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4.7.19

Genitore e single




Prendersi dei momenti di riflessione personali perché la maggior parte delle recriminazioni partono dal non sentirsi capiti, rispettati, supportati.


I motivi per cui ci si ritrova ad essere genitori single possono essere i più svariati. Come per ogni cosa, esistono motivazioni ufficiali, quelle che vanno bene per tutti e ci sono motivazioni più intime e profonde, per nulla immediate, che solo gli interessati possono col tempo arrivare a comprendere.
Qualunque sia la situazione che conduce a crescere un figlio da soli, essa non è mai priva di sfide e di dolori bensì è di una costante rimessa in discussione di sé.
Sono sempre possibili cicliche rivalutazioni della scelta intrapresa o ricordi dei vissuti legati a come essa è avvenuta; si palesano gli effetti sulla relazione con i figli sia per chi è presente sia per chi li vede a ondate; si impongono le difficoltà della vita quotidiana e dei suoi costi, ove a volte anche i beni necessari come un tetto sulla testa diventano proibitivi. La propria ed altrui vita viene rivoluzionata. Come si trasformano le emozioni verso il precedente partner, come si reagisce ai tentativi di riavvicinamento, o quali possono essere i riflessi emozionali davanti alle richieste e velate minacce dei figli che cercano di estorcere un riavvicinamento? Come e quando sono stati innalzati i muri, e dove è iniziato il punto di non ritorno sulle proprie decisioni?
Ogni cuore ha certamente le sue ragioni. Quando si è in interazione con l’altro non è facile comprendere quale parte della persona si attiva, la relazione viene vissuta, non tanto meditata. Per questo è importante prendersi dei momenti di riflessione personale e di coppia per capire cosa succede e come si può attimo per attimo interagire e dialogare.
La maggior parte delle recriminazioni partono dal non sentirsi capiti, rispettati, supportati,ma questo è molto probabile che sia anche il vissuto speculare del proprio partner. Oppure ci si accusa di non valere o fare mai abbastanza, come nei casi in cui si sta amando l’altro ma non nel modo come lui ne avrebbe bisogno.
Il nostro mondo interno è variopinto e non ragiona ma associa. È facile dunque che alcune situazioni ne richiamino altre e senza che la persona se ne accorga si attivino i retaggi di vecchie ferite mai rimarginate del tutto. Se in quei momenti non si è in grado di riconoscere quanto sta avvenendo si genera confusione su sentimenti passati e situazioni attuali.
Per questi motivi prima di chiudere una relazione e prima di iniziarne una nuova è necessario avere chiaro cosa non ha funzionato e quale è la propria parte di responsabilità, quali campanelli d’allarme non sono stati ascoltati e avrebbero dovuto esserlo. Non ha senso ragionare su i “se” ed i “ma”, ha senso imparare a non ripetere gli stessi errori.
Un riavvicinamento è sempre possibile ma chiaramente solo se sono state elaborate e superate le cause che hanno portato alla precedente rottura esso potrà condurre ad esiti diversi.
Con le emozioni non risolte interferiscono anche le continue sollecitazioni, provocazioni o minacce dei figli che chiedono la vicinanza affettiva e fisica dell’altro genitore, che non comprendono i motivi dei “grandi” e che per ottenere i loro tornaconti molto spesso attivano sofisticate strategie di triangolazione.
Rimanere genitore neutro e intellettualmente onesto può non essere sempre facile. Occorre consapevolezza delle proprie decisioni e prontezza nell’assumersene gli effetti, ed avere chiari i limiti ed i confini del ruolo educativo per fare pienamente la propria parte e lasciare spazio all’altro genitore per come egli può esser presente.
Il muro che porta i due ad allontanarsi si costruisce mattoncino dopo mattoncino ogni giorno. Ci si sveglia un giorno che è già finito. Il tragico non è a mio avviso che il muro ora sia lì. Il tragico è che non si sappia neppure come è stato costruito, che si manchi della necessaria comprensione di come si è arrivati a quel punto senza la quale non si può intervenire. È per questo motivo che ritengo che oggi i percorsi di “alfabetizzazione all’amore” siano un abc importantissimo della relazione affettiva adulta e che le coppie dovrebbero rimanere in formazione continua. Due naturali conseguenze sono: la paura per le successive relazioni ed i copioni ripetitivi attraverso i quali si ricercano sempre gli stessi tipi di partner a conferma che «tutti gli uomini/ tutte le donne sono così» ed al fine di non cambiare nulla di sé.
Inoltre se non è facile essere genitore unico, non lo è neppure conciliare con esso il proprio ruolo di donna o di uomo.
Concludo con alcuni interrogativi aperti su cui ritengo sia necessario continuare a riflettere attentamente. Che fine fanno il maschile ed il femminile che c’è in ogni essere umano, in che modo trovano ancora spazio di espressione? Come fare in modo che questi cambiamenti non interferiscano con una nuova dimensione di sé né con il naturale processo di identificazione sessuale che si sviluppa tra genitori e figli? E quando l’altro genitore è veramente assente, chi può supplire alla mancanza della sua figura?

