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26.8.20

Integrare il maschile ed il femminile nella coppia

 Fonte: Città Nuova


Nella coppia è necessario un  processo di integrazione lento e continuo che si basa sull’interazione costante tra i due. Maschile e femminile sono  caratteristiche comportamentali da conoscere bene


Vita di coppia. Sapete che anche nella nostra psiche esistono un maschile ed un femminile? Queste caratteristiche comportamentali non sono prerogativa di uno o dell’altro sesso sebbene connaturino l’orientamento sessuale e siano l’espressione comportamentale rispettivamente dell’uomo e della donna. Quando in una coppia i due partner si incontrano, molto di ciò che ha a vedere con i loro ruoli psico-socio-affettivi dipende dal modo come ciascun partner ha interiorizzato ed esprime entrambe queste caratteristiche.

La psicologa Sara Cattò nel suo libro “Imparare ad innamorarsi”, oltre ad illustrare quanto sopra, evidenzia come una donna ed un uomo che esprimono appieno rispettivamente il proprio lato femminile ed il proprio lato maschile siano capaci di rinforzare nell’altro gli aspetti secondari, che sono propri invece del partner. Ad esempio una donna che esprime appieno la sua femminilità offre stimoli al partner per accrescere l’area dell’espressione delle emozioni. Viceversa un uomo che esprime appieno i suoi aspetti maschili offre altrettanti stimoli alla donna per meglio contenere e ridefinire le stesse emozioni.

Questa considerazione apre uno spazio di riflessione sulle affermazioni di coloro che lamentano dei limiti nel modo di amare e di fare del partner. L’interrogativo che si pone diventa dunque non tanto se l’altro sta dando il meglio di sé ma se io,per prima, sto esprimendo nella relazione con l’altro il mio potenziale di femminilità, o viceversa di mascolinità, in modo da attivare naturalmente nel partner la corrispondente compensazione.

Giacomo rimprovera spesso a Carla di non lasciarsi aiutare. Lamenta la possibilità di fare qualcosa di bello per lei. Carla a sua volta lamenta di non avere spazi di autonomia e non sentirsi capita. Quando una sera sul divano Carla si concede di ascoltare la lamentala di Giacomo senza percepire un rimprovero e senza la solita sensazione di dover rivendicare la propria autonomia, anche Giacomo si sperimenta più capace di comprendere ed accettare il bisogno di Carla. Pian piano i due raggiungono un piccolo compromesso: Carla accetterà più volentieri le sollecitudini di Giacomo e questi d’altro canto non si sentirà rifiutato o svilito quando Carla gli porrà un limite.

Giacomo e Carla stanno cercando di integrare e rivedere gli aspetti che socialmente sono stati attribuiti alle loro figure nei rispettivi contesti in cui sono cresciuti. Oltre a questo, stanno lavorando sulle loro dinamiche interne psico-affettive, di come ciascuno si sente in risposta al comportamento dell’altro. Anche in questo caso il riferimento alla loro storia personale può aiutarli a comprendersi e rispettarsi meglio nei loro desideri e bisogni.

Le attenzioni di cui Giacomo vorrebbe circondare Carla per lei possono risultare troppe avendo imparato a dover fare da sé e volendo mantenere i suoi spazi di autonomia. Ricevere attenzioni le fa piacere, ma non se da queste ne deriva una disconferma delle sue capacità o ne percepisce una perdita di controllo su di sé e la sua vita. Quando Giacomo riesce ad offrirle il rispecchiamento empatico che le occorre, anche Carla diventa capace di accettare le sue premure.

Possiamo ben immaginare che la scena assumerebbe altri connotati senza questa comprensione profonda l’uno dell’altro. Ad esempio rischierebbe di divenire pretesto per uno scontro mentale tra scuole di pensiero. I temi si prestano bene d’altronde ad innescare una diatriba tra ruoli maschili e femminili.

Solo una scelta meditata di Carla e Giacomo può confinare il dialogo ad un esercizio libero di scambio di attenzioni e di riconoscimenti vicendevoli in cui rafforzare l’integrazione di parti di sè.

Questo processo di integrazione nella coppia è lento e continuo e si basa sull’interazione costante tra i due, in cui sia il riconoscimento e l’affermazione personale sia il riconoscimento e l’accoglienza dei bisogni e caratteristiche dell’altro si confrontano costantemente.



21.8.20

Decisioni, momenti importanti in una coppia

 Fonte: Città Nuova


Non sempre è facile dialogare fra lui e lei quando ci si trova di fronte a scelte significative. Qualche consiglio


Ci sono decisioni nella vita che richiedono tempo e maturazione. Quando la coppia si trova a doverle prendere vengono fuori per lo più tutte le caratteristiche legate al ruolo all’interno del proprio nucleo ma anche quelle legate al proprio maschile e femminile interiorizzato.

Riprendendo gli sketch di John Gray nel suo libro “Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere”, possiamo immaginare come la curva ormonale variabile della donna e le sue numerose interconnessioni cerebrali la portino ad esprimere contemporaneamente e senza troppa consapevolezza pensieri emozioni ed azioni, che verranno consapevolizzati nel mentre del processo. L’uomo a sua volta, “cavernicolo”, tende ad aver bisogno di pensarci su prima di decidere e per questo prende tempo. Inoltre la propensione all’azione dettata dal suo ormone principale in circolo (il testosterone) non lascia spazio a molta variabilità: egli vorrà lanciarsi verso la soluzione del caso appena ritiene che i dati in suo possesso sono sufficienti a prendere una decisione.

La donna vuole però invitarlo a stare nel (suo) processo e torna più volte sull’argomento. Ha bisogno di abbassare i suoi livelli ormonali e lo fa parlando. Cosa immaginate che succeda? Lui si stanca perché gli sembra di sentire le stesse cose e la donna è spronata a esplicitare meglio ciò che di nuovo ha colto ma senza girarci attorno.

In una coppia i cui partner hanno un buon legame e sono sereni, questa scena si svolge normalmente con toni medio-bassi, a volte ironizzando sulle peculiarità l’uno dell’altro o esprimendosi delle richieste vicendevoli di ascolto o di venire al dunque, altre volte attendendo pazienti che l’altro si renda conto da solo.

Ciò che emerge è che le decisioni si assumono per gradi, che fintanto che si è dentro ad un processo decisionale, ogni nuova consapevolezza è in grado di mettere in discussione la soluzione possibile che si sta cercando di dare.

