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22.10.20

Immaginario di coppia

Fonte Città Nuova


Ricordate come pensavate sareste diventati negli anni? Ogni coppia agli esordi si augura di raggiungere e di costruire insieme un’intimità relazionale. Questo articolo si rivolge proprio alle giovani coppie o a quelle che, poco più avanti nell’esperienza, vogliono fare un bilancio di come stanno procedendo per rinforzare la loro unione.


Marco ed Anna non sognavano solo di case, vacanze, figli, lavoro ed amici, sognavano anche di cosa volevano essere e diventare l’uno per l’altra. Di come volevano starsi accanto nei momenti difficili, di quello che potevano fare per continuare a stupire e lasciarsi stupire. Ma un conto era pensarlo da fidanzati, quando ancora la routine, la suddivisione o l’integrazione dei compiti familiari ed anche l’aumento del carico di impegni lasciava loro tempo, energia e freschezza per concentrarsi su di sé, un conto era mantenere questo focus nel mezzo di una confusionaria famiglia alle prese con un articolato menage familiare. Inoltre con l’avanzare dell’età anche i loro genitori divenivano più esigenti e bisognosi di cure ed attenzioni.

Occasioni per svicolare da sé stessi non ne sono mancate, né negli eventi né nell’avvicendarsi dei bisogni personali ora dell’uno, ora dell’altro, dei figli o di qualcun altro. Quando la situazione si presentava, e talvolta si imponeva con tutta la sua forza, era destabilizzante ma avevano fattoun patto: il primo dei due che si accorgeva che qualcosa non stava funzionando l’avrebbe comunicato all’altro ed insieme ne avrebbero discusso per cercare un nuovo equilibrio pur nella nuova situazione.

Un nuovo equilibrio nella nuova situazione voleva dire essere sintonizzati nel presente, non più nel lì e allora delle cose che avevano sognato da ragazzi, non ancora nel futuro di qualcosa che avevano già avviato ma nel qui e ora, proprio nel mentre della vita che gli scorreva attorno e dentro cui erano immersi, con le possibilità del momento.

Come facevano? E poi non litigavano? Non andavano in ansia ora per questa preoccupazione ora per un’altra?

Certo che litigavano, ma più di tutto si confrontavano. Rendevano noto l’uno all’altra desideri, aspettative, intenzioni e prossimi passi. La paura della delusione e del fallimento lasciava posto alla possibilità di essere apprezzati per il proprio impegno indipendentemente dal risultato. Le ansie rimanevano ma erano tollerabili per quel senso di sicurezza interno di sapere che ciò che si stava facendo era il proprio 100%, cioè la propria parte tutta intera, non un astratto 100% determinato da standard esterni che mal si adattavano alla loro condizione del momento.

E quando la premura incombeva e si perdevano le staffe? Chi perdeva la pazienza desiderava per primo di riavvicinarsi e chiedere scusa, mentre l’altro sapeva che era una questione di tempo. A volte accadeva che si chiedessero scusa vicendevolmente: l’uno per non aver saputo ascoltare e l’altra oggettivamente per ciò che aveva detto, fatto o non fatto e viceversa. In questi momenti sentivano una unione forte tra di loro, sapevano di essere nell’animo l’uno dell’altra e si sorridevano vicendevolmente.

Altre volte scusarsi non bastava e dovevano trovare altri modi per farsi perdonare. A volte uno dei due aveva dimenticato qualcosa ma nel frattempo aveva fatto qualcos’altro. Erano pronti a mettersi in gioco l’uno per l’altra costantemente senza per questo ritagliarsi spazi propri di rigenerazione personale.

Marco ed Anna sono due personaggi di fantasia, e la quotidianità nella relazione è veramente molto variegata. Tuttavia è importante mantenere il focus sul cosa e sul come realizzare la propria vita insieme, rimanendo sintonizzati sul presente ed integrando antiche promesse con l'attualità della vita presente.

27.2.20

Essere di sostegno al partner

 Fonte: Città Nuova


Momenti difficili ce ne sono per tutti. Critico è viverli in contemporanea. Per fortuna non è sempre così


Saper stare al fianco senza pretese e senza interferenze è un’arte che si può apprendere. Fermarsi a chiedersi: «Come gli sto vicino quando ha bisogno di me?» è un buon allenamento per prestare attenzione alla relazione e imparare a camminare insieme nella vita.

Per natura si è egocentrici, ed anziché chiedersi come si sta accanto all’altro, risulta più facile chiedersi «Come mi sta accanto?». Se si soffre di questa sorta di miopia relazionale vien da sé che difficilmente verrà spontaneo inquadrare la situazione nel suo contesto: «Che cosa sta attraversando l’altro? L’attenzione che mi aspettavo è realistica? In che modo mi do personalmente attenzioni ed in che modo le chiedo o le pretendo?»
Se si è concentrati sul proprio bisogno, proprio come i miopi, l’altro ed i suoi bisogni tenderanno a rimanere sullo sfondo. La situazione peggiora se noncuranti del difetto di vista si cerca di far sentire l’altro carente di cure e di attenzione.
Viceversa se si soffre di ipermetropia relazionale si tenderà a tenere in considerazione i bisogni e le argomentazioni reali e plausibili dell’altro ed a trascurare i propri. Anche in questo caso è facile sbilanciarsi e finire per sentirsi inadatti.

