Visualizzazione post con etichetta Vita a due. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vita a due. Mostra tutti i post

22.10.20

Immaginario di coppia

Fonte Città Nuova


Ricordate come pensavate sareste diventati negli anni? Ogni coppia agli esordi si augura di raggiungere e di costruire insieme un’intimità relazionale. Questo articolo si rivolge proprio alle giovani coppie o a quelle che, poco più avanti nell’esperienza, vogliono fare un bilancio di come stanno procedendo per rinforzare la loro unione.


Marco ed Anna non sognavano solo di case, vacanze, figli, lavoro ed amici, sognavano anche di cosa volevano essere e diventare l’uno per l’altra. Di come volevano starsi accanto nei momenti difficili, di quello che potevano fare per continuare a stupire e lasciarsi stupire. Ma un conto era pensarlo da fidanzati, quando ancora la routine, la suddivisione o l’integrazione dei compiti familiari ed anche l’aumento del carico di impegni lasciava loro tempo, energia e freschezza per concentrarsi su di sé, un conto era mantenere questo focus nel mezzo di una confusionaria famiglia alle prese con un articolato menage familiare. Inoltre con l’avanzare dell’età anche i loro genitori divenivano più esigenti e bisognosi di cure ed attenzioni.

Occasioni per svicolare da sé stessi non ne sono mancate, né negli eventi né nell’avvicendarsi dei bisogni personali ora dell’uno, ora dell’altro, dei figli o di qualcun altro. Quando la situazione si presentava, e talvolta si imponeva con tutta la sua forza, era destabilizzante ma avevano fattoun patto: il primo dei due che si accorgeva che qualcosa non stava funzionando l’avrebbe comunicato all’altro ed insieme ne avrebbero discusso per cercare un nuovo equilibrio pur nella nuova situazione.

Un nuovo equilibrio nella nuova situazione voleva dire essere sintonizzati nel presente, non più nel lì e allora delle cose che avevano sognato da ragazzi, non ancora nel futuro di qualcosa che avevano già avviato ma nel qui e ora, proprio nel mentre della vita che gli scorreva attorno e dentro cui erano immersi, con le possibilità del momento.

Come facevano? E poi non litigavano? Non andavano in ansia ora per questa preoccupazione ora per un’altra?

Certo che litigavano, ma più di tutto si confrontavano. Rendevano noto l’uno all’altra desideri, aspettative, intenzioni e prossimi passi. La paura della delusione e del fallimento lasciava posto alla possibilità di essere apprezzati per il proprio impegno indipendentemente dal risultato. Le ansie rimanevano ma erano tollerabili per quel senso di sicurezza interno di sapere che ciò che si stava facendo era il proprio 100%, cioè la propria parte tutta intera, non un astratto 100% determinato da standard esterni che mal si adattavano alla loro condizione del momento.

E quando la premura incombeva e si perdevano le staffe? Chi perdeva la pazienza desiderava per primo di riavvicinarsi e chiedere scusa, mentre l’altro sapeva che era una questione di tempo. A volte accadeva che si chiedessero scusa vicendevolmente: l’uno per non aver saputo ascoltare e l’altra oggettivamente per ciò che aveva detto, fatto o non fatto e viceversa. In questi momenti sentivano una unione forte tra di loro, sapevano di essere nell’animo l’uno dell’altra e si sorridevano vicendevolmente.

Altre volte scusarsi non bastava e dovevano trovare altri modi per farsi perdonare. A volte uno dei due aveva dimenticato qualcosa ma nel frattempo aveva fatto qualcos’altro. Erano pronti a mettersi in gioco l’uno per l’altra costantemente senza per questo ritagliarsi spazi propri di rigenerazione personale.

Marco ed Anna sono due personaggi di fantasia, e la quotidianità nella relazione è veramente molto variegata. Tuttavia è importante mantenere il focus sul cosa e sul come realizzare la propria vita insieme, rimanendo sintonizzati sul presente ed integrando antiche promesse con l'attualità della vita presente.

9.10.20

No all’ansia e alla fretta in amore, meglio vivere il tempo presente

Fonte Città Nuova



Ci sono persone single che vivono male la mancanza di una relazione affettiva. L'amore non è una ricerca, ma un incontro.


Molte volte ascoltando i single delle età più disparate si percepisce un rapporto ansiogeno con il tempo e con lo scandire delle fasi della propria vita. Una sorta di inaccettazione di ciò che si sta vivendo e una frenesia di vivere un’altra fase, a volte precorrendo i tempi e confondendo ciò che viene prima con ciò che viene dopo. Si finisce in questo modo per vivere con grande fatica ciò che invece potrebbe essere l’occasione preziosa di incontrare sé stesso, gli altri e le circostanze in quel dato tempo presente così caro alla psicologia e ad ogni orientamento spirituale.