Ma perché è così difficile a volte assumere una decisione di vasta portata? Alcune decisioni hanno il potere di cambiare la propria vita. Proprio in virtù di questa risonanza ci sono aspetti che necessitano di essere ben guardati ed altri per cui occorre assumersi l’incognita. E la decisione può essere assunta in tutta la sua portata quando si è ben compreso quale essa sia.

Se Rosalia e Gianni ad esempio sono d’accordo sulla linea essenziale della soluzione ipotizzata ma c’è un qualche aspetto che ad uno dei due non convince fino in fondo, è importante che i due si siedano e ne parlino finché il dubbio non sia chiarito, se si può chiarire. Quando questo non è possibile sarebbe almeno necessario che ci si possa sentire ascoltati e compresi fino in fondo nel proprio dubbio, proprio in virtù di un passaggio necessario all’accettazione delle incognite da assumere. Se poi il confronto finisce per essere del tipo “disco interrotto” in cui ci si ripete ad oltranza con formule stereotipate, allora c’è qualcosa che ancora non è emerso del tutto ed a maggior ragione è necessario parlarne ancora più approfonditamente.

Questo dialogo, per quanto laborioso e talvolta scomodo, diventa non solo un processo decisionale ma anche un percorso di crescita nell’intimità di coppia in cui si può sentire di poter affidarsi l’un l’altro le reciproche paure e speranze. Un altro punto che la coppia scopre è come imparare a fare chiarezza in due.

In questi casi conoscere la fisiologia dell’ascolto maschile e femminile può aiutare molto. Imparare ad esempio a fare delle piccole premesse introduttive prima di ritornare sul discorso predispone l’altro ad un ascolto più attento. Oppure dichiarare che si vuole aggiungere ancora una cosa che è venuta in mente a posteriori. O ancora chiedere quando per l’altro potrebbe essere un momento buon per ritornare sull’argomento.

Insomma allenare insieme una sana assertività nella coppia tenendo conto che le informazioni ed emozioni che la nostra mente elabora durante il giorno sono davvero tante e trovare insieme il momento opportuno aiuta ad organizzarsi ma soprattutto a prendersi cura del noi.



4.7.19

Genitore e single




Prendersi dei momenti di riflessione personali perché la maggior parte delle recriminazioni partono dal non sentirsi capiti, rispettati, supportati.


I motivi per cui ci si ritrova ad essere genitori single possono essere i più svariati. Come per ogni cosa, esistono motivazioni ufficiali, quelle che vanno bene per tutti e ci sono motivazioni più intime e profonde, per nulla immediate, che solo gli interessati possono col tempo arrivare a comprendere.
Qualunque sia la situazione che conduce a crescere un figlio da soli, essa non è mai priva di sfide e di dolori bensì è di una costante rimessa in discussione di sé.
Sono sempre possibili cicliche rivalutazioni della scelta intrapresa o ricordi dei vissuti legati a come essa è avvenuta; si palesano gli effetti sulla relazione con i figli sia per chi è presente sia per chi li vede a ondate; si impongono le difficoltà della vita quotidiana e dei suoi costi, ove a volte anche i beni necessari come un tetto sulla testa diventano proibitivi. La propria ed altrui vita viene rivoluzionata. Come si trasformano le emozioni verso il precedente partner, come si reagisce ai tentativi di riavvicinamento, o quali possono essere i riflessi emozionali davanti alle richieste e velate minacce dei figli che cercano di estorcere un riavvicinamento? Come e quando sono stati innalzati i muri, e dove è iniziato il punto di non ritorno sulle proprie decisioni?
Ogni cuore ha certamente le sue ragioni. Quando si è in interazione con l’altro non è facile comprendere quale parte della persona si attiva, la relazione viene vissuta, non tanto meditata. Per questo è importante prendersi dei momenti di riflessione personale e di coppia per capire cosa succede e come si può attimo per attimo interagire e dialogare.
La maggior parte delle recriminazioni partono dal non sentirsi capiti, rispettati, supportati,ma questo è molto probabile che sia anche il vissuto speculare del proprio partner. Oppure ci si accusa di non valere o fare mai abbastanza, come nei casi in cui si sta amando l’altro ma non nel modo come lui ne avrebbe bisogno.
Il nostro mondo interno è variopinto e non ragiona ma associa. È facile dunque che alcune situazioni ne richiamino altre e senza che la persona se ne accorga si attivino i retaggi di vecchie ferite mai rimarginate del tutto. Se in quei momenti non si è in grado di riconoscere quanto sta avvenendo si genera confusione su sentimenti passati e situazioni attuali.
Per questi motivi prima di chiudere una relazione e prima di iniziarne una nuova è necessario avere chiaro cosa non ha funzionato e quale è la propria parte di responsabilità, quali campanelli d’allarme non sono stati ascoltati e avrebbero dovuto esserlo. Non ha senso ragionare su i “se” ed i “ma”, ha senso imparare a non ripetere gli stessi errori.
Un riavvicinamento è sempre possibile ma chiaramente solo se sono state elaborate e superate le cause che hanno portato alla precedente rottura esso potrà condurre ad esiti diversi.
Con le emozioni non risolte interferiscono anche le continue sollecitazioni, provocazioni o minacce dei figli che chiedono la vicinanza affettiva e fisica dell’altro genitore, che non comprendono i motivi dei “grandi” e che per ottenere i loro tornaconti molto spesso attivano sofisticate strategie di triangolazione.
Rimanere genitore neutro e intellettualmente onesto può non essere sempre facile. Occorre consapevolezza delle proprie decisioni e prontezza nell’assumersene gli effetti, ed avere chiari i limiti ed i confini del ruolo educativo per fare pienamente la propria parte e lasciare spazio all’altro genitore per come egli può esser presente.
Il muro che porta i due ad allontanarsi si costruisce mattoncino dopo mattoncino ogni giorno. Ci si sveglia un giorno che è già finito. Il tragico non è a mio avviso che il muro ora sia lì. Il tragico è che non si sappia neppure come è stato costruito, che si manchi della necessaria comprensione di come si è arrivati a quel punto senza la quale non si può intervenire. È per questo motivo che ritengo che oggi i percorsi di “alfabetizzazione all’amore” siano un abc importantissimo della relazione affettiva adulta e che le coppie dovrebbero rimanere in formazione continua. Due naturali conseguenze sono: la paura per le successive relazioni ed i copioni ripetitivi attraverso i quali si ricercano sempre gli stessi tipi di partner a conferma che «tutti gli uomini/ tutte le donne sono così» ed al fine di non cambiare nulla di sé.
Inoltre se non è facile essere genitore unico, non lo è neppure conciliare con esso il proprio ruolo di donna o di uomo.
Concludo con alcuni interrogativi aperti su cui ritengo sia necessario continuare a riflettere attentamente. Che fine fanno il maschile ed il femminile che c’è in ogni essere umano, in che modo trovano ancora spazio di espressione? Come fare in modo che questi cambiamenti non interferiscano con una nuova dimensione di sé né con il naturale processo di identificazione sessuale che si sviluppa tra genitori e figli? E quando l’altro genitore è veramente assente, chi può supplire alla mancanza della sua figura?