Come fare a tenere conto delle proprie ed altrui esigenze contemporaneamente?
Ci sono di supporto alcune funzioni. Primo: l’empatia, questa capacità di uscire da sé e dal proprio campo visivo per osservare la situazione anche dall’angolazione dell’altro. È una competenza emotiva che cresce insieme alla considerazione ed al desiderio di vicinanza dell’altro.
Secondo: il dialogo. Nessuno nasce indovino, ed anche se crediamo di essere delle persone empatiche a volte possiamo essere indotte in errore e capire fischi per fiaschi. In fondo se ci si pone in due angoli di una medesima stanza, la stanza è la stessa, ma la prospettiva di visuale è necessariamente diversa.
Terzo: la valutazione obiettiva delle proprie condizioni attuali e la loro comunicazione sincera. Se vi trovate in un momento critico, meglio parteciparlo, piuttosto che far finta di niente. Le risorse energetiche sono per natura limitate, questo è un dato di fatto da accettare. Ignorare o sottovalutare questo dato di fatto porta confusione, rammarico e insoddisfazione. In queste circostanze le donne si sentono in genere deluse e gli uomini squalificati. Mentre l’informazione chiara aiuta a costruite contesti mentali comuni e facilita sia la comprensione dei reciproci bisogni sia l’accettazione di essi. Ne consegue lo sviluppo di sane ed adeguate capacità di autosostegno.

L’autosostegno: una risorsa o un limite? Come in ogni cosa l’equilibrio sta nel mezzo. Atteggiamenti come: «faccio da me, non ho bisogno di te», suonano di per sé distanzianti e qualche volta possono essere persino rancorosi. Mentre ascoltare e comprendere che l’altro in questo momento, e non in generale, non può essere al fianco per ovvi motivi, lascia spazio alla fiducia ed alla vicinanza emotiva: «So che vorresti aiutarmi e che mi sei accanto col cuore, ma stavolta faccio io».
Inoltre quando ci si trova a vivere contemporaneamente delle situazioni difficili, già il sapere che l’altro è in grado di gestire quella situazione, alleggerisce il partner di una responsabilità che soprattutto gli uomini sentono sull’altra. In questi casi l’autosostegno è una risorsa fondamentale della unione di coppia.

Lasciarsi sostenere ha a che fare sia con la capacità di lasciarsi sostenere senza sentir messo in discussione il proprio valore, sia con il permesso che si da all’altro di fare qualcosa di bello per voi, riconoscendovene degni. È importante parlare nella coppia di questi aspetti per trovare il modo comune di conviverci. Si proviene da diverse esperienze e qualche volta da diverse culture, si sono maturate negli anni abitudini, convinzioni e bisogni e qualche volta anche delle insicurezze. La conoscenza vicendevole e l’integrazione delle reciproche modalità arriva per gradi e matura con gli anni.

Concludendo possiamo dire che tante cose si possono fare da soli, e seppure in coppia continuare a farle da soli. E tante cose si possono fare insieme o per l’altro senza né delegare né sostituirsi. Occorre solo essere consapevoli che nel mentre si sceglie che veste darsi nel mutuo sostegno come partner, si definisce anche la strategia che con i propri temperamenti permette meglio di coabitare la relazione che si va via via costruendo.



5.12.19

Le suocere e la coppia

Fonte: Città Nuova 


Come l’ascolto profondo può aiutare a vivere la relazione riconoscendo le specifiche differenze e a creare la condizione di base perché si possa smettere di reagire sulla base emotiva 


Carla e Andrea hanno due figli e una casa. Per il Natale hanno invitato la suocera, vogliono che si senta in famiglia almeno durante le feste. Vive da sola da quando il marito è defunto e non ha molti contatti sociali. Già all’arrivo della suocera, è chiaro che, nonostante le buone intenzioni, le diverse posizioni delle donne, la difficoltà a riconoscere fino in fondo il reciproco ruolo e l’inconsapevole competizione per chi ne sa di più su Andrea, sull’uomo che era (a cui si riferisce la madre) e che è (a cui si riferisce la moglie), unitamente a qualche indicazione non richiesta sulla gestione dei figli, rischia di rovinare l’umore di quei giorni. Andrea si sente diviso e nel mezzo, qualunque cosa faccia è sbagliata: ora per l’una, ora per l’altra. Guardando dal punto di vista di ciascuno, ognuno ha le sue ragioni. Su questa base ci si sente autorizzati a reagire, e si ignora che le reazioni seguono l’onda emotiva, e conducono a un’escalation dove si perde facilmente il senso di ciò che effettivamente si voleva dire. Ognuno si sentirà vittima e sarà al contempo persecutore dell’altro e Andrea, a cui apparentemente è lasciato il ruolo di salvatore delle situazioni, sarà costretto a stare nel mezzo, e ad essere al contempo vittima e persecutore a turno ora dell’una, ora dell’altra, che percepiranno la sua posizione come alleanza o come tradimento. Egli è diviso tra il ruolo di marito e quello di figlio, ed è anche il punto di unione e di divisione tra le due donne. 


Ognuno si salva da solo! 

È veramente la risposta di Andrea a dover essere giusta o sbagliata, e dunque il baricentro per ristabilire la situazione, o piuttosto c’è un atteggiamento che tutti devono rivedere? Molti problemi tra suocera e nuora si snodano su questa diatriba. Gli atteggiamenti di entrambe si muovono su modalità infantili, in cui entrambe cercano di dimostrare chi è la più competente e brava, chi è la più amata e dunque sostenuta e chi invece è inadeguata, di troppo o di mezzo. Il triangolo drammatico di Karpman palesa come questo sia una sorta di gioco, un modo inconsapevole di vivere la relazione in cui ognuno dei tre partecipanti al gioco è al contempo Salvatore-Vittima-Persecutore nei diversi momenti della stessa situazione. Sentimenti di possesso, senso di colpa, di competizione muovono le diverse risposte possibili di comportamento e fintanto che esse non vengono riconosciute è impossibile smettere di partecipare al gioco. Basta che una delle persone coinvolte interrompa la sequenza, rifiutandosi di continuare a portare avanti il gioco su questa dinamica, e il triangolo si può interrompere. Solo quando uno dei tre smette consapevolmente di non fornire altra linfa, questo processo si può avviare al cambiamento. 