L’abbiamo appurato durante il lockdown, quando dal disorientamento incredulo di quanto stava avvenendo ci siamo dovuti abituare a vivere con ritmi più funzionali al nostro organismo, ricominciando a dare un gusto nuovo al qui ed ora del presente nelle quattro mura. Se siamo riusciti a farlo in quelle condizioni, possiamo continuare a farlo anche in altri momenti.

Il processo in fondo è sempre lo stesso: parte tutto dalla constatazione di un dato di realtà (lo status quo, il cosiddetto qui ed ora) e dalla decisione di accettarlo, accoglierlo così come è. Paradossalmente, fatto questo, ci si può accorgere di quante idee per viverlo bene possono venire in mente. Questa accoglienza di ciò che è rende possibile la trasformazione di un tempo scomodo in qualcosa di prezioso.

Ho conosciuto single disperati per la loro singletudine, che affannosamente cercavano di cambiare la realtà, scordandosi che senza un’alleanza con la vita stessa così come è, si rema faticosamente contro corrente oppure ci si attacca a forme di relazione che quasi sempre non corrispondono ad un amore come lo si desidera. Se proprio occorre impegnarsi, meglio attraversare quelle situazioni da cui si vorrebbe fuggire nel tentativo di cambiare velocemente scenario. Magari è proprio lì che sta aspettando un’esperienza significativa per la propria vita.

Alcuni riempiono di cose belle la loro vita, tutto è pregno di senso e ci stanno bene. Questo può funzionare fintanto che si sia in grado di contattare sé stessi, di prendersi spazi per il silenzio interiore e la solitudine con sé stessi, fintanto che il vuoto tanto temuto da molti, può essere vissuto come un vuoto capace di generare vita interiore. È importante in questa dimensione accogliere le proprie ed altrui parti ombra che possono manifestarsi in forma di pensieri, emozioni o azioni.

Altri ancora li si percepisce arrabbiati, a volte confusi e insoddisfatti. I primi vivono la singletudine come un’ingiustizia, si sentono deprivati di un diritto sociale e spesso sfogano la loro rabbia in relazioni con partner occasionali di cui poco importa se già impegnati: gli sembra così di pareggiare i conti con la vita. Gli altri cercano di assumere un atteggiamento e di mantenerlo in modo statico o viceversa fluttuano in diversi modi di essere. Desiderano rimandare una buona immagine di sé, ma ciò di cui veramente necessiterebbero è di ristabilire un buon contatto con sé stessi e la propria interiorità. In questo modo anche la loro immagine esteriore risulterebbe più stabile e credibile. Anche in questo caso serve la consapevolezza di essere esseri umani e come tali bisognosi anche di supporto.

Accanto a questi troviamo quelli per i quali la vita è come un film. Dato uno stimolo parte un film mentale, che si snoda in mille avventure in grado di colorare il mondo emotivo della persona, ma solo nella fantasia. Questo modo di estraniarsi dalla realtà crea una vera e propria difficoltà a rimanere nel proprio presente, nella consapevolezza di sé, nella capacità di individuare quegli aspetti di sé che devono ancora crescere e maturare affinché si possa realmente incontrare un partner e con questi scegliere di vivere una relazione basata sulla reciprocità.

L’incontro con il futuro coniuge arriva sempre e solo quando le caratteristiche personali dell’una e dell’altro si incontrano in un dato spazio e tempo. Si tratta infatti di un incontro piuttosto che di una ricerca. E il modo migliore di vivere il tempo dell’attesa è proprio quello di prendersi cura di sé, affinché nel momento dell’incontro ciò che si ha da condividere con l’altro sia a misura della relazione che si desidera.

12.6.20

Esiste un tempo giusto per avere un figlio?

 Fonte: Città Nuova


I figli, parte dell’amore e della relazione genitoriale, rappresentano una delle forme classiche di realizzazione della coppia che si apre alla continuità della vita. Quando è il tempo propizio?


Qual è l’età giusta per avere un figlio? Se lo chiedono molte coppie che pospongono questa data a quando: «ci saremo sposati, avrò finito gli studi, avremo una posizione sicura, avremo trovato una collocazione stabile, ecc. ecc». Una sequenza cronologica degli eventi (tempo Kronos) che spesso non corrisponde a quei ritmi interni che invece designiamo con un’altra definizione del tempo: quella del tempo vissuto, ma anche quella del tempo propizio identificato con il concetto di tempo come Kairòs.