Dr.ssa Antonella Ritacco


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https://www.cittanuova.it/genitore-e-single/ 

4.5.19

I 5 linguaggi dell’amore di Gary Chapman



Certe volte amare sembra essere complicato. Le hai provate tutte ma ti sembra che ancora non basti, e quello che fai non viene apprezzato a sufficienza, recriminazioni e rimproveri sono sempre dietro l’angolo e l’altro non vede ciò che fai e quanto ti impegni. Sembra quasi come se tra voi parlaste una lingua diversa.

E se fosse veramente così?
Gary Chapman, consulente familiare e antropologo americano noto per aver identificato, tra gli altrii 5 linguaggi dell’amore spiega che ciascuno ha un serbatoio emozionale e che questo può essere riempito attraverso diverse modalità di comportamento. Ciò che egli notò è che ciascuno dà e sperimenta di ricevere amore in modi differenti. E cioè che un gesto può essere estremamente significativo per qualcuno mentre per qualcun’altro può passare assolutamente inosservato.
Ciascuno utilizza la modalità di espressione che ha imparato e che connota il suo specifico linguaggio d’amore. Se l’altro non parla lo stesso linguaggio si ha la sensazione di “fare fare fare” per l’altro mentre l’altro non se ne accorge neppure con il rischio di arrivare ad esaurire le energie psicofisiche e rimanere senza alcuna gratificazione o risultato. Per questo motivo egli invita i partner a conoscere ed imparare a parlare il linguaggio d’amore dell’altro piuttosto che continuare inconsapevolmente a chiedere all’altro di parlare il proprio con il solo esito di collezionare numerose recriminazioni.
Cosa fare?
Innanzitutto annotare le recriminazioni in merito alle attenzioni non ricevute. Esse, per quanto fastidiose da ascoltare, nascondono una richiesta. Sono un segnale di ciò di cui l’altro ha bisogno e di cui lamenta l’assenza. In secondo luogo osservare cosa il partner fa per voi e di cui probabilmente non vi accorgete (poiché ai vostri occhi non è così importante) ma che è pronto a rinfacciarvi nei momenti di scontro.
Una volta stilate queste due liste siete pronti a confrontare recriminazioni ed osservazioni con i 5 linguaggi dell’amore che Chapman descrive.
Il linguaggio di rassicurazione riguarda tutto ciò che ha a che fare con l’infondere nell’altro un senso di sicurezza, di riconoscimento personale, di stima, il rivolgersi all’altro con parole rispettose e gentili al di là di cosa si debba o voglia comunicare. Il linguaggio dei momenti speciali che riguarda la capacità di prendersi del tempo per stare insieme e dedicarsi l’uno all’altra, come ad esempio essere presenti nei momenti importanti della vita dell’altro o realizzare insieme qualcosa che fa piacere ad uno dei due. Il linguaggio dei gesti di servizio ovvero la disponibilità a fare qualcosa di cui di norma si occupa l’altro, per gentilezza, per alleggerirlo, per fare una sorpresa. e questo indipendentemente da che ci sia o meno una richiesta. Il linguaggio del contatto riguarda il modo di scambiarsi tenerezze ed effusioni a livello fisico, alcune persone sono più tattili di altre e per loro il tocco, la gestualità, lo sguardo profondo, la sessualità sono imprescindibili dalla capacità di sentirsi amati. Il linguaggio dei doni, ovvero la capacità di trasmettere all’altro “tu sei importante per me”, “ti ho pensato” attraverso il dono di sé e del proprio tempo così come attraverso doni materiali.
Cooperare a mantenere il serbatoio emozionale dell’altro sempre pieno o ben equipaggiato è un segno di genuino interesse dell’altro ma anche una misura di prevenzione per i momenti di difficoltà che nella relazione possono sempre verificarsi. L’effetto immediato è di sentirsi inebriati dalla piacevolezza delle emozioni che nella relazione di coppia circolano e questo ha un effetto di rinforzo per entrambi e per la relazione stessa. L’unione la vicinanza possono essere meglio avvertite, non ci sono barriere legate al rancore ed alla recriminazione, la persona si sente non solo amata ma davvero conosciuta e rispettata nella sua intima natura.

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4.4.19

L’importanza di essere visti



Come ricercare e trovare quei momenti in cui, nella coppia, ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via. 