In cosa consiste il cambiamento? 

Carla, Andrea e la suocera devono ancora trovare il loro personale modo di darsi reciproco riconoscimento: nei ruoli che ricoprono, nei modi di fare, nelle esperienze che hanno maturato, nelle scelte e nei progetti che perseguono e non da ultimo nei valori a cui danno importanza. Riconoscere significa differenziare, cioè identificare le peculiarità di ciascuno. E non ha nulla a che vedere con il giudicarle o valutarle. Niente di ciò che appartiene alla persona può essere in competizione poiché parla della specificità di ognuno. Imparando a riconoscersi, invece, si impara a vedere il bene che è in azione nell’altro, anche quando le proprie idee a riguardo sono diverse. Inoltre il punto di osservazione di ciascuno è necessariamente parziale. Per questo è importante imparare ad ascoltarsi fino in fondo al fine di comprendere l’angolazione dell’altro, mentre è una grande svista il presumere di conoscerla già. L’ascolto profondo crea la condizione di base perché si possa smettere di reagire sulla base emotiva. Attraverso di esso Carla potrebbe ad esempio comprendere che alla suocera sta a cuore la loro realizzazione piuttosto che rimproverarli di qualcosa, oppure potrebbe accorgersi che la non accettazione dei loro progetti deriva dalla mancanza di informazioni che non le permettono la comprensione. Dal canto suo la suocera, sentendosi ascoltata e riconosciuta, sarà più disponibile a comprendere la coppia e i loro membri nelle loro scelte, valori e obiettivi, fino a rendersi conto di come, a causa delle sue preoccupazioni, tende a mettere il focus su alcuni aspetti perdendo di vista la globalità e il senso di una circostanza. Il fare squadra di Carla e Andrea non si basa sul contrapporsi ma sull’ascolto, di sé stessi e della suocera. Questo favorisce una maggiore consapevolezza dei loro ruoli, dei motivi per cui hanno assunto quelle decisioni e non altre, e gli permette di essere più assertivi nelle loro comunicazioni. Non ci sono emozioni da espellere, piuttosto idee e progetti da comunicare. Hanno scoperto infatti che l’ascolto autentico dell’altro avvicina, mentre il reagire emotivamente distanzia e non permette di capire. 


A chi tocca iniziare? Non c’è una persona designata, bensì inizia chi per primo si accorge di quello che succede e desidera un modo diverso di viversi come famiglia.



4.7.19

Genitore e single




Prendersi dei momenti di riflessione personali perché la maggior parte delle recriminazioni partono dal non sentirsi capiti, rispettati, supportati.


I motivi per cui ci si ritrova ad essere genitori single possono essere i più svariati. Come per ogni cosa, esistono motivazioni ufficiali, quelle che vanno bene per tutti e ci sono motivazioni più intime e profonde, per nulla immediate, che solo gli interessati possono col tempo arrivare a comprendere.
Qualunque sia la situazione che conduce a crescere un figlio da soli, essa non è mai priva di sfide e di dolori bensì è di una costante rimessa in discussione di sé.
Sono sempre possibili cicliche rivalutazioni della scelta intrapresa o ricordi dei vissuti legati a come essa è avvenuta; si palesano gli effetti sulla relazione con i figli sia per chi è presente sia per chi li vede a ondate; si impongono le difficoltà della vita quotidiana e dei suoi costi, ove a volte anche i beni necessari come un tetto sulla testa diventano proibitivi. La propria ed altrui vita viene rivoluzionata. Come si trasformano le emozioni verso il precedente partner, come si reagisce ai tentativi di riavvicinamento, o quali possono essere i riflessi emozionali davanti alle richieste e velate minacce dei figli che cercano di estorcere un riavvicinamento? Come e quando sono stati innalzati i muri, e dove è iniziato il punto di non ritorno sulle proprie decisioni?
Ogni cuore ha certamente le sue ragioni. Quando si è in interazione con l’altro non è facile comprendere quale parte della persona si attiva, la relazione viene vissuta, non tanto meditata. Per questo è importante prendersi dei momenti di riflessione personale e di coppia per capire cosa succede e come si può attimo per attimo interagire e dialogare.
La maggior parte delle recriminazioni partono dal non sentirsi capiti, rispettati, supportati,ma questo è molto probabile che sia anche il vissuto speculare del proprio partner. Oppure ci si accusa di non valere o fare mai abbastanza, come nei casi in cui si sta amando l’altro ma non nel modo come lui ne avrebbe bisogno.
Il nostro mondo interno è variopinto e non ragiona ma associa. È facile dunque che alcune situazioni ne richiamino altre e senza che la persona se ne accorga si attivino i retaggi di vecchie ferite mai rimarginate del tutto. Se in quei momenti non si è in grado di riconoscere quanto sta avvenendo si genera confusione su sentimenti passati e situazioni attuali.
Per questi motivi prima di chiudere una relazione e prima di iniziarne una nuova è necessario avere chiaro cosa non ha funzionato e quale è la propria parte di responsabilità, quali campanelli d’allarme non sono stati ascoltati e avrebbero dovuto esserlo. Non ha senso ragionare su i “se” ed i “ma”, ha senso imparare a non ripetere gli stessi errori.
Un riavvicinamento è sempre possibile ma chiaramente solo se sono state elaborate e superate le cause che hanno portato alla precedente rottura esso potrà condurre ad esiti diversi.
Con le emozioni non risolte interferiscono anche le continue sollecitazioni, provocazioni o minacce dei figli che chiedono la vicinanza affettiva e fisica dell’altro genitore, che non comprendono i motivi dei “grandi” e che per ottenere i loro tornaconti molto spesso attivano sofisticate strategie di triangolazione.
Rimanere genitore neutro e intellettualmente onesto può non essere sempre facile. Occorre consapevolezza delle proprie decisioni e prontezza nell’assumersene gli effetti, ed avere chiari i limiti ed i confini del ruolo educativo per fare pienamente la propria parte e lasciare spazio all’altro genitore per come egli può esser presente.
Il muro che porta i due ad allontanarsi si costruisce mattoncino dopo mattoncino ogni giorno. Ci si sveglia un giorno che è già finito. Il tragico non è a mio avviso che il muro ora sia lì. Il tragico è che non si sappia neppure come è stato costruito, che si manchi della necessaria comprensione di come si è arrivati a quel punto senza la quale non si può intervenire. È per questo motivo che ritengo che oggi i percorsi di “alfabetizzazione all’amore” siano un abc importantissimo della relazione affettiva adulta e che le coppie dovrebbero rimanere in formazione continua. Due naturali conseguenze sono: la paura per le successive relazioni ed i copioni ripetitivi attraverso i quali si ricercano sempre gli stessi tipi di partner a conferma che «tutti gli uomini/ tutte le donne sono così» ed al fine di non cambiare nulla di sé.
Inoltre se non è facile essere genitore unico, non lo è neppure conciliare con esso il proprio ruolo di donna o di uomo.
Concludo con alcuni interrogativi aperti su cui ritengo sia necessario continuare a riflettere attentamente. Che fine fanno il maschile ed il femminile che c’è in ogni essere umano, in che modo trovano ancora spazio di espressione? Come fare in modo che questi cambiamenti non interferiscano con una nuova dimensione di sé né con il naturale processo di identificazione sessuale che si sviluppa tra genitori e figli? E quando l’altro genitore è veramente assente, chi può supplire alla mancanza della sua figura?

