27.2.20

Essere di sostegno al partner

 Fonte: Città Nuova


Momenti difficili ce ne sono per tutti. Critico è viverli in contemporanea. Per fortuna non è sempre così


Saper stare al fianco senza pretese e senza interferenze è un’arte che si può apprendere. Fermarsi a chiedersi: «Come gli sto vicino quando ha bisogno di me?» è un buon allenamento per prestare attenzione alla relazione e imparare a camminare insieme nella vita.

Per natura si è egocentrici, ed anziché chiedersi come si sta accanto all’altro, risulta più facile chiedersi «Come mi sta accanto?». Se si soffre di questa sorta di miopia relazionale vien da sé che difficilmente verrà spontaneo inquadrare la situazione nel suo contesto: «Che cosa sta attraversando l’altro? L’attenzione che mi aspettavo è realistica? In che modo mi do personalmente attenzioni ed in che modo le chiedo o le pretendo?»
Se si è concentrati sul proprio bisogno, proprio come i miopi, l’altro ed i suoi bisogni tenderanno a rimanere sullo sfondo. La situazione peggiora se noncuranti del difetto di vista si cerca di far sentire l’altro carente di cure e di attenzione.
Viceversa se si soffre di ipermetropia relazionale si tenderà a tenere in considerazione i bisogni e le argomentazioni reali e plausibili dell’altro ed a trascurare i propri. Anche in questo caso è facile sbilanciarsi e finire per sentirsi inadatti.

Come fare a tenere conto delle proprie ed altrui esigenze contemporaneamente?
Ci sono di supporto alcune funzioni. Primo: l’empatia, questa capacità di uscire da sé e dal proprio campo visivo per osservare la situazione anche dall’angolazione dell’altro. È una competenza emotiva che cresce insieme alla considerazione ed al desiderio di vicinanza dell’altro.
Secondo: il dialogo. Nessuno nasce indovino, ed anche se crediamo di essere delle persone empatiche a volte possiamo essere indotte in errore e capire fischi per fiaschi. In fondo se ci si pone in due angoli di una medesima stanza, la stanza è la stessa, ma la prospettiva di visuale è necessariamente diversa.
Terzo: la valutazione obiettiva delle proprie condizioni attuali e la loro comunicazione sincera. Se vi trovate in un momento critico, meglio parteciparlo, piuttosto che far finta di niente. Le risorse energetiche sono per natura limitate, questo è un dato di fatto da accettare. Ignorare o sottovalutare questo dato di fatto porta confusione, rammarico e insoddisfazione. In queste circostanze le donne si sentono in genere deluse e gli uomini squalificati. Mentre l’informazione chiara aiuta a costruite contesti mentali comuni e facilita sia la comprensione dei reciproci bisogni sia l’accettazione di essi. Ne consegue lo sviluppo di sane ed adeguate capacità di autosostegno.

L’autosostegno: una risorsa o un limite? Come in ogni cosa l’equilibrio sta nel mezzo. Atteggiamenti come: «faccio da me, non ho bisogno di te», suonano di per sé distanzianti e qualche volta possono essere persino rancorosi. Mentre ascoltare e comprendere che l’altro in questo momento, e non in generale, non può essere al fianco per ovvi motivi, lascia spazio alla fiducia ed alla vicinanza emotiva: «So che vorresti aiutarmi e che mi sei accanto col cuore, ma stavolta faccio io».
Inoltre quando ci si trova a vivere contemporaneamente delle situazioni difficili, già il sapere che l’altro è in grado di gestire quella situazione, alleggerisce il partner di una responsabilità che soprattutto gli uomini sentono sull’altra. In questi casi l’autosostegno è una risorsa fondamentale della unione di coppia.

Lasciarsi sostenere ha a che fare sia con la capacità di lasciarsi sostenere senza sentir messo in discussione il proprio valore, sia con il permesso che si da all’altro di fare qualcosa di bello per voi, riconoscendovene degni. È importante parlare nella coppia di questi aspetti per trovare il modo comune di conviverci. Si proviene da diverse esperienze e qualche volta da diverse culture, si sono maturate negli anni abitudini, convinzioni e bisogni e qualche volta anche delle insicurezze. La conoscenza vicendevole e l’integrazione delle reciproche modalità arriva per gradi e matura con gli anni.

