27.4.19

Stanca di essere solo single



Scoprire il proprio essere persona. Col tempo si impara a vivere in maniera equilibrata, con la scoperta del modo di stare nelle relazioni alla pari con gli altri.

Quando una persona è single da lungo tempo, e comincia ad osservare la propria vita, spesso può riconoscere in essa varie tappe. Fasi in cui ha sognato o ricercato più o meno ossessivamente l’amore; fasi in cui si è scoraggiata, arrabbiata o è stata delusa; fasi in cui si è buttata a capofitto nel lavoro dimenticando perfino sé stessa e la propria vita privata; altre volte in cui la voglia di gustarsi la vita è stata così forte da volerla vivere appieno e senza alcun pensiero verso un possibile partner o fasi di rassegnazione.
Nell’avvicendarsi di queste fasi può arrivare anche un tempo in cui la persona non vuole più identificarsi con lo stato di single. Avverte dentro che la dicotomia partner/single gli sta stretta e che il suo essere una persona non dipende dallo status ma dal valore che ella si da e da come decide di vivere la sua vita.
Una paziente formulava così l’interrogativo di questa nuova fase: «Non voglio più identificarmi con lo status di single, né voglio pensare di dover essere “o sposa o single”. Mi chiedo dove inizia e dove finisce il mio essere persona. Non voglio più che il mio lavoro compensi l’assenza di una famiglia, né che ciò che faccio sia qualcosa per coprire un buco. Tutto ciò che facevo fino a qualche tempo fa era in funzione della ricerca di un partner ed il lavoro ne è diventata la compensazione. Ma ora questo mi sta stretto. Rivoglio la mia vita, il tempo per me, per ciò che mi piace. Io esisto e ne ho diritto».
Con questa ritrovata voglia di darsi spazio e valore può accadere che anche le usuali attività o frequentazioni possano risultare desuete. Se ad una attività ad esempio è stata data la specifica funzione di riempire un’assenza, a meno che la persona non scorge in essa un nuovo senso, essa potrebbe essere difficile da continuare a svolgere. Per attribuirvi un nuovo senso, d’altronde, potrebbe essere necessario anche passare attraverso un periodo di sospensione. In genere una pausa permette di verificare che tipo di sentimenti l’assenza genera in sé. Il distacco permette di meglio comprendere se si trattava di un interesse genuino verso quella attività o se invece si trattava di un’attività compensatoria.
Allo stesso modo quando si frequentano persone con le quali sino a quel momento si è cercata complicità per sostenersi a vicenda nella ricerca di un partner, si viene a creare con queste una divergenza rispetto agli scopi del ritrovarsi. Il vecchio obiettivo per uno dei due non è più valido e questa diventa l’occasione per verificare cosa teneva insieme il legame fino ad allora.
L’importanza di questa fase
Che sia solo una fase o che sia la scelta di una nuova quotidianità della persona, questa fase è molto importante per riequilibrare la capacità personale di riconoscere a se stessi ed agli altri il giusto valore, di stabilire un nuovo rapporto con sé stessi, di saper riconoscere e rappresentare i propri diritti. Questa fase generalmente segue altre fasi in cui ci si è messi in disparte, trascurati, posti al secondo piano in maniera stereotipata. Qualche volte si potrebbe anche aver abdicato a qualcun altro la facoltà di assumere decisioni su di sé, posizione per certi versi comoda e facile ma per tanti altri molto sofferente e restrittiva della propria libertà.
Col tempo si impara a riconoscere i propri diritti, dai più piccoli ai più grandi ed a viverli in maniera equilibrata come un bene ineliminabile della propria esistenza. Ciò determina necessariamente un riposizionamento del modo di stare nelle relazioni alla pari con gli altri, sia una acquisizione di libertà interiore nel dialogo con sé stessi e nella valutazione delle proprie scelte. È come se improvvisamente si riacquistasse insieme alla voglia di vivere appieno, anche una maggiore leggerezza.

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20.4.19

Io esisto e ne sono felice!