Dimensione interna del tempo e dimensione esterna si incrociano, ma che effetto producono nelle persone immerse nella complessità della loro vita tra storia personale, progetti di vita e di coppia?

Marta e Francesco, entrambi sopra i 30 anni, hanno deciso di sposarsi e di sostenersi nel realizzare i loro progetti di vita. L’intensità con cui vivono la loro relazione, le amicizie e la passione per il loro lavoro non genera spazi di pensiero sul loro divenire famiglia. L’occasionale flebile battuta di un genitore sulla possibilità di  renderli nonni non li trova ancora pronti ad approcciarsi a questo tema.

Maria Paola ha conosciuto a 42 anni l’attuale marito, un uomo col quale ha trovato non solo un’intesa di coppia ma anche un equilibrio personale che le mancava. Lui ha 54 anni ed una figlia già grande. Non vuole diventare nuovamente papà, sebbene comprenda il desiderio di Maria Paola di diventare mamma. Lei a sua volta non vuole che il tema tra di loro si basi solo sulla pressione dell’orologio biologico, in fondo non sa neppure se biologicamente sarebbe fattivamente ancora possibile. Interiormente fa i conti con le sue scelte passate, la forte spinta all’indipendenza avuta negli anni e la difficoltà a raggiungere nel tempo una relazione che si fondasse sull’interdipendenza.

Francesca 36 anni ha una relazione con un uomo che le piace molto, di poco più giovane di lei. Spesso si sono scontrati sul tema matrimonio, per lui ancora troppo presto, per lei troppo tardi. Ora che sono sposati vuole dei figli e si percepisce come biologicamente già grande. Non sa cosa la vita potrà riservarle, vede tante amiche che desiderano la gravidanza e non la ottengono, anche più giovani di lei e senza apparenti problemi. Lui teme invece che potrebbero non essere in grado di sostenere tutte le spese che un figlio comporta.

Sandro ha 39 anni ed una carriera avviata. Ha da poco una nuova relazione con Graziella, 4 anni più grande di lui. Quando scopre che Graziella è incinta si sente incastrato, è tutto troppo veloce per lui, e vorrebbe che lei rinunciasse al figlio. Graziella non è d’accordo ed è chiara: con o senza di lui avrà quel figlio. A 43 anni pensa che potrebbe essere la sua unica opportunità di essere mamma.

Cosa hanno in comune queste storie? L’amore e la relazione, quello per cui si è disposti a rimettersi in discussione, a trovare nuove forme di soddisfazione personale anche molto diverse da quelle che si erano fino ad allora pensate. Quell’amore che fa uscire da sé stessi per andare incontro al partner, nel dialogo, ed incontro al figlio nel dono di sé. Ma un amore più diventa intimo e profondo più è in grado di generare legami e paure.

L’autorealizzazione personale, rappresenta il vertice nella “gerarchia dei bisogni” identificati negli anni ’50 dallo psicologo americano Abraham Maslow, attraverso i quali la persona realizza sé stesso. È una conquista della nostra società che per non esprimersi in un limite individualistico deve potersi integrare con gli aspetti socio-relazionali della persona. Bisogni personali e bisogni di coppia possono essere perseguiti insieme solo in un rapporto che si esprima nell’interdipendenza.

I figli, parte dell’amore e della relazione genitoriale, rappresentano una delle forme classiche di realizzazione della coppia che si apre alla continuità della vita. È interessante notare come il loro arrivo non è per tutti uguale. Ci sono coppie dove i figli arrivano secondo un tempo Kronos e ce ne sono altre dove il loro arrivo si inserisce in un tempo Kairòs.

L’accadimento, inteso come fatto che diventa possibile, è infatti legato al tempo propizio, l’unico in cui il “fatto” può essere reso possibile anche per mezzo di una propria compartecipazione. Talvolta giungendo come inatteso e chiedendo una riorganizzazione di vita.

Il tempo e le emozioni. Il tempo Kairòs inteso come tempo vissuto si lega alla fase della vita ed alla maturazione della persona. Per questo porta con se dei connotati emozionali propri di ogni fase di vita che fanno vivere l’attesa come gioia della preparazione, come paura di ciò che potrà accadere, come ansia per il ticchettio dell’orologio biologico o come la possibilità di esplorare vari modi di essere aperti alla vita, famiglia e genitori.

È in questa complessità di elementi che si inscrive un evento così importante che è al contempo naturale e straordinario e che ha una portata molto più grande del semplice atto generativo nella vita di quanti vi partecipano.