Dr.ssa Antonella Ritacco


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4.4.19

L’importanza di essere visti



Come ricercare e trovare quei momenti in cui, nella coppia, ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via. 


Nella vita di coppia si attraversano varie fasi e si condividono successi e insuccessi, sfide e traguardi. Talvolta sono frutto di scelte consapevoli e comuni e riguardano obiettivi che la coppia si è prefissata, altre volte sono situazioni che la vita riserva con grande generosità sia in positivo che in negativo.
Si tratta in ogni caso di occasioni in cui ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via.
Potrebbe in ogni caso accadere di non essere nelle condizioni di poter dare la dovuta considerazione all’altro oppure che quello che il partner si vive sia in antitesi a ciò che l’altro si sta vivendo e che nella condivisione si generino fatica, invidia, incomprensioni e conflitti.
Cosa significa e cosa fare?
Una facile deduzione potrebbe essere quella di colpevolizzare sé stesso o l’altro per non saper amare, stare accanto, condividere, sostenere e tutto quello che viene indicato essere aspetti dell’amore e della relazione di coppia.
Per chi giunge a questa deduzione non esistono molte vie di uscita: o adeguarsi mascherando i propri sentimenti e comportamenti oppure chiudere la relazione “per incompatibilità di carattere”.
E se invece la difficoltà fosse solo un’occasione per crescere come individui e nella relazione di coppia? E come?
Per prima cosa non cercare facili vie di fuga del tipo “non siamo fatti l’uno per l’altro”. È nello stare nella situazione che si può comprendere fino in fondo cosa genera, in che modo, perché e cosa invece potrebbe aiutare.
In secondo luogo guardarsi dentro in una condizione di ascolto di sé, privo di giudizio. Ogni emozione ha un suo perché, esprime un bisogno o un diritto e come tale va accolta, guardarsi nel profondo può non essere facile all’inizio ma piano piano può divenire una grande risorsa sia per l’individuo che per la coppia.
In terzo luogo chiedere all’altro di ascoltare quanto si è compreso e si vuole condividere. Questo punto è un passaggio delicato in quanto occorre tener conto del Timing, il giusto momento in cui chiederlo e nello stesso tempo essere disponibili a concordare con l’altro quando questo dialogo potrà avvenire.
Perché abbia successo è importante avere tempo e privacy anche se questo significa dover attendere. Per questo motivo agenda in mano, si fissa una data con l’intento di rispettarla. Un luogo neutro come ad esempio uno spazio aperto in genere funziona molto bene, ma può andare bene anche il comodo divano di casa purché senza fonti di disturbo.
In quarto luogo, lasciare all’altro l’occasione di poter esprimere il proprio vissuto, oppure aggiungere qualche aspetto che a suo parere non è stato tenuto in conto. Il partner potrebbe ad esempio non avere la stessa percezione del vissuto dell’altro. Pertanto è importante che gli esempi siano contestualizzati.
È inoltre importante che questa fase del dialogo non si trasformi in un contraddittorio e che le personali visioni della situazione possano essere entrambe esplicitate e riconosciute.
Solo quando le cause che impediscono di gioire della gioia dell’altro o di camminare al fianco dell’altro, sono state identificate allora si può, con il dovuto tempo che ciascuna situazione di vita richiede, decidere e fare qualcosa.
La possibilità di essere visti e riconosciuti nel proprio impegno, nei propri piccoli quotidiani traguardi non passa sempre per il successo immediato.
Pertanto sentire che il partner è al fianco e nota l’impegno quotidiano, al di là del successo generale, permette di sentirsi più forti di questa vicinanza e motiva a rigenerare in sé la forza e la determinazione per arrivare alla meta. Questo vale vicendevolmente per entrambi i membri della coppia ed è proprio questa alternanza che fa percepire che si è una squadra e che si è in cammino, senza ruoli designati e statici.

