso mi si chiede, anche in psicoterapia, di fornire strumenti per cambiare il comportamento del partner. Inutile dirvi che a quel punto,con tutta la delicatezza possibile diventa indispensabile spostare l’attenzione dall’altro al sé. Ognuno di noi vuole sentirsi confermato per ciò che fa, pensa, dice. Ognuno vuole sentirsi stimato e riconosciuto. È allora perché questo non dovrebbe valere anche per l’altro?
Se non valesse anche per l’altro sarebbe cosa grave, molto grave. Significherebbe che stiamo chiedendo all’altro di essere un oggetto, di essere esattamente per come noi lo vogliamo o meglio ancora per come serve a noi per confermare la immagine di noi stessi e per appagarci.
Insomma un altro diverso da noi che fa ciò che vogliamo noi! Che meraviglia! Solo che non siamo a Disneyland, né in qualche fantastico mondo dei desideri, siamo nella realtà e nella realtà, perché la felicità possa essere di tutti, c’è un accorgimento, quasi una ricetta magica: FA ALL’ALTRO QUELLO CHE VORRESTI FOSSE FATTO A TE.
Meraviglioso, non trovi? Magari l’hai già sentito dire e ti chiedi se funziona davvero[1]. Solo che non sempre è così facile che quello che tu vorresti sia fatto a te coincida con quello che l’altro vorrebbe per sè. E allora come la mettiamo?
Ecco un altro segreto di pulcinella: siamo esseri umani e in quanto tali dotati di parola, di empatia e variegati. Niente paura, le prime due cose si imparano, l’altra è un dato di fatto e non ci puoi far nulla. Eh si! So anche che a parlare impariamo, bene o male, quasi tutti ma ad essere empatici: beh! Su questo hai ragione non tutti se la cavano. Ricorda: puoi sempre migliorare! Basta solo cominciare e ti accorgerai che è molto piacevole entrare in risonanza con le emozioni dell’altro, con le sue situazioni di vita e soprattutto ti accorgerai che crea molta vicinanza. Prova ad ascoltare di più ciò che gli altri dicono, vivono e mostrano. Guardale in faccia, osserva con tenerezza i loro comportamenti e vedi cosa accade.
Allora buon allenamento!





[1] Si lo so! Già ti sento brontolare. Troppe volte la vita ti ha rifilato delle sole e certamente non ti fidi. Lo capisco. Ma ascolta: hai mai sentito parlare di un invito a gettare le reti dall’altra parte? Ad agire un fuori schema? A fare una cosa che per i tuoi canoni e per i tuoi amici e parenti potrebbe apparire del tutto illogica? Ti invito a pensarci. Magari cambiando schema può darsi che qualcosa di diverso accada anche nella tua vita. Hai qualcosa da perdere? Sappi, e ricordalo bene: LA FELICITA’ E’ PER TUTTI!

31.10.13

Tu come ti affezioni?



Ci sono persone che sono espansive, alcune sono anche molto tattili, amano il contatto fisico, altre invece sono più restie ad avvicinarsi. Per certi aspetti queste caratteristiche sono delle predisposizioni ma per tanti altri sono dei comportamenti appresi sin dalla più tenera età in base alle esperienze che facciamo della nostra corporeità (se siamo stati accarezzati, massaggiati, coccolati) e del grado di vicinanza che possiamo sperimentare come sicuro (se nell’esperienza personale c’è quella della fiducia, della riservatezza della confidenzialità, tenderò ad essere più facilmente intimo con l’altro, viceversa se l’esperienza è quella del tradimento della fiducia o della ridicolizzazione tenderò ad essere maggiormente introverso rendendo inaccessibili emozioni e pensieri.
Provo ugualmente delle emozioni?
Certo che si! Solo che la coloritura delle emozioni è molto variopinta e la stessa emozione può essere provata a gradi diversi da persone differenti anche in situazioni piuttosto simili. Come se avessimo dei recettori che per qualcuno si attiva al massimo e per qualcun altro un po’ meno.
Cosa possiamo fare?
Chi è più propenso ad esprimere le sue emozioni sicuramente dovrà allenarsi a leggere i dati di contesto per capire se il luogo e il momento sono quelli opportuni e se le persone che ha di fronte possono accogliere la sua espansività. Viceversa chi è più introverso dovrà vincere un po’ di resistenze e cominciare a partecipare qualche aspetto di sé, dapprima agli intimi, poi pian piano anche con gli altri tenendo sempre ben presente che con gli intimi potrà allenarsi a dire di più di quanto dirà mai ad un conoscente o ad un collega che non sia anche amico.
Esprimere la propria gioia contagia anche gli altri; esprimere le proprie paure crea condivisione e vicinanza permettendo il sostegno e l’incoraggiamento; esprimere il proprio dolore permette l’accoglienza; esprimere il proprio disgusto permette la definizione dei confini tra ciò che siano noi e ciò che è l’altro e dei limiti tra ciò che condividiamo e ciò che rifiutiamo; esprimere il proprio stupore è il grazie che diciamo all’altro per il dono che ci ha fatto.
Molto spesso tendiamo a socializzare solo alcune delle emozioni mentre le emozioni tutte sono la coloritura e non le sfumature della nostra esistenza. La loro espressione permette l'avvicinamento tra le persone. 


Chi ha imparato ad esprimerle vive certamente meglio e si relazione anche meglio, e in questo ci si può sempre migliorare. Attenzione invece a non vomitarle sull’altro, potreste pentirvene e fargli molto male!

E allora buone colorite emozioni!