Cogito ergo sum! Diceva Cartesio ad indicare che dalla consapevolezza di sé origina la possibilità di darsi uno spazio nel mondo

La capacità di pensarsi e di attribuirsi importanza ed esistenza nell’adulto non viene da sé. È una capacità che si acquisisce sin dall’infanzia attraverso la soddisfazione di un bisogno sociorelazionale importante in ogni fase della vita: l’essere visti. Un bambino che è stato e si è sentito “visto” è un bambino che non si sente invisibile. Ciò significa che impara a riconoscere i propri bisogni e le proprie specificità e ha maggiori capacità di riconoscersi una persona degna di valore. Quando questo bisogno viene trascurato, la persona può impiegare lungo tempo prima di riuscire a riconoscerselo. Ne deriva che nelle relazioni che egli vive, costantemente tende a chiedere agli altri conferma di sé e del suo valore o addirittura negarselo in molteplici modi. In questa situazione la persona sperimenta un’immane fatica quotidiana di affermare sé stessa e facilmente rischia di rimanere intrappolata in un “copione” svalutante che si ripete sempre identico a sé stesso anche con persone, luoghi e contesti differenti.
Conquistarsi giorno dopo giorno il diritto di esistere, di essere sé stessi, di dire la propria, la possibilità di chiedere, di scegliere, di prendere ciò che è già suo di diritto possono in taluni casi rappresentare delle sfide. Tutto questo ha molto a che vedere sia con la capacità di essere assertivi sia con l’autostima.
Come superare questi piccoli, medi e grandi ostacoli al diritto di esistere?
  1. È importante per prima cosa riconoscere che nell’età adulta questi diritti negati possono appartenere alla propria costruzione mentale e che dietro di essi non c’è, o non c’è più, un diniego altrui. Questo libera dalla fantasia collerica o punitiva che qualcuno debba avere necessariamente una colpa e permette sia un’assunzione di responsabilità che di avere una funzione attiva nella propria vita. A ciascuno è data, per principio, la capacità e possibilità di pensare, parlare, scegliere, chiedere. Un limite esterno si ha nelle coercizioni, negli altri casi si tratta di limiti interni, di una autoesclusione.
  2. Diventa a questo punto possibile stilare un elenco dei diritti che personalmente non ci si riconosce e di identificare le azioni quotidiane attraverso le quali giorno dopo giorno si può passare da una condizione di “non posso” (divieto) ad un pensiero interno di “posso” (permesso), di “ce la faccio”, fino ad arrivare al “ce l’ho fatta!”.
A cosa fare attenzione? 
Alle ricadute e alle reazioni degli altri.
Le ricadute sono parte del processo, stanno ad indicare che si è in allenamento e che gli schemi vecchi possono ancora interferire con la libera scelta e consapevolezza della persona. Hanno inoltre la funzione di offrire l’occasione di verificare se quanto ci si è proposto è corrispondente alla propria volontà.
La reazione degli altri, di fronte al cambiamento di una persona, può essere di stupore ma anche di freno. In generale quando non si esercitano i propri diritti, si lascia uno spazio libero di cui altri possono usufruire. Chi dunque è abituato ad avere da questo “misconoscimento” maggiori privilegi, prima di comprendere che si tratta di un naturale e giusto riequilibrio, avverte come se questi “privilegi” gli venissero sottratti. Per fare un esempio: un fratello che ha sempre potuto godere delle attenzioni di tutti perché la sorella remissivamente abdicava ad ogni diritto e bisogno cercando di non dare problemi o non emergere, allorquando la sorella comincia a prendere il suo proprio spazio personale e ad affermare la propria identità, potrebbe vedere ristretti i suoi vantaggi ed istintivamente comportarsi come se volesse ostacolarne il progresso. In realtà sta solo cercando di mantenere uno status quo a cui era abituato. L’analogo può accadere anche in altri tipi di relazioni in cui si creano relazioni stereotipate o qualcuno abdica al suo spazio esistenziale.
E naturalmente a ciascuno serve del tempo per orientare il cambiamento, imparare ad utilizzare questi spazi recuperati, saper padroneggiare i propri diritti e volontà ritrovati e raggiungere un nuovo riequilibrio.