Nella vita di coppia si attraversano varie fasi e si condividono successi e insuccessi, sfide e traguardi. Talvolta sono frutto di scelte consapevoli e comuni e riguardano obiettivi che la coppia si è prefissata, altre volte sono situazioni che la vita riserva con grande generosità sia in positivo che in negativo.
Si tratta in ogni caso di occasioni in cui ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via.
Potrebbe in ogni caso accadere di non essere nelle condizioni di poter dare la dovuta considerazione all’altro oppure che quello che il partner si vive sia in antitesi a ciò che l’altro si sta vivendo e che nella condivisione si generino fatica, invidia, incomprensioni e conflitti.
Cosa significa e cosa fare?
Una facile deduzione potrebbe essere quella di colpevolizzare sé stesso o l’altro per non saper amare, stare accanto, condividere, sostenere e tutto quello che viene indicato essere aspetti dell’amore e della relazione di coppia.
Per chi giunge a questa deduzione non esistono molte vie di uscita: o adeguarsi mascherando i propri sentimenti e comportamenti oppure chiudere la relazione “per incompatibilità di carattere”.
E se invece la difficoltà fosse solo un’occasione per crescere come individui e nella relazione di coppia? E come?
Per prima cosa non cercare facili vie di fuga del tipo “non siamo fatti l’uno per l’altro”. È nello stare nella situazione che si può comprendere fino in fondo cosa genera, in che modo, perché e cosa invece potrebbe aiutare.
In secondo luogo guardarsi dentro in una condizione di ascolto di sé, privo di giudizio. Ogni emozione ha un suo perché, esprime un bisogno o un diritto e come tale va accolta, guardarsi nel profondo può non essere facile all’inizio ma piano piano può divenire una grande risorsa sia per l’individuo che per la coppia.
In terzo luogo chiedere all’altro di ascoltare quanto si è compreso e si vuole condividere. Questo punto è un passaggio delicato in quanto occorre tener conto del Timing, il giusto momento in cui chiederlo e nello stesso tempo essere disponibili a concordare con l’altro quando questo dialogo potrà avvenire.
Perché abbia successo è importante avere tempo e privacy anche se questo significa dover attendere. Per questo motivo agenda in mano, si fissa una data con l’intento di rispettarla. Un luogo neutro come ad esempio uno spazio aperto in genere funziona molto bene, ma può andare bene anche il comodo divano di casa purché senza fonti di disturbo.
In quarto luogo, lasciare all’altro l’occasione di poter esprimere il proprio vissuto, oppure aggiungere qualche aspetto che a suo parere non è stato tenuto in conto. Il partner potrebbe ad esempio non avere la stessa percezione del vissuto dell’altro. Pertanto è importante che gli esempi siano contestualizzati.
È inoltre importante che questa fase del dialogo non si trasformi in un contraddittorio e che le personali visioni della situazione possano essere entrambe esplicitate e riconosciute.
Solo quando le cause che impediscono di gioire della gioia dell’altro o di camminare al fianco dell’altro, sono state identificate allora si può, con il dovuto tempo che ciascuna situazione di vita richiede, decidere e fare qualcosa.
La possibilità di essere visti e riconosciuti nel proprio impegno, nei propri piccoli quotidiani traguardi non passa sempre per il successo immediato.
Pertanto sentire che il partner è al fianco e nota l’impegno quotidiano, al di là del successo generale, permette di sentirsi più forti di questa vicinanza e motiva a rigenerare in sé la forza e la determinazione per arrivare alla meta. Questo vale vicendevolmente per entrambi i membri della coppia ed è proprio questa alternanza che fa percepire che si è una squadra e che si è in cammino, senza ruoli designati e statici.

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4.1.19

Parliamo di noi, come coppia




L’essere un noi nella coppia è una tappa che si raggiunge col tempo e con esso si affina anche la capacità di narrare, a sé stessi ed agli altri, di sé come coppia  



Siamo abituati a pensare alla coppia che vive delle situazioni, fa esperienze, attraversa dei momenti a volte anche di stallo. Una coppia in generale come soggetto attivo, che fa.
La coppia che si racconta è una rarità. Si necessita di un pensiero che accoglie e che integra il vissuto, il punto di vista dell’altro, che opera un meccanismo in cui viene riconosciuta verità e validità ad entrambi. Le congiunzioni utilizzate diventano “e…e”, invece che “o…o”.
Di recente mi è stato chiesto, da una giovane ragazza, cosa potesse leggere per capire meglio come funziona la relazione di coppia. Ascoltandola percepivo che il suo bisogno era di fare esperienza di come funziona una coppia, di andarle a conoscere. Vale certamente anche un racconto scritto, sebbene il farne esperienza, l’osservare i processi di interazione tra i due membri, permette di cogliere degli spetti difficilmente esplicabili in un elaborato scritto.
Che cosa c’è di speciale nella coppia che racconta sé stessa? Ed a chi fa bene?
Quando una coppia si racconta, attiva in sé stessa un processo di autoriflessione tutt’altro che spontaneo. Si può dire qualcosa di sé in tanti modi ma quando questa verità sta incontrando la verità della narrazione dell’altro per fondersi in una, può non essere facile. Occorre che crollino le barriere del giudizio e del pregiudizio, dell’orgoglio, del naturale bisogno di dare una bella immagine di sé, del rimettere in discussione in sé stessi ciò che si era pensato e ritenuto vero fino a quel momento.
Si scoprono nessi che non si pensavano attraverso l’uso delle risonanze, cioè, quanto viene dall’altro raccontato produce degli effetti nell’animo e nei pensieri dell’altro e questo permette di sviluppare empatia. Il risultato è che si continua a costruire intimità e la relazione diviene sempre più salda e armoniosa.
Ogni coppia dovrebbe prendere giornalmente o almeno settimanalmente un po’ di tempo per sé stessa e per raccontarsi. Un tempo in cui poter essere lievito per la relazione.
 Questo racconto a due voci ed un cuor solo in alcune circostanze può risultare utile anche ad altri. È il caso di chi ascolta delle testimonianze. La storia di una coppia può fungere da stimolo per riflettere su aspetti di sé, su modalità relazionali, può offrire esempi di modi in cui compartecipare a delle scelte o alla soluzione di problemi.
A beneficiare di questa esperienza sono: la coppia stessa, le altre coppie ed i single, soprattutto se single di lunga data o con esperienze deludenti di relazione. La coppia che si racconta riceve feedback e nuovi impulsi per ripensarsi, anche attraverso le domande che le vengono rivolte.
Le coppie che ascoltano possono trovare in questi racconti dal vivo elementi per confrontarsi e per crescere nella relazione. I single possono trovare in queste testimonianze l’occasione di comparare la propria idea di relazione e di amore con quella di qualcun altro, osservare dal vivo differenti modalità di comportamento tra i partner. Spesso questo è utile al fine di chiarire alcuni concetti e preconcetti sulla relazione amorosa, oggi così tanto confusiva se non a volte lesiva dello sviluppo emotivo delle persone.
Possibili equivoci da evitare
Giungere ad una versione unitaria della propria storia di coppia non vuol dire che si tratti di una versione identica e che le differenze sono annullate. Una versione unitaria offre invece l’occasione di accorgersi, esplicitare e tener conto del personale modo di vedere e vivere una situazione da parte di ciascuno. Sarà normale che il racconto del marito si basi su alcuni aspetti mentre quello della moglie su altri, sebbene entrambi possano conoscere quanto appartiene all’altro.