Dr.ssa Antonella Ritacco


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https://www.cittanuova.it/genitore-e-single/ 

4.5.19

I 5 linguaggi dell’amore di Gary Chapman



Certe volte amare sembra essere complicato. Le hai provate tutte ma ti sembra che ancora non basti, e quello che fai non viene apprezzato a sufficienza, recriminazioni e rimproveri sono sempre dietro l’angolo e l’altro non vede ciò che fai e quanto ti impegni. Sembra quasi come se tra voi parlaste una lingua diversa.

E se fosse veramente così?
Gary Chapman, consulente familiare e antropologo americano noto per aver identificato, tra gli altrii 5 linguaggi dell’amore spiega che ciascuno ha un serbatoio emozionale e che questo può essere riempito attraverso diverse modalità di comportamento. Ciò che egli notò è che ciascuno dà e sperimenta di ricevere amore in modi differenti. E cioè che un gesto può essere estremamente significativo per qualcuno mentre per qualcun’altro può passare assolutamente inosservato.
Ciascuno utilizza la modalità di espressione che ha imparato e che connota il suo specifico linguaggio d’amore. Se l’altro non parla lo stesso linguaggio si ha la sensazione di “fare fare fare” per l’altro mentre l’altro non se ne accorge neppure con il rischio di arrivare ad esaurire le energie psicofisiche e rimanere senza alcuna gratificazione o risultato. Per questo motivo egli invita i partner a conoscere ed imparare a parlare il linguaggio d’amore dell’altro piuttosto che continuare inconsapevolmente a chiedere all’altro di parlare il proprio con il solo esito di collezionare numerose recriminazioni.
Cosa fare?
Innanzitutto annotare le recriminazioni in merito alle attenzioni non ricevute. Esse, per quanto fastidiose da ascoltare, nascondono una richiesta. Sono un segnale di ciò di cui l’altro ha bisogno e di cui lamenta l’assenza. In secondo luogo osservare cosa il partner fa per voi e di cui probabilmente non vi accorgete (poiché ai vostri occhi non è così importante) ma che è pronto a rinfacciarvi nei momenti di scontro.
Una volta stilate queste due liste siete pronti a confrontare recriminazioni ed osservazioni con i 5 linguaggi dell’amore che Chapman descrive.
Il linguaggio di rassicurazione riguarda tutto ciò che ha a che fare con l’infondere nell’altro un senso di sicurezza, di riconoscimento personale, di stima, il rivolgersi all’altro con parole rispettose e gentili al di là di cosa si debba o voglia comunicare. Il linguaggio dei momenti speciali che riguarda la capacità di prendersi del tempo per stare insieme e dedicarsi l’uno all’altra, come ad esempio essere presenti nei momenti importanti della vita dell’altro o realizzare insieme qualcosa che fa piacere ad uno dei due. Il linguaggio dei gesti di servizio ovvero la disponibilità a fare qualcosa di cui di norma si occupa l’altro, per gentilezza, per alleggerirlo, per fare una sorpresa. e questo indipendentemente da che ci sia o meno una richiesta. Il linguaggio del contatto riguarda il modo di scambiarsi tenerezze ed effusioni a livello fisico, alcune persone sono più tattili di altre e per loro il tocco, la gestualità, lo sguardo profondo, la sessualità sono imprescindibili dalla capacità di sentirsi amati. Il linguaggio dei doni, ovvero la capacità di trasmettere all’altro “tu sei importante per me”, “ti ho pensato” attraverso il dono di sé e del proprio tempo così come attraverso doni materiali.
Cooperare a mantenere il serbatoio emozionale dell’altro sempre pieno o ben equipaggiato è un segno di genuino interesse dell’altro ma anche una misura di prevenzione per i momenti di difficoltà che nella relazione possono sempre verificarsi. L’effetto immediato è di sentirsi inebriati dalla piacevolezza delle emozioni che nella relazione di coppia circolano e questo ha un effetto di rinforzo per entrambi e per la relazione stessa. L’unione la vicinanza possono essere meglio avvertite, non ci sono barriere legate al rancore ed alla recriminazione, la persona si sente non solo amata ma davvero conosciuta e rispettata nella sua intima natura.