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15.4.19

Non solo primi incontri



Incontrando e ascoltando single, ho colto spesso la delusione di vivere tanti primi incontri a cui non seguivano altri inviti. Quali possono essere alcuni dei motivi e come reagire?

Quando dopo un incontro che non prosegue in una frequentazione si sperimenta una delusione, generalmente a monte c’è un’illusione. L’illusione in questo caso si riferisce a un’immaginazione precoce, anzitempo, di qualcosa che la persona vorrebbe si realizzasse e la cui realizzazione viene indebitamente o precocemente attribuita a chi sta dinnanzi. Se si prova a mettersi nei panni dell’altro, si può meglio comprendere come questo può risultare gravoso e ansiogeno. E non perché questo desiderio non debba esistere, capiamoci bene, piuttosto perché ancora nessuno dei due sa se è veramente quella la persona in cui vuole riporlo. Manca ancora da raggiungere il livello di conoscenza tale che può far generare una libera scelta dell’altro. Di conseguenza ciò che più frequentemente si sperimenta è la paura dell’abbandono da una parte, mentre dall’altra la pressione di dover scegliere e appagare un desiderio. Darsi il tempo per conoscere l’altro, non avere idee stereotipate su chi dovrà fare il primo passo sono due elementi da tenere in conto.
Un altro elemento che ricorre molto spesso nelle conoscenze precocemente interrotte sono i giudizi e i pre-giudizi. L’avere un’idea chiara di ciò che si vuole può condurre talvolta in un vicolo cieco, in cui non ci si dà vicendevolmente il tempo di conoscersi per come si è. È naturale che al primo incontro si voglia dare di sé la migliore impressione possibile, e proprio per questo è difficile essere rilassati come si vorrebbe. Quest’ultimo punto non è di per sé stesso un limite, poiché la componente emotiva rende più veri, più autentici. Il limite sta nel giudizio che si dà di se stessi fino a ritenersi inadeguati, o viceversa nel giudicare l’altro senza ancora ben conoscerlo. I giudizi e i pregiudizi, in amore, sono di norma uno strumento utilizzato per tenere lontano l’altro ed esprimono un’effettiva paura di conoscerlo fino in fondo. Avere un’idea chiara di ciò che si vuole può anche generare in sé degli standard molto elevati tali per cui la persona incontrata non è mai idealisticamente paragonabile a quella desiderata e pertanto allontanata.
La verità è che non gli piaci abbastanza titola una commedia statunitense e può anche essere che sia così. Le relazioni nascono per affinità o per complementarietà, dunque è naturale che non si possa creare lo stesso legame con tutti. La sofferenza potrebbe derivare dal vissuto di una mancata conferma, che per la persona si traduce in un “non vado bene”. Questa lettura della cosa in realtà è molto pregiudizievole e si rischia di farsi molto male per nulla. In amore ci si sceglie “nella libertà”, per questo è molto importante che questi incontri vengano vissuti nella serenità di potersi esprimere e nel rispetto dell’altro a partire dal modo come si comunica di non voler più proseguire nella frequentazione. Nella maggior parte dei casi è il modo che ferisce non il fatto in sé è per sé. Il modo con cui questa intenzione viene espressa, taciuta o recepita ha a che fare con la maturità affettiva del momento.
È importante ricordare che i primi incontri hanno la funzione di aprire un varco a una conoscenza più approfondita, per questo è importante non seguire schemi predefiniti ma rimanere il più possibile in contatto con sé stessi, esprimere ciò che si è e si pensa, essere sé stessi. Lasciare che il tempo e la comunicazione fluiscano, che ci sia spazio per entrambi per esprimersi, essere genuinamente interessati a ciò che interessa all’uno e all’altro.
Se hai deciso di non proseguire nella conoscenza dell’altro: occhio a che non sia una modalità per tenere lontano le persone e non doverti mai coinvolgere.
Se hai ricevuto un rifiuto (diretto o indiretto): non si può piacere a tutti, così come l’altro non può essere aprioristicamente la persona che fa per te, meglio scoprirlo per tempo.
Se man mano che avanza la crescita personale, è possibile che le circostanze che hanno guidato la chiusura precoce di una frequentazione divengano chiare, sul momento è importante accogliere la delusione che ne deriva senza lasciarsi sopraffare da essa. Ogni cosa ha un senso anche se sul momento non si ha ancora la possibilità di attribuirlo.
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4.4.19

L’importanza di essere visti



Come ricercare e trovare quei momenti in cui, nella coppia, ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via. 