  • Nel raccontarsi agli altri occorre tener presente uno dei principi che guida la relazione di coppia: la sacralità e dunque la custodia dell’intimità. Non esiste un vero confine tra ciò che si può e ciò che non si può dire. Esso dovrebbe essere di volta in volta regolato in base all’accordo reciproco tra i partner, al principio di utilità di ciò che si racconta, di contestualità rispetto al luogo ove si porta la propria testimonianza. La preziosità del dono della propria esperienza di coppia non può essere confusa con il bisogno di far sapere a tutti le proprie cose.
  • Inoltre è sempre importante ricordare di non assurgere la coppia a modello. Un modello si applica tout court, l’esperienza raccontata appartiene alla coppia e necessita di essere filtrata ed adattata alla propria storia personale. Non può essere asetticamente applicata alla propria vita, non calzerebbe. Ed inoltre si rischia di emulare o di non sentirsi mai all’altezza degli altri né mai soggetti attivi della propria vita.


L’essere un noi nella coppia è una tappa che si raggiunge col tempo e con esso si affina anche la capacità di narrare, a sé stessi ed agli altri, di sé come coppia. Questa narrazione, indipendentemente dall’essere invitati a portarla ufficialmente o dal riportarla spontaneamente al vicino di sedia ad un banchetto, ha confini non misurabili. Anche in questa narrazione spontanea di sé come coppia, ogni volta si sta donando qualcosa di sé di molto prezioso di cui quasi mai si sa quali frutti ha portato.

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20.12.16

L'arte di corteggiare, scegliere ed amare tra maschile e femminile_Parte II



Rispondo qui ad alcune domande sul corteggiamento poste dai partecipanti all'incontro di Verona presso l'Associazione Cantico dei Cantici. Il titolo del presente post era il titolo dell'incontro. Le persone che incontro sia in psicoterapia che in conferenze, seminari e workshop spesso mi rivolgono domande di questo tipo. Aggiungerò dunque alcune di esse a completamento del tema. 


"Perché oggi il corteggiamento sembra essere svanito? In che relazione sta questo suo venir meno con l'emancipazione femminile e con l'evoluzione della nostra epoca? E' così vero che la donna ha messo l'armatura è l'uomo è più fragile?" 
Oggi siamo abituati a trattarci come oggetti, con grande facilità pensiamo di aver verificato e conosciuto come è l'altro e la logica dello scarto è così ben insinuata in noi che facciamo anche fatica a riconoscerla e ad ammetterlo. Se posso avere tutto con grande facilità anche l'amore penso che debba seguire questa logica. Ma l'amore non è immediato, è un sentimento che si costruisce, solo che spesso viene confuso con l'emozionabilità. Una persona che amo necessariamente mi emoziona, una persona che mi emoziona non necessariamente la amo. Tornando al corteggiamento esso ha bisogno di tempo, cura e dedizione, dunque impegno, non è immediato, quindi per chi segue la logica attuale è più facile accordarsi su "ci vediamo" "in che relazione stiamo" "se ci va bene continuiamo se no...". Inoltre abbiamo un cuore ferito: nel migliore dei casi non si tratta di una ferita diretta, ovvero pagata sulla propria pelle, quasi sempre è indiretta per esperienze di familiari, parenti, amici che sono stati delusi dall'amore, e molte volte la ferita è generata dalla sola esposizione mediatica rinforzata poi dall'esperienza di qualche conoscente. Insomma siamo tutti esposti e solo quando si è maturato un buon equilibrio interno, anche questo frutto della naturale fatica del crescere e diventare uomini e donne adulti, si riesce ad avere quella autosufficienza mentale per distaccarsi dal dolore e dalla disillusione e potersi finalmente aprire ad un incontro che sia unico e non viziato dagli strascichi dell'esperienza precedente.
Mi chiedi in che relazione il calo del corteggiamento sta con l'emancipazione femminile? Questo è un tema caldo. L'emancipazione femminile segna un traguardo importante nell'evoluzione del genere umano ma come detto sopra se dentro una donna riecheggiano ancora gli echi di sopraffazioni avvenute lontano nel tempo o dentro di lei alberga il bisogno di dimostrare quanto è forte (perché ha bisogno di dimostrarlo a se stessa o a suo papà che non l'ha apprezzata abbastanza o perché deve prendersi nella vita quella rivincita che sua mamma, sua zia, sua nonna, sua sorella non hanno potuto prendersi) capisci bene che le emozioni e le motivazioni (non sempre consapevoli) le giocano un brutto scherzo. E' plausibile che quando si troverà di fronte ad un uomo che volendo corteggiarla cerca di fare cose carine e cortesi nei suoi confronti, possa rifiutare queste attenzioni confondendole con atti di superiorità maschile (di prevaricazione) o con segnali di inferiorità/debolezza femminile (che lei non può accettare). Inoltre se consideri che, per entrambi i sessi, sempre più spesso prima di sposarsi o andare a convivere si esce dalla casa genitoriale per andare a vivere autonomamente per conto proprio è facile comprendere come una donna o un uomo che hanno sviluppato la propria autonomia, in grado di pensare e provvedersi da sé, per quanto desiderino avere un partner accanto molto spesso in realtà stanno chiedendo al partner "stiamo insieme ma non cambiamo l'equilibrio di prima" ovvero quello che io chiamo l'essere single in coppia.
Che ci sia un disorientamento negli uomini e nelle donne, che abbiano perso la bussola e troppo spesso siano confusi su cosa spetta da fare all'uno e cosa all'altro è una generalizzazione che in parte è vera. Per fortuna non è sempre così. Molto dipende dal grado di sicurezza in se stessi e dalla capacità di accettare tanto l'accoglienza quanto il rifiuto. Che si sia più spaventati questo si è vero, che si fatichi molto a trovare buoni esempi nei propri contesti di vita questo spesso è anche vero, sappiamo che le persone coerenti e le esperienze significative esistono e nutrono. Alcuni ce le hanno a portata di mano altri possono scegliere di andare a cercarsele e per questo devono mettersi in cammino e lasciare le proprie sicurezze, a volte anche mettersi a confronto con familiari e vecchi amici di sempre. Detto questo la tua domanda mi costringe ad entrare di più nel tema del maschile del femminile interno alle persone, quell'Animus e quell'Anima di cui parlavano Aristotele e Platone. E lo farò in un articolo successivo.