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4.4.19

L’importanza di essere visti



Come ricercare e trovare quei momenti in cui, nella coppia, ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via. 


Nella vita di coppia si attraversano varie fasi e si condividono successi e insuccessi, sfide e traguardi. Talvolta sono frutto di scelte consapevoli e comuni e riguardano obiettivi che la coppia si è prefissata, altre volte sono situazioni che la vita riserva con grande generosità sia in positivo che in negativo.
Si tratta in ogni caso di occasioni in cui ciascuno può allenare qualche aspetto di sé come ad esempio l’ascolto, la fiducia, la pazienza, la tenacia, la compartecipazione, il gioco di squadra, l’introspezione, e così via.
Potrebbe in ogni caso accadere di non essere nelle condizioni di poter dare la dovuta considerazione all’altro oppure che quello che il partner si vive sia in antitesi a ciò che l’altro si sta vivendo e che nella condivisione si generino fatica, invidia, incomprensioni e conflitti.
Cosa significa e cosa fare?
Una facile deduzione potrebbe essere quella di colpevolizzare sé stesso o l’altro per non saper amare, stare accanto, condividere, sostenere e tutto quello che viene indicato essere aspetti dell’amore e della relazione di coppia.
Per chi giunge a questa deduzione non esistono molte vie di uscita: o adeguarsi mascherando i propri sentimenti e comportamenti oppure chiudere la relazione “per incompatibilità di carattere”.
E se invece la difficoltà fosse solo un’occasione per crescere come individui e nella relazione di coppia? E come?
Per prima cosa non cercare facili vie di fuga del tipo “non siamo fatti l’uno per l’altro”. È nello stare nella situazione che si può comprendere fino in fondo cosa genera, in che modo, perché e cosa invece potrebbe aiutare.
In secondo luogo guardarsi dentro in una condizione di ascolto di sé, privo di giudizio. Ogni emozione ha un suo perché, esprime un bisogno o un diritto e come tale va accolta, guardarsi nel profondo può non essere facile all’inizio ma piano piano può divenire una grande risorsa sia per l’individuo che per la coppia.
In terzo luogo chiedere all’altro di ascoltare quanto si è compreso e si vuole condividere. Questo punto è un passaggio delicato in quanto occorre tener conto del Timing, il giusto momento in cui chiederlo e nello stesso tempo essere disponibili a concordare con l’altro quando questo dialogo potrà avvenire.
Perché abbia successo è importante avere tempo e privacy anche se questo significa dover attendere. Per questo motivo agenda in mano, si fissa una data con l’intento di rispettarla. Un luogo neutro come ad esempio uno spazio aperto in genere funziona molto bene, ma può andare bene anche il comodo divano di casa purché senza fonti di disturbo.
In quarto luogo, lasciare all’altro l’occasione di poter esprimere il proprio vissuto, oppure aggiungere qualche aspetto che a suo parere non è stato tenuto in conto. Il partner potrebbe ad esempio non avere la stessa percezione del vissuto dell’altro. Pertanto è importante che gli esempi siano contestualizzati.
È inoltre importante che questa fase del dialogo non si trasformi in un contraddittorio e che le personali visioni della situazione possano essere entrambe esplicitate e riconosciute.
Solo quando le cause che impediscono di gioire della gioia dell’altro o di camminare al fianco dell’altro, sono state identificate allora si può, con il dovuto tempo che ciascuna situazione di vita richiede, decidere e fare qualcosa.
La possibilità di essere visti e riconosciuti nel proprio impegno, nei propri piccoli quotidiani traguardi non passa sempre per il successo immediato.
Pertanto sentire che il partner è al fianco e nota l’impegno quotidiano, al di là del successo generale, permette di sentirsi più forti di questa vicinanza e motiva a rigenerare in sé la forza e la determinazione per arrivare alla meta. Questo vale vicendevolmente per entrambi i membri della coppia ed è proprio questa alternanza che fa percepire che si è una squadra e che si è in cammino, senza ruoli designati e statici.

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7.3.19

Un po’ di tempo per noi



Per crescere come coppia è fondamentale regalarsi dei momenti di reciproca cura da trascorrere insieme, per non pensarsi come persone scontate di cui si sa già tutto