21.5.20

Ci siamo detti tutto? La vera comunicazione che fa crescere

 Fonte: Città Nuova


Ogni coppia è in cammino, e solo nel comunicarsi le cose si ha l’opportunità di crescerci dentro insieme. Quando nella coppia non si parla, i silenzi diventano taglienti e sono in grado di fare più rumore e più male di quanto ne facciano le parole


Per alcune coppie la quarantena ha significato prendersi finalmente il tempo per affrontare discorsi lasciati in disparte o interrotti per altre situazioni concomitanti.  Ma siete sicuri di esservi detti proprio tutto?

Dai sassolini nella scarpa da anni, che vi fanno camminare scomodi in due, a quel complimento taciuto perché l’altro in quel momento vi aveva fatto troppo arrabbiare, a quel progetto che avreste voluto realizzare ma che poi a ben pensarci c’erano altre priorità familiari e ci avevate velocemente rinunciato senza cercare una soluzione comune, a quella a volta che di fronte ai parenti non vi eravate sentiti sostenuti e l’altro non aveva frenato un’ingerenza.

Ogni coppia è in cammino, e solo nel comunicarsi le cose si ha l’opportunità di crescerci dentro insieme. Quando nella coppia non si parla, i silenzi diventano taglienti e sono in grado di fare più rumore e più male di quanto ne facciano le parole.

Nel testo della canzone “Fai rumore” di Diodato, vincitrice del Festival di questo anno, l’autore fa dire ai personaggi “non lo so se il tuo rumore mi conviene”. Vale a dire, non so se ciò che hai da dire mi piacerà, se mi farà confrontare con ciò che di me non voglio vedere. Ed anche il dubbio sempre possibile se mi sarà utile per migliorarmi come persona, se va nella direzione del cambiamento possibile legato alla mia persona piuttosto che a quello che tu ti aspetti da me.

Poi il testo prosegue qualche battuta dopo quasi con una supplica “ma fai rumore”, che suona come un non lasciarmi solo ad interpretare questi silenzi, potrei essere un giudice severo con me stesso. Ma anche non togliermi ciò a cui sono abituato, non rompere il gioco di attacchi e recriminazioni su di noi, altrimenti poi dobbiamo guardare le cose in faccia.

Dialoghi ipotetici frequenti tra molte coppie.

A volte la comunicazione nella vita reale è “volutamente” tendenziosa. Questo serve a spostare l’attenzione su altro. Attraverso la comunicazione non verbale si veicolano messaggi di cui il più delle volte siamo inconsapevoli e che sono assolutamente in contrasto con le parole che si stanno usando. È il caso della comunicazione paradossale, in cui nella stessa frase si afferma qualcosa e la si nega. La celebre citazione di una vignetta “Mi piaci così come sei, solo che ti vorrei diverso” ne è un esempio. A qualche livello una parte di noi recepisce l’attacco ma non può rispondere congruentemente se non identifica il doppio livello del messaggio.

In questo caso diventa difficile comprendere su quale canale comunicativo sintonizzarsi, ad esempio un complimento o l’attacco. Le incongruenze possono essere colte solo se almeno uno dei due dialoga senza partecipare ai cosiddetti giochi relazionali, cioè se è consapevole della dinamica che sta avvenendo nella relazione comunicativa. Occorrerebbe inoltre essere in grado di interrompere intenzionalmente queste dinamiche, cioè quelle interazioni ripetitive che si attivano d’abitudine e portano lontano dall’obiettivo dichiarato, il quale a sua volta in questi casi non corrisponde affatto all’obiettivo perseguito.

Quando parliamo all’altro usiamo inoltre quelle che lo psicologo Eric Bern chiama le posizioni esistenziali. Ci relazioniamo all’altro quindi con una concezione della nostra reciproca relazione come paritaria, cioè da adulto ad adulto, o con l’idea che o noi o l’altro siamo ad un livello superiore o inferiore. Questo comporta ruoli stereotipati e vizi di forma nella comunicazione. La verità non può mai essere espressa fino in fondo ed il messaggio non è a supporto della relazione.

Forse se ci ascoltassimo di più e più attentamente riusciremmo a rimodulare alcuni dei modi di comunicare che ostacolano la relazione e con essa la creazione di una relazione sempre più intima.