"Ma il corteggiamento è maschio o è  femmina?"
Il corteggiamento spesso lo si pensa al maschile in realtà appartiene ad ambedue i sessi. E' la visione romantica delle cose che ci porta a dare questa lettura al maschile. In realtà tutti i film classici ripropongono dame che lasciano scivolare un fazzoletto perchè il cavaliere che passa lo possa raccogliere, avere la scusa di fermarsi e favorire una occasione di precontatto seppure fugace. 
Se la logica del Maschile è quella del dare e la logica del Femminile è quella dell'accogliere (vedi Imparare a Innamorarsi di Sara Cattò) comprendiamo che non ci può essere l'azione dell'uno senza che ci sia la risposta dell'altro che motiva a continuare. E che chiunque dei due da l'avvio alle danze è in realtà di secondaria importanza purché non invada il campo che è prerogativa dell'altro. L'accoglienza nelle donne ha due altre face che sono pericolose: l'una è la pretesa l'altra è l'attesa di ricevere. La prima è carica di violenza e di rabbia, parte da una mancanza, la seconda è una forma passiva, una richiesta indiretta di essere esaudita. L'accoglienza invece è un modo attivo di compartecipare, è un farsi spazio perché le cose avvengano e quando avvengono è anche una forma di comunicazione, è un si! Chiaramente è un si temporaneo che invita, che da il permesso di osare ancora, che lancia il messaggio "si, mi interessa conoscerti meglio". 

  

"E se l'altro si accorge del mio interesse? Mi sembrerebbe di non poter essere più libero nel mio modo di comportarmi"
Ottimo, se l'altro se ne accorge vuol dire che sei riuscito nel tuo intento. C'è chi ama giocare a carte scoperte ma ci sono anche tante persone che vorrebbero avere quello spazio neutro per non doversi subito dichiarare o dover frettolosamente dare una conformazione alla frequentazione. Partiamo dall'inizio (vedi anche la prima parte dell'articolo sul corteggiamento, il post precedente). Io noto una persona che mi interessa: se siamo solo in due e restiamo a parlare per ore possiamo anche non essercelo detti ma che c'è sintonia lo si comprende, se poi siamo entrambi liberi e ci vien voglia di ridarci appuntamento, con o senza amici, sto inviando un messaggio di piacere nel rivederla la persona, e l'altro legittimamente lo coglie. Se siamo in mezzo agli altri chiaramente tutto è più neutro, abbiamo facilità di osservarci, interagire senza dover ancora fare quell'operazione di far uscire l'altro/a dalla massa informe. Questo è un limbo provvisorio che può durare lo spazio di poche ore o qualche settimana al massimo, il tempo che raccogli il tuo coraggio e soprattutto che confermi quanto hai percepito dell'altro. Stazionare a lungo in questo limbo può nascondere una grande insicurezza, un bisogno di camuffare le proprie emozioni, una paura dell'incontro vero con l'altro, la paura di essere sbagliato o di fare scelte sbagliate. Dunque se il tuo intento non è rimanere single a vita ben venga che l'altro si accorga che sei interessato/a a lei/lui. La sensazione che ne hai di essere più limitato nel tuo modo di comportarti potrebbe essere frutto di una insicurezza su come muoverti, cosa fare, dire, proporre, un pò di ansia che è normale, oppure potrebbe avere a che fare con la difficoltà a fare una scelta che a sua volta può nascondere una paura di sbagliare oppure una difficoltà a definirsi, più tipica della nostra epoca, e dei single in generale, in cui si cerca di mantenere aperte il più a lungo possibile tutte le possibilità/opzioni. Solo che non siamo in una operazione di marketing ma in un sistema di relazioni dove ci si può fare del male e si può fare male.



"Come posso lasciarmi corteggiare o farmi corteggiare?"

C'è una sottile venatura che fa la differenza tra i verbi che usi. Mi faccio corteggiare quando ne avverto per prima il desiderio e mi metto in moto affinché l'altro mi noti. Si intravvede un legame con la seduzione, entro in contatto con il mio fascino e lo utilizzo come richiamo seduttivo perché l'altro mi noti e si avvicini. Mi lascio corteggiare indica quando è l'altro a desiderare di avvicinarsi per primo oppure un momento successivo al mio esercizio di fascino. Nel lasciarsi corteggiare è insito l'esercizio dell'accoglienza e la necessità che si rimandi all'altro un messaggio corrispondente al nostro desiderio interno: Si se sono interessata a ricevere le sue attenzioni e sono interessata a ricambiarle oppure No se non sono interessata a riceverle né a ricambiarle. In tutte le condizioni su citate è importante fare esercizio di darsi permessi: di tempo per conoscere la persona, di essere onesti e accoglienti nelle comunicazioni e nei messaggi che volete trasmettere all'altro, di essere pazienti nelle piccole sviste e soprattutto interessati al mondo dell'altro.


"Fino a che punto è possibile corteggiare, dov'è il limite per fermarsi?"
In ogni cosa il limite è la libera volontà dell'altro. Quello che mi chiedi mi fa pensare a due situazioni: quella in cui non leggo i segnali di rimando dell'altro (o non sono sufficientemente chiari) ed io vado ad oltranza e mi autoconvinco che c'è interesse e qualunque cosa l'altro faccia o dica la leggo sempre e solo con le mie lenti viziate dal mio desiderio esasperato di conquistare "l'oggetto dei miei desideri". L'altra situazione a cui la tua domanda mi fa pensare è: ho investito ogni volta energie, tempo, risorse a corteggiare senza avere mai grossi risultati e ne sono stanco. Non voglio più che altri si approfittino di me. Ora le due situazioni possono essere facilmente l'una la conseguenza dell'altra. Gli attori in gioco sono due, almeno i principali. Se non leggo i segnali e insisto troppo mi trasformo in uno stolker, se li leggo male investo per nulla oppure batto in ritirata dandomi un autogol. Sono io che mi sento insicuro ed ho bisogno del risultato certo per confermare la mia validità oppure ho così paura del rifiuto che non vedo la possibilità di un Si. Viceversa se l'altro non risponde alle mie attenzioni con messaggi chiari e soprattutto autentici mi porta lungamente fuori strada ma soprattutto mi da un segnale chiaro di immaturità. Nel primo caso non è in grado di dare valore al mio interesse, può arrivare così a suscitare anche rabbia nel corteggiatore), nel secondo non è pronto a rivelare se stesso, quello che pensa, ha bisogno di crescere affettivamente.
Il limite lo trovi dunque nel rimando dell'altro (chiaro o confuso che sia) ma tante volte il limite lo trovi anche dentro di te.