Nella vita di coppia si attraversano varie fasi e si condividono successi e insuccessi, sfide e traguardi. Talvolta sono frutto di scelte consapevoli e comuni e riguardano obiettivi che la coppia si è prefissata, altre volte sono situazioni che la vita riserva con grande generosità sia in positivo che in negativo.
Si tratta in ogni caso di occasioni in cui ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via.
Potrebbe in ogni caso accadere di non essere nelle condizioni di poter dare la dovuta considerazione all’altro oppure che quello che il partner si vive sia in antitesi a ciò che l’altro si sta vivendo e che nella condivisione si generino fatica, invidia, incomprensioni e conflitti.
Cosa significa e cosa fare?
Una facile deduzione potrebbe essere quella di colpevolizzare sé stesso o l’altro per non saper amare, stare accanto, condividere, sostenere e tutto quello che viene indicato essere aspetti dell’amore e della relazione di coppia.
Per chi giunge a questa deduzione non esistono molte vie di uscita: o adeguarsi mascherando i propri sentimenti e comportamenti oppure chiudere la relazione “per incompatibilità di carattere”.
E se invece la difficoltà fosse solo un’occasione per crescere come individui e nella relazione di coppia? E come?
Per prima cosa non cercare facili vie di fuga del tipo “non siamo fatti l’uno per l’altro”. È nello stare nella situazione che si può comprendere fino in fondo cosa genera, in che modo, perché e cosa invece potrebbe aiutare.
In secondo luogo guardarsi dentro in una condizione di ascolto di sé, privo di giudizio. Ogni emozione ha un suo perché, esprime un bisogno o un diritto e come tale va accolta, guardarsi nel profondo può non essere facile all’inizio ma piano piano può divenire una grande risorsa sia per l’individuo che per la coppia.
In terzo luogo chiedere all’altro di ascoltare quanto si è compreso e si vuole condividere. Questo punto è un passaggio delicato in quanto occorre tener conto del Timing, il giusto momento in cui chiederlo e nello stesso tempo essere disponibili a concordare con l’altro quando questo dialogo potrà avvenire.
Perché abbia successo è importante avere tempo e privacy anche se questo significa dover attendere. Per questo motivo agenda in mano, si fissa una data con l’intento di rispettarla. Un luogo neutro come ad esempio uno spazio aperto in genere funziona molto bene, ma può andare bene anche il comodo divano di casa purché senza fonti di disturbo.
In quarto luogo, lasciare all’altro l’occasione di poter esprimere il proprio vissuto, oppure aggiungere qualche aspetto che a suo parere non è stato tenuto in conto. Il partner potrebbe ad esempio non avere la stessa percezione del vissuto dell’altro. Pertanto è importante che gli esempi siano contestualizzati.
È inoltre importante che questa fase del dialogo non si trasformi in un contraddittorio e che le personali visioni della situazione possano essere entrambe esplicitate e riconosciute.
Solo quando le cause che impediscono di gioire della gioia dell’altro o di camminare al fianco dell’altro, sono state identificate allora si può, con il dovuto tempo che ciascuna situazione di vita richiede, decidere e fare qualcosa.
La possibilità di essere visti e riconosciuti nel proprio impegno, nei propri piccoli quotidiani traguardi non passa sempre per il successo immediato.
Pertanto sentire che il partner è al fianco e nota l’impegno quotidiano, al di là del successo generale, permette di sentirsi più forti di questa vicinanza e motiva a rigenerare in sé la forza e la determinazione per arrivare alla meta. Questo vale vicendevolmente per entrambi i membri della coppia ed è proprio questa alternanza che fa percepire che si è una squadra e che si è in cammino, senza ruoli designati e statici.

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