Concludendo possiamo dire che tante cose si possono fare da soli, e seppure in coppia continuare a farle da soli. E tante cose si possono fare insieme o per l’altro senza né delegare né sostituirsi. Occorre solo essere consapevoli che nel mentre si sceglie che veste darsi nel mutuo sostegno come partner, si definisce anche la strategia che con i propri temperamenti permette meglio di coabitare la relazione che si va via via costruendo.



12.2.20

Leggeri, non banali né superficiali

 

Fonte: Città Nuova


Esiste un modo per vivere con leggerezza? E se si come non risultare banali?


Spesso gli aggettivi leggero e leggerezza vengono intesi pregiudizievolmente. Si teme così di risultare banali o superficiali, e così facendo ci si giudica tali. Segue poi l’impulso di dimostrare che non lo si è e si rimarcano alcune caratteristiche del proprio carattere, che da sé stesse rappresenterebbero un pregio, mentre così rafforzate rischiano di trasformarsi in un macigno che la persona si porta addosso con grave sofferenza.

Quello appena descritto è un meccanismo piuttosto diffuso. Stupisce il fatto che chi si trova a vivere queste oscillazioni emotive da un lato vorrebbe vivere più serenamente, mentre dall’altro non se ne da il permesso procurando notevoli costrizioni e tensioni a sé ed a chi gli sta accanto.

La leggerezza designa una condizione della vita che va in sintonia con parole come benessere, gioia, allegria, dinamicità, equilibrio, delicatezza, disinvoltura, apertura, flessibilità. è la capacità di affrontare la vita così come viene, di calarsi nelle situazioni con la possibilità di osservarle da un’altra prospettiva e trovare soluzioni creative che calzano a pennello.

Una caratteristica importante delle persone che esprimono leggerezza è la loro capacità di astrazione, di distaccarsi dal peso delle circostanze, quelle attuali e quelle passate. Esse viaggiano con un bagaglio leggero, ciò che è superfluo o non serve più è archiviato. Cercano di non rimanere imprigionati in concetti e sovrastrutture che cristallizzano la situazione e non offrono spunti per altri pensieri e modi di attraversarla.

Le persone leggere sono capaci di ridere di sé stessi, non temono di mettersi in discussione, ed amano circondarsi di persone che le rispecchiano, che accettano la scioltezza con cui essi vivono e che pertanto gli permettono di continuare ad esprimersi con leggerezza.
Viceversa tendono ad evitare quei contesti, anche familiari, dove la leggerezza è scambiata per superficialità e loro stessi sono velocemente etichettati come persone infantili o poco concrete.

Sebbene siano capaci di trasmettere emozioni positive anche agli altri, devono necessariamente arrendersi di fronte al fatto che alcune persone che non glielo permettono. La distanza che si pone tra sé e queste persone non è da intendere come una distanza affettiva, soprattutto quando si tratta della propria cerchia familiare, bensì come distanza dalle modalità castranti e dai rimproveri espliciti ed impliciti che l’altro muove. Questa induzione di senso di inadeguatezza e di colpa alla lunga è capace di minare la loro energia vitale. La fuga rappresenta l’ultimo espediente per non morire dentro.

La distanza maggiore da percorrere in queste circostanze resta quella mentale, per non lasciarsi influenzare dal giudizio dell’altro. Il saper attendere i tempi dell’altro, la convinzione che non si ha nulla da dimostrare e la capacità di non giudicarsi, daranno risultati nel medio-lungo tempo.

Questo tipo di atteggiamento centrato sul proprio modo di essere protegge dal divenire banali e superficiali. è quando ci si concentra su come apparire che si corre il rischio di divenire banali e per di più di innescare una lotta a chi dimostra più abilmente se è meglio vivere a briglie sciolte o rimanere al sicuro.

Si può imparare a vivere senza pesi? Si, certamente. E lo si fa nel mentre si abbandonano i giudizi ed i pregiudizi, le autocostrizioni ed il controllo e ci si da la possibilità di aprirsi a nuovi punti di osservazione.