"Come posso io donna sostenere un uomo che mi interessa perché non si adagi troppo?"
Il tempo è una variabile importantissima nella relazione e nella vita degli esseri umani. E' un bene supremo, non ritorna. Se ti interessa come tu dici, allora vale il tuo tempo. Devi sapere che uomini e donne si relazionano al tempo in modo diverso e per un uomo è una sequenza infinita di momenti mentre per la donna è ciclico ed in questa ciclicità c'è il richiamo ad un inizio e ad una fine. Come donna sei dunque consapevole di cosa significa il passare del tempo. Una cosa che puoi fare è cercare di comprendere questo adagiarsi a cosa è dovuto: è diverso se è il suo modo di fare o se invece nella sua vita si trova in un tempo di grande affaticamento per varie situazioni che sta gestendo. Lui ti interessa, interessati a lui! Solo così puoi trovare la risposta: che può essere l'attenderlo e magari anche il sostenerlo oppure la scoperta che il suo è un modo di adagiarsi per non dover prendere una decisione e di conseguenza potresti essere tu a dover essere chiamata a prendere una decisione, non più lui.


"Se lui non mi piace glielo devo dire subito?
Dipende da cosa vuol dire per te subito. Ti sei data il tempo di conoscerlo? Cosa sai di lui? Oppure ti sei fatta un preconcetto di lui e lo stai usando per evitare una relazione o che lui ti rimandi aspetti di te con cui temi di dover fare i conti? Insomma per la troppa paura che tu non vai bene?
C'è una regola che insegnano nei corsi sui metodi naturali di regolazione della fertilità che è "aspetta e vedi", ovvero datti tempo. Non saltare frettolosamente alle conclusioni. Stare nel cerchio della vita non è facile proprio per questo. Frettolosamente vorremmo sapere cosa succederà, in che relazione stiamo, è lui o non è lui. Aspetta e vedi! Certo che quando ne sei proprio sicura allora si che glielo devi dire. Il tuo tempo è prezioso ed anche il suo (vedi sopra), se vuoi ricevere onestà sei chiamata a dare onestà, se vuoi avere chiarezza devi dare chiarezza. Sarà quindi importante che tu ti prenda qualche minuto per capire cosa e come puoi dirgli quello che pensi, le considerazioni che hai tratto, in relazione a cosa. Nessuno vuole sentirsi usato né rifiutato perciò quando glielo dici digli anche cosa apprezzi di lui sebbene quello non basta per avere una relazione.


Cosa non sta funzionando e cosa possiamo fare in questo contesto sociale? Come single mi sento spesso invitato e provocato a ridicolizzare la relazione, e vedo che tanti lo fanno, so che non mi sentirei a posto con me stesso perché voglio credere nell'amore.
In questa nostra epoca in cui siamo costantemente invitata a pensare che tutto è possibile, tutto è buono, e tutto è lecito abbiamo una occasione più unica che rara per sviluppare con maggiore convinzione la nostra determinazione ad amare ma in una maniera più adulta e consapevole di come è stato fatto in passato. Oggi abbiamo l'occasione di scegliere liberamente, intendo senza i vecchi condizionamenti sociali e familiari (almeno nelle grandi città è possibile), la persona da amare e non abbiamo ancora imparato a gestire questa libertà. Ai vecchi condizionamenti sociali e familiari ne abbiamo sostituito altri che sono interiorizzati e muovono le corde del riscatto della libertà e della paura delle nostre fragilità. In questo modo siamo portati ad attaccare o a difenderci. nessuna relazione sana può nascere da queste due posizioni. Conquistarsi l'adultità, secondo lo schema del GAB (Genitore Adulto Bambino) dell'analisi transazionale, è una avventura tutta da vivere. Significa essere persone autonome ma non autosufficienti, accettare i propri limiti e scoprire e valorizzare i propri talenti, le proprie capacità, significa essere rappacificati con la propria storia personale, significa aver fatto un cammino e volerlo continuare. Significa aver trovato un equilibrio interiore che ti permette di pensarti come un settemiliardesimo di pezzi unici nel mondo, che non è vero che tutto dipende da te ma che tu puoi fare molto e senza la tua parte la terra è un luogo più povero. Ecco cosa possiamo fare: tornare a scoprirci parte del tutto e per questo importantissimi! Mentre invece una parte della cultura odierna spinge a credere che se sei parte del tutto sei nella mischia e non conti. Non c'è un modo migliore per fallire che credere in questo.


"Quali indicazioni per uomini e quali per donne che sono alla ricerca dell'anima gemella?"
L'Amore esiste ed occorrono occhi sempre nuovi pronti a vederlo. Spero che in ognuno di voi ci sia un punto nella vita in cui può tracciare uno spartiacque tra come vedeva le cose e pensava prima e come le vede e pensa dopo un esperienza significativa. Quasi sempre quel punto è il vostro punto vero di inizio. E' un punto di non ritorno in cui finalmente vi siete fatti una vostra idea sulle cose.
Quello che non esiste è il partner ideale. Fintanto che una persona sta cercando quello la sua ricerca è votata al fallimento relazionale, nulla la soddisferà se non per breve tempo e rischia seriamente che solo molto avanti negli anni si possa rendere conto che l'unica cosa veramente sbagliate era l'idea del partner e della relazione perfetta. Tutti abbiamo da confrontarci con l'idea che per quanto bravi possiamo essere, per quanta buona volontà possiamo metterci nelle cose abbiamo anche dei limiti, dei difetti e qualcosa di noi non piacerà ma non per questo l'altro non ci amerà, anzi come mi disse una volta una persona molto cara "Seppi che era lui l'uomo che volevo sposare quando scoprii che amavo anche i suoi difetti".
Non siamo perfetti. Sapersi accogliere nelle proprie fragilità, buttare giù la maschera con le persone intime è una gran dote. Irrigidirsi nel voler mantenere una impeccabile immagine di sé alla lunga logora la relazione. Non si dice il vero su se stessi. Sapersi accogliere significa imparare a perdonarsi e se la persona ha imparato a perdonare a se stessa potrà essere caritatevole, amorevole e accogliente anche con l'altro. E significa anche liberare energie positive, sprigionare il bene che c'è dentro di sé invece che coltivare emozioni negative.
L'amore non si trova, si incontra. Anzi è lui a trovare la persona e lo fa solo quando la persona è pronta. Perciò rendetevi pronti! Siate in ogni momento le persone migliori che possiate immaginare e lui saprà trovare la forma ed il modo in cui incontrarvi.