Tra i doni più preziosi che possiamo ricevere e donare c’è il dono del proprio tempo. La sua preziosità deriva dal fatto che non può mai e in nessun caso tornare indietro. Quando è dato, è dato. È per questo che il dono del proprio tempo procura un senso di appagamento. Esso trasmette all’altro un messaggio di valore e di unicità. Da fidanzati lo si sperimenta tante volte, si ricercano intenzionalmente occasioni per condividere qualcosa ma anche più semplicemente tempo da trascorrere insieme. In questa fase il tempo passato insieme è fondamentale per la conoscenza reciproca. Questa sana abitudine di continuare a dedicarsi tempo e continuare a conoscersi e scoprirsi dovrebbe durare tutto l’arco della vita. Esso è un ingrediente importante per costruire l’intimità di coppia. Il modo come viene utilizzato rivela la capacità dei partner di pensarsi come entità distinte, in evoluzione e in comunione tra loro o viceversa come persone scontate di cui si sa già tutto. Raccontarsi ad esempio le riflessioni personali dopo un accaduto, cosa si è appreso da esse e come lo si vorrebbe integrare nella propria quotidianità, voler sentire il parere del partner a riguardo, è un modo di donarsi all’altro che non solo richiede tempo e spazio, che nel tran tran quotidiano possono sfuggire di mano, ma anche una disponibilità mentale a vedere sé stessi e l’altro come sempre nuovi e da scoprire.
Molte coppie si dedicano alcune ore settimanalmente o mensilmente per continuare a crescere insieme. Se hanno dei figli organizzano per loro un intrattenimento che va dai nonni alla babysitter, o se sono già più grandini il rimanere a dormire a casa dell’amico del cuore. Il messaggio metacomunicato al partner è del tipo “tu sei importante per me”, “quello che ti riguarda mi sta a cuore”, “sono curioso di scoprirti sempre di più”, “è bello passare del tempo con te”. Sono dei messaggi che nutrono profondamente la relazione.
Se non lo fate già, approfittate dell’arrivo della bella stagione per cominciare ad organizzarvi un pomeriggio, una serata, un fine settimana in cui la meta non sia il luogo dove andrete, bensì un tempo di qualità vissuto in due.
Alcune coppie scelgono di dedicarsi tempo quotidianamente. Lo fanno ad esempio lasciando i cellulari e il televisore spenti durante la cena, oppure ritagliandosi un tempo sul divano dopo aver messo a letto i bambini o scegliendo un giorno in cui si rientra prima dal lavoro. L’abitudine di eliminare le fonti di disturbo nella comunicazione serve primariamente a rimanere centrati su di sé, sul partner e sul discorso che si sta condividendo. La sovrastimolazione, di qualunque genere sia, interrompe il flusso di pensiero e di emozioni che si stanno condividendo.
Quali difficoltà si possono incontrare?
Se non si è abituati a parlare e condividere i propri vissuti, la difficoltà principale può essere quella di predisporsi ad iniziare. Tanti “se” e “ma” possono venire alla mente che a ben guardare possono trovare una soluzione soprattutto se messi in comune col partner o con le figure di riferimento.
Un’altra difficoltà è quella di pensarsi come già noti. Dare per scontato che si sappia già tutto dell’altro nega i processi di crescita personale, di apprendimento dall’esperienza, di capacità di miglioramento. L’effetto indiretto è un disinvestimento nella relazione che invece necessita di attenzione e dedizione.
I benefici indiretti
In primis la qualità e forza della relazione. Sapere che l’altro, nonostante i “se” e i “ma” che realmente hanno a che fare con il senso di responsabilità, può riuscire a fare spazio al “noi” permette di sperimentare senso di valore e fiducia nel poter contare fino in fondo sull’altro.
In secondo luogo i figli traggono da questi piccole “separazioni” genitoriali numerosi benefici tra cui: hanno l’occasione di percepire e definire i propri confini personali, di sentirsi rasserenati al loro ritorno e sono incentivati a sviluppare autonomia, interessi e curiosità e cosa molto preziosa apprendono in modo indiretto come ci si prende cura della relazione. Inoltre poiché ai loro occhi, mamma e papà che coltivano la relazione di coppia, si stanno prendendo cura di ciò che rappresenta la premessa della loro esistenza, essi ne traggono un grande senso di sicurezza interna.

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17.1.19

Coppie, 7 motivi per non vivere coi familiari



Due giovani sposi dovrebbero ambire da subito alla propria indipendenza, per il proprio benessere e quello della famiglia d'origine



Avete deciso di sposarvi, ma le finanze sono ancora instabili e c’è un appartamento libero accanto ai genitori di uno dei due, o una stanza in più che non viene mai usata a casa loro. Ne parlate col partner, anche i vostri familiari sono d’accordo, forse non tutti. «Ma sì, forse per un po’, qualche mese, finché non si sistema la situazione di quel contratto, o non trovate un lavoro migliore. Così siamo tutti più tranquilli!». «E poi ci pensi, con i soldi che risparmiamo sicuramente potremo comprarci i mobili per casa nostra».
Argomentazioni che un tempo avrebbero retto e forse fatto anche la fortuna degli inizi di una giovane coppia che così poteva più velocemente acquistare una casa e “stabilizzarsi”, mentre oggi vengono guardate con diffidenza da amici, alcuni parenti, psicologi e guide spirituali. Perché?
I principali motivi per cui una giovane coppia dovrebbe ambire da subito a una propria indipendenza riguardano aspetti sia della coppia e del processo attraverso cui essa si definisce, sia i bisogni o criticità della relazione con la famiglia di origine. Vediamone 7:
  • Noi. Una giovane coppia ha bisogno del suo tempo per definire il personale modo di stare nella relazione. La funzione “noi” è un processo lento che necessita della giusta privacy, intimità e di un “vuoto fertile” per essere sviluppata.

  • La coppia ha suoi propri confini e non tutti i genitori sono pronti a rispettarli, né tutti i figli sono già allenati a insegnare ai propri genitori a tenerne conto. Nella relazione tra figlio e genitore arriva il momento in cui l’uno deve mostrare all’altro che è arrivato un nuovo tempo e che i modi di prima ora risultano intrusivi e lesivi della nuova realtà di coppia.

  • Intimità. L’intimità della coppia è un luogo sacro in cui nessun altro è autorizzato ad entrare. Essa è condivisione profonda della propria interiorità, è fare progetti insieme, è custodire le proprie scelte e motivazioni, è vivere la sessualità, è fare le cose con il proprio tempo e ritmo.

  • Vuoto fertile. La coppia necessità di quello spazio/tempo in cui la relazione può impastarsi, lievitare e trasformarsi in un rapporto sano ed equilibrato tra i partner e con le figure d’origine. È l’assenza, intesa come lontananza e subitanea indisponibilità, che permette di sviluppare la giusta distanza, che sarà così importante per fare spazio al “noi”.