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17.1.19

Coppie, 7 motivi per non vivere coi familiari



Due giovani sposi dovrebbero ambire da subito alla propria indipendenza, per il proprio benessere e quello della famiglia d'origine



Avete deciso di sposarvi, ma le finanze sono ancora instabili e c’è un appartamento libero accanto ai genitori di uno dei due, o una stanza in più che non viene mai usata a casa loro. Ne parlate col partner, anche i vostri familiari sono d’accordo, forse non tutti. «Ma sì, forse per un po’, qualche mese, finché non si sistema la situazione di quel contratto, o non trovate un lavoro migliore. Così siamo tutti più tranquilli!». «E poi ci pensi, con i soldi che risparmiamo sicuramente potremo comprarci i mobili per casa nostra».
Argomentazioni che un tempo avrebbero retto e forse fatto anche la fortuna degli inizi di una giovane coppia che così poteva più velocemente acquistare una casa e “stabilizzarsi”, mentre oggi vengono guardate con diffidenza da amici, alcuni parenti, psicologi e guide spirituali. Perché?
I principali motivi per cui una giovane coppia dovrebbe ambire da subito a una propria indipendenza riguardano aspetti sia della coppia e del processo attraverso cui essa si definisce, sia i bisogni o criticità della relazione con la famiglia di origine. Vediamone 7:
  • Noi. Una giovane coppia ha bisogno del suo tempo per definire il personale modo di stare nella relazione. La funzione “noi” è un processo lento che necessita della giusta privacy, intimità e di un “vuoto fertile” per essere sviluppata.

  • La coppia ha suoi propri confini e non tutti i genitori sono pronti a rispettarli, né tutti i figli sono già allenati a insegnare ai propri genitori a tenerne conto. Nella relazione tra figlio e genitore arriva il momento in cui l’uno deve mostrare all’altro che è arrivato un nuovo tempo e che i modi di prima ora risultano intrusivi e lesivi della nuova realtà di coppia.

  • Intimità. L’intimità della coppia è un luogo sacro in cui nessun altro è autorizzato ad entrare. Essa è condivisione profonda della propria interiorità, è fare progetti insieme, è custodire le proprie scelte e motivazioni, è vivere la sessualità, è fare le cose con il proprio tempo e ritmo.

  • Vuoto fertile. La coppia necessità di quello spazio/tempo in cui la relazione può impastarsi, lievitare e trasformarsi in un rapporto sano ed equilibrato tra i partner e con le figure d’origine. È l’assenza, intesa come lontananza e subitanea indisponibilità, che permette di sviluppare la giusta distanza, che sarà così importante per fare spazio al “noi”.

  • Assumere e riconoscere ruoli e capacità di ciascuno. A livello psicoemotivo, convivere tutti insieme genera confusione tra i vari ruoli di figlio, adulto, genitore, amico e confidente da un lato e i concetti di indipendenza, maturità, autonomia e affettività dall’altro. Si vengono a creare facilmente ambiguità di questo tipo: 1) ritenere adulto e maturo un figlio quando non lo si ritiene ancora indipendente ed affettivamente pronto a formare una sua famiglia come nucleo a sé stante; 2) avere paura di autorizzarne lo svincolo per timore di perdere il legame affettivo privilegiato, o di soffrire della “sindrome del nido vuoto” legata all’uscita dei figli da casa, o di doversi nuovamente confrontare con il proprio partner a tu per tu, come ad es. nei casi in cui il figlio funge da mediatore nella comunicazione tra i genitori.

  • Autoregolazione e condizionamenti. L’autoregolazione è il meccanismo attraverso il quale la coppia giunge a definire le personali regole di comunicazione, di scelta, di confronto e disaccordo, di litigio, di riflessione, di mediazione e conciliazione. Attraverso di esse si attua la distribuzione del potere tra i partner, si definiscono equilibri e livelli di paritarietà. È importante notare come questi processi possono essere realmente liberi di esplicarsi e giungere all’autoregolazione allorquando sono liberi da condizionamenti, interni o esterni che siano. Un condizionamento importante da citare quando si vive con i genitori o a diretto e costante contatto con loro è che il figlio o la figlia in questione è in casa propria, ma il partner no e questo crea necessariamente un disequilibrio di potere nella coppia.

  • Desatellizzazione. È quel processo così definito dallo psicologo Giovanni Marini, tale per cui un giovane che si stacca dalla famiglia di origine deve poter rendersi indipendente ed autonomo non solo economicamente e strutturalmente, ma anche affettivamente. Il mancato svincolonuocerebbe a lungo andare sia alle persone che alla relazione di coppia, sia quella genitoriale che quella dei figli.

L’andare ad abitare insieme è per una giovane coppia una prova del 9 e insieme un trampolino di lancio verso la costruzione e il rafforzamento di quell’essere “noi” che sarà così importante negli anni a seguire. Questi primi tempi della vita insieme sono importantissimi e, se necessario, vanno tutelati anche a costo di non essere del tutto compresi o supportati.
Infatti, non c’è giusta distanza se non c’è liberta del cuore e autonomia di pensiero. Solo quando nella relazione sono possibili sia la vicinanza che l’allontanamento, la relazione può dirsi matura.

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6.12.18

Se scappi ti prendo


"Una relazione stabile nella coppia avviene per fasi. Le sequenze comportamentali di un gioco relazionale"

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