22.7.15

Come reagire alla rabbia degli uomini

Dell'uomo si dice che abbia più forza muscolare, che il suo comportamento è regolato dal testosterone e che per effetto di esso è portato ad agire. Certamente ogni cosa è vera in sé e per sé. Ma il gioco è presto fatto: l'uomo è anche un essere razionale ed ha una coscienza emotiva e può scegliere di utilizzarla o non utilizzarla. Quando la utilizza è l'uomo che tutte noi donne sogniamo, sa fare, pensare, comunicare, far emozionare, ha delle mete e dei valori. Quando sceglie di non usare tutte le sue capacità gli partono i 5 minuti e non ha più il controllo di sé.

Un uomo violento è un uomo che non è mai stato stimato, che deve prendere con la forza ciò che nessuno mai gli ha dato. E' un uomo che ha un nucleo molto fragile, quello che attrae le crocerossine al grido di "Io ti salverò", "Io ti amo come mai nessuna ti ha amato prima, e..." giù con le giustificazioni, le coperture, i mascheramenti e le chiusure, si ma con il resto del mondo perché non sappia, non si accorga e tutto appaia sereno.

Quello che si può vedere è la maschera di facciata. Una facciata non sempre osservabile ad occhio nudo ma che richiede alla persona una energia infinita per scindere le sue parti buone e le sue parti inaccettabili. Di fatti non di rado l'accusa è alla vittima "L'hai voluto tu! Se tu non facevi questo era tutto perfetto tra di noi". Più di rado la brutalità traspare da molti atteggiamenti che definiremmo di poca galanteria, delle inattenzioni, così spesso vengono lette dalle donne rese cieche dall'amore "E' distratto. Non ci ha pensato. Era preoccupato per un altra cosa." E giù con le giustificazioni che questa volta la donna stessa fornisce all'uomo.

Tra vittima e carnefice si innesca una vera e propria dipendenza che non è solo fisica ma anche emotiva. I due partner si confermano a vicenda le loro parti deboli e ferite:

LEI "Tu sei buono ed io lo so, mi basta il tuo attimo di sorriso, il regalino per dirmi che mi pensi, la sfuriata che mi dice che mi ami e che sei preoccupato per me e che mi vuoi proteggere". E' la trappola mentale in cui cade la donna vittima di un uomo violento. Ogni gesto di lui è letto in funzione del bene che le vuole e non del male che le fa. E' una donna tutta protesa a voler cogliere l'intenzionalità positiva dell'uomo, non può concedersi di dubitare di lui (se così fosse scatenerebbe oltremodo la sua ira e non potrebbe confermargli che lui è buono. E' la scommessa della sua vita. Costi quel che costi!).

LUI "Tu non ti fidi di me, se tu ti fidassi di me vedresti che io sono buono e che faccio di tutto per te. Se tu mi vedi buono io sono buono e soprattutto quando mi sfogo è perché tu non vai bene. Il mio essere buono con te, te lo devi meritare, non è scontato. Nessuno mi ha regalato mai niente. E allora datti da fare!" E' un uomo che cerca nell'altro la conferma costante di ciò che fa e che può essere. Ma non lo fa al modo dei timidi ed introversi, lo fa al modo dei presuntuosi e dei violenti. L'altro è totalmente in funzione di lui, non può avere una identità sua, serve a lui ed a conferma della sua identità. Che la donna si allontani è inammissibile senza il suo consenso, e poiché lei è il perno della sua identità, da lei dipende il suo essere confermato, la partner questo permesso non potrà mai avercelo.

Ecco che la situazione diventa una trappola in cui la coppia deve necessariamente isolarsi o vivere in contesti che sono intrisi di questa stessa cultura della violenza (fisica e psicologica insieme). Colui che prova ad uscirne è il traditore. A poco valgono i tentativi di parenti ed amici, il patto interno ed implicito tra i due è difficilissimo da spezzare.

Cosa può fare una donna: rifuggire l'isolamento emotivo, confrontarsi con amici e parenti, tenere vivi i suoi hobby e coltivarli sin da ragazza. Da adulti si fa ben poco, anche in situazioni di pronto soccorso, denunce e ricoveri spesso la vittima è così succube che nega anche oltre l'evidenza. Il fenomeno si può prevenire ma sul momento si ottiene molto poco. Strategie di prevenzione nelle scuole, nei gruppi adolescenziali, nelle famiglie possono essere un buon modo di prevenire lo sviluppo di una forma mentis passiva e debole che fa si che la donna si predisponga ad essere vittima.

Cosa può fare un uomo: riconoscere che in lui coabitano dottor Jeckyll e Mr. Hyde esattamente come in ogni altro uomo c'è una parte buona ed una parte "cattiva" e che in base a quale delle due nutriamo con i nostri pensieri e le nostre azioni il corso della nostra vita e dei nostri comportamenti può cambiare. Anche qui è molto difficile, se non impossibile, intervenire in età adulta. L'optimum sarebbe l'intervento precoce sin dalle scuole primarie, lì dove il bambino può ricevere quelle attenzioni e riconoscimenti che gli serviranno da adulto per riconoscere ed identificarsi con i suoi valori. Le azioni di prevenzione del bullismo e della violenza in famiglia partono da molto prima che il fenomeno si manifesti.

http://www.huffingtonpost.it/2015/07/16/video-segnali-violenza-donne-_n_7807758.html (Video sugli inganni del cervello nel selezionare le informazioni che vogliamo vedere a discapito di quelle che non vogliamo accettare) 




Come intervenire con un uomo aggressivo

Se è una persona con cui hai una relazione: la denuncia e la chiusura della relazione sono l'unica difesa possibile, a volte la fuga è necessaria. Il primo passo da fare è in ogni caso decidere di farsi aiutare se lui non è consapevole del suo bisogno di aiuto (e difficilmente lo accetterà). 

Se è una persona che stai iniziando a frequentare. Stai in allerta sin da subito ai primi segnali di inattenzione costante, di malessere, di non stima, di disconferma di te. Non chiuderti al dialogo ed al confronto con gli altri. Parlane con chi ti vuole bene. 

Esistono sul territorio nazionale diverse forme di centri anti violenza specializzati per l'intervento di aiuto alla donna maltrattata: Differenza donna, SOS Donna, Telefono Rosa, ecc. ecc.



Segue dal post precedente sulla rabbia delle donne