  • Assumere e riconoscere ruoli e capacità di ciascuno. A livello psicoemotivo, convivere tutti insieme genera confusione tra i vari ruoli di figlio, adulto, genitore, amico e confidente da un lato e i concetti di indipendenza, maturità, autonomia e affettività dall’altro. Si vengono a creare facilmente ambiguità di questo tipo: 1) ritenere adulto e maturo un figlio quando non lo si ritiene ancora indipendente ed affettivamente pronto a formare una sua famiglia come nucleo a sé stante; 2) avere paura di autorizzarne lo svincolo per timore di perdere il legame affettivo privilegiato, o di soffrire della “sindrome del nido vuoto” legata all’uscita dei figli da casa, o di doversi nuovamente confrontare con il proprio partner a tu per tu, come ad es. nei casi in cui il figlio funge da mediatore nella comunicazione tra i genitori.

  • Autoregolazione e condizionamenti. L’autoregolazione è il meccanismo attraverso il quale la coppia giunge a definire le personali regole di comunicazione, di scelta, di confronto e disaccordo, di litigio, di riflessione, di mediazione e conciliazione. Attraverso di esse si attua la distribuzione del potere tra i partner, si definiscono equilibri e livelli di paritarietà. È importante notare come questi processi possono essere realmente liberi di esplicarsi e giungere all’autoregolazione allorquando sono liberi da condizionamenti, interni o esterni che siano. Un condizionamento importante da citare quando si vive con i genitori o a diretto e costante contatto con loro è che il figlio o la figlia in questione è in casa propria, ma il partner no e questo crea necessariamente un disequilibrio di potere nella coppia.

  • Desatellizzazione. È quel processo così definito dallo psicologo Giovanni Marini, tale per cui un giovane che si stacca dalla famiglia di origine deve poter rendersi indipendente ed autonomo non solo economicamente e strutturalmente, ma anche affettivamente. Il mancato svincolonuocerebbe a lungo andare sia alle persone che alla relazione di coppia, sia quella genitoriale che quella dei figli.

L’andare ad abitare insieme è per una giovane coppia una prova del 9 e insieme un trampolino di lancio verso la costruzione e il rafforzamento di quell’essere “noi” che sarà così importante negli anni a seguire. Questi primi tempi della vita insieme sono importantissimi e, se necessario, vanno tutelati anche a costo di non essere del tutto compresi o supportati.
Infatti, non c’è giusta distanza se non c’è liberta del cuore e autonomia di pensiero. Solo quando nella relazione sono possibili sia la vicinanza che l’allontanamento, la relazione può dirsi matura.

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https://www.cittanuova.it/coppie-7-motivi-non-vivere-coi-familiari/

4.1.19

Parliamo di noi, come coppia




L’essere un noi nella coppia è una tappa che si raggiunge col tempo e con esso si affina anche la capacità di narrare, a sé stessi ed agli altri, di sé come coppia  



Siamo abituati a pensare alla coppia che vive delle situazioni, fa esperienze, attraversa dei momenti a volte anche di stallo. Una coppia in generale come soggetto attivo, che fa.
La coppia che si racconta è una rarità. Si necessita di un pensiero che accoglie e che integra il vissuto, il punto di vista dell’altro, che opera un meccanismo in cui viene riconosciuta verità e validità ad entrambi. Le congiunzioni utilizzate diventano “e…e”, invece che “o…o”.
Di recente mi è stato chiesto, da una giovane ragazza, cosa potesse leggere per capire meglio come funziona la relazione di coppia. Ascoltandola percepivo che il suo bisogno era di fare esperienza di come funziona una coppia, di andarle a conoscere. Vale certamente anche un racconto scritto, sebbene il farne esperienza, l’osservare i processi di interazione tra i due membri, permette di cogliere degli spetti difficilmente esplicabili in un elaborato scritto.
Che cosa c’è di speciale nella coppia che racconta sé stessa? Ed a chi fa bene?
Quando una coppia si racconta, attiva in sé stessa un processo di autoriflessione tutt’altro che spontaneo. Si può dire qualcosa di sé in tanti modi ma quando questa verità sta incontrando la verità della narrazione dell’altro per fondersi in una, può non essere facile. Occorre che crollino le barriere del giudizio e del pregiudizio, dell’orgoglio, del naturale bisogno di dare una bella immagine di sé, del rimettere in discussione in sé stessi ciò che si era pensato e ritenuto vero fino a quel momento.
Si scoprono nessi che non si pensavano attraverso l’uso delle risonanze, cioè, quanto viene dall’altro raccontato produce degli effetti nell’animo e nei pensieri dell’altro e questo permette di sviluppare empatia. Il risultato è che si continua a costruire intimità e la relazione diviene sempre più salda e armoniosa.
Ogni coppia dovrebbe prendere giornalmente o almeno settimanalmente un po’ di tempo per sé stessa e per raccontarsi. Un tempo in cui poter essere lievito per la relazione.
 Questo racconto a due voci ed un cuor solo in alcune circostanze può risultare utile anche ad altri. È il caso di chi ascolta delle testimonianze. La storia di una coppia può fungere da stimolo per riflettere su aspetti di sé, su modalità relazionali, può offrire esempi di modi in cui compartecipare a delle scelte o alla soluzione di problemi.
A beneficiare di questa esperienza sono: la coppia stessa, le altre coppie ed i single, soprattutto se single di lunga data o con esperienze deludenti di relazione. La coppia che si racconta riceve feedback e nuovi impulsi per ripensarsi, anche attraverso le domande che le vengono rivolte.
Le coppie che ascoltano possono trovare in questi racconti dal vivo elementi per confrontarsi e per crescere nella relazione. I single possono trovare in queste testimonianze l’occasione di comparare la propria idea di relazione e di amore con quella di qualcun altro, osservare dal vivo differenti modalità di comportamento tra i partner. Spesso questo è utile al fine di chiarire alcuni concetti e preconcetti sulla relazione amorosa, oggi così tanto confusiva se non a volte lesiva dello sviluppo emotivo delle persone.
Possibili equivoci da evitare
Giungere ad una versione unitaria della propria storia di coppia non vuol dire che si tratti di una versione identica e che le differenze sono annullate. Una versione unitaria offre invece l’occasione di accorgersi, esplicitare e tener conto del personale modo di vedere e vivere una situazione da parte di ciascuno. Sarà normale che il racconto del marito si basi su alcuni aspetti mentre quello della moglie su altri, sebbene entrambi possano conoscere quanto appartiene all’altro.

  • Nel raccontarsi agli altri occorre tener presente uno dei principi che guida la relazione di coppia: la sacralità e dunque la custodia dell’intimità. Non esiste un vero confine tra ciò che si può e ciò che non si può dire. Esso dovrebbe essere di volta in volta regolato in base all’accordo reciproco tra i partner, al principio di utilità di ciò che si racconta, di contestualità rispetto al luogo ove si porta la propria testimonianza. La preziosità del dono della propria esperienza di coppia non può essere confusa con il bisogno di far sapere a tutti le proprie cose.
  • Inoltre è sempre importante ricordare di non assurgere la coppia a modello. Un modello si applica tout court, l’esperienza raccontata appartiene alla coppia e necessita di essere filtrata ed adattata alla propria storia personale. Non può essere asetticamente applicata alla propria vita, non calzerebbe. Ed inoltre si rischia di emulare o di non sentirsi mai all’altezza degli altri né mai soggetti attivi della propria vita.


L’essere un noi nella coppia è una tappa che si raggiunge col tempo e con esso si affina anche la capacità di narrare, a sé stessi ed agli altri, di sé come coppia. Questa narrazione, indipendentemente dall’essere invitati a portarla ufficialmente o dal riportarla spontaneamente al vicino di sedia ad un banchetto, ha confini non misurabili. Anche in questa narrazione spontanea di sé come coppia, ogni volta si sta donando qualcosa di sé di molto prezioso di cui quasi mai si sa quali frutti ha portato.

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https://www.cittanuova.it/parliamo-di-noi-come-coppia/


8.11.18

Il posto della coppia


"Avete mai pensato che l’essere partner è solo uno dei tanti ruoli che vivete nella vostra vita? Che è un ruolo con sue specifiche caratteristiche e che da come viene vissuto può dipendere anche il buon funzionamento degli altri ruoli che con esso sono in relazione?"....

Per leggere l'articolo intero pubblicato su Città Nuova online basta cliccare su https://www.cittanuova.it/posto-della-coppia/

8.5.18

Quando i conti non tornano in famiglia

Cosa influenza il modo con cui ciascuno si rapporta al denaro nella coppia? Perché tanti litigi in famiglia si basano sui soldi? Vediamolo insieme nel seguente articolo "Quando i conti non tornano in famiglia"

"Il denaro ha una funzione generale importante. Con esso si soddisfa un primo e concreto bisogno esistenziale di sopravvivenza e di sicurezza. Attraverso il denaro ci si può garantire cibo, casa, cure mediche. Quando questi due bisogni sono minacciati, la persona può avvertire un senso di precarietà in grado di ostacolare la sua serenità e di conseguenza anche il rapporto empatico col partner e con i figli e la concentrazione sul proprio lavoro...."

Per leggere l'articolo per intero, edito su Città Nuova online nella rubrica #Noidue, cliccare sul seguente link:
https://www.cittanuova.it/conti-non-tornano-famiglia/

15.2.17

Occhi per vedere e tempo per conoscere: il nostro augurio per San Valentino 2017 arriva nel giorno di San Faustino

Il nostro pensiero in questi giorni va alle tante coppie conosciute in questi anni (da quell'ottobre 2010 i volti ed i nomi sono tanti) ed ai, molti di più, single che con Esec o in altri modi hanno deciso di mettersi in cammino non più verso un amore ideale ma verso un amore concreto fatto di bivi e di scelte, di progetti e gesti d'amore, di gioie profondissime, di litigate e corse a perdifiato, fatto di sospensioni e di silenzi per comprendere meglio se stessi e l'altro e ogni volta della voglia di ripartire e ricominciare e ritrovarsi. E´un rapporto intimo che le coppie fanno insieme ed i single sono tenuti a fare con se stessi...per ora!

Il nostro augurio è che ciascuno abbia occhi per vedere e per lasciarsi stupire dalla Vita, Vita che ha i suoi tempi ed i suoi giri per condurre lì dove c'è un Bene, un Buono ed un Bello che attende solo di essere s-coperto e troppe volte ha un nome ed un volto diverso da come te lo eri prefigurato. Sarà forse per questo che ogni innamorato sente in cuor suo che l´amato è un dono? Di fatti nel dono è la sorpresa che va scartata (ovvero scoperta) per essere conosciuta.

Un pensiero speciale ai tanti che attendono il loro 'incontro': continuate a prepararvi per essere anche fuori la bellezza che avete dentro.

Noi siamo con voi!
Anche in questo nostro tempo di silenzio, di comparse e scomparse che serve a comprendere e ri-generare. E sentiamo che anche voi siete con noi e questa è RELAZIONE!


Grazie da noi

A&H (alias Antonella Ritacco e Holger Sawatzki)


#Esec
#labellezzadellebuonerelazionivincesempre
#atupertuconlospecchio