Ascoltarsi ed ascoltare ci mettono in grado di conoscerci sempre meglio e di co-costruire la relazione nello spazio-tempo di ogni giorno. Ci danno anche gli strumenti per dire con maggiore coerenza quello che pensiamo e che vorremmo, e supportano la crescita vicendevole dei partner. In questo modo il “fai rumore” può diventare una richiesta sincera di essere supportati a crescere interiormente nella verità, nella reciprocità e nel rispetto di ciò che si è.



30.1.20

A un passo dal matrimonio

 Fonte: Città Nuova


Stai progettando il tuo matrimonio?   Questa frenesia pre-nozze è piuttosto comune. Non lasciarsi sopraffare da essa e soprattutto non perdere di vista l’essenziale di quel giorno, è una sfida tutta da vivere. Ed è già un allenamento per gli anni a venire


Stai progettando il tuo matrimonio?  Siete impegnatissimi tra lavoro, preparativi, parenti e amici e tutto intorno a voi sembra essere impazzito e richiedervi attenzione? Questa frenesia pre-nozze è piuttosto comune. Non lasciarsi sopraffare da essa e soprattutto non perdere di vista l’essenziale di quel giorno, è una sfida tutta da vivere. Ed è già un allenamento per gli anni a venire.

Punto uno: accettare che per alcuni c’è bisogno di un po’ di follia e di immaturità, soprattutto se giovani, per creare un legame che voglia essere duraturo nel tempo e una famiglia. Per altri c’è bisogno di calcoli matematici e sicurezza. Sono stili personaliche qualche volta si riesce a valicare mentre altre si rimane sui propri punti. Certo è che occorrerebbe arrivare al momento del «» opportunamente preparati su quelli che sono i punti forza della relazione ed i suoi punti deboli e qualche pista per starci dentro.

Punto dueattraversiamo nella vita diverse fasi, e la tendenza è quella di una crescita personale (cognitiva, affettiva ed emotiva) sempre maggiore, con sé stesso e con l’altro. Se osserviamo la persona nel suo attimo presente, possiamo immaginare che alcune modalità di pensiero, di comportamento e di sentire possono trovarsi in armonia o in conflitto tra di loro. Una paziente che nell’interazione con il partner utilizzava prevalentemente lo stato dell’Io bambino, in seguito ad un lavoro personale e di coppia, subito dopo le nozze disse: «Sono contenta di essermi sposata nella fase del mio Io adulto». Con questo voleva intendere che non erano presenti in lei movenze (manie di controllo, insicurezze) né retaggi (rabbie, influenze, decisioni anacronistiche sulla sua vita) che la spingevano a quel passo, ma che il passo del matrimonio era compiuto in piena e consapevole liberta di intenti. Si riteneva di fatti matura per accettare tutto quello che dalla relazione sarebbe scaturito. E riconosceva quanto dannose erano state le fantasie che in precedenza avevano guidato la relazione.

Punto tre: il matrimonio è un progetto a due. Come in tutti i progetti, anche nel matrimonio, ci sono risorse (i due coniugi), c’è una struttura (la relazione), c’è una tempistica (l’ieri, l’oggi, ed il domani), c’è uno spazio (qui o altrove = presenza o assenza), ci sono delle regole (la gestione dei confini personali e di coppia, la creazione del Noi, la giusta distanza). Ci sono dei rischi da non sottovalutare: la routine, le intromissioni esterne (manomissioni), l’esaurimento delle energie emotiva. E strategie da mettere in campo: tempi bilanciati per sé, per l’altro, per lo svago, per i bilanci che non solo di tipo economico, per le verifiche sul proprio impegno e sulle nuove esigenze su cui mettere il focus.

Punto quattro: queste valutazioni in corso d’opera servono a capire come vengono utilizzate le energie interne alla coppia, quanto di esse viene investito nel progetto matrimonio e quanto ne può essere investito nelle altre sfere della persona (realizzazione personale, famiglia d’origine, lavoro, amici, hobbies). Un po’ di tecniche di comunicazione efficace tornano utili per far si che il dialogo ed il confronto siano chiari, onesti e profondi. Eventi come gli anniversari ed altri tipi di ricorrenze possono essere delle occasioni per interrogarsi personalmente e confrontarsi poi col partner. E ciclicamente si possono fissare dei momenti di dialogo più profondo.

Punto cinquel’apertura agli altri. Vita a due, confini, ok. Ma c’è tutto il mondo delle relazioni, affetti ed interessi che va capito come può essere integrato alla vita coniugale. Nessuna coppia è un’isola. Né tantomeno la geografia di una coppia resta immutata nel tempo. Si attraversano fasi in cui c’è maggiore o minore apertura agli altri in base a quante energie disponibili restano dopo aver fissato le priorità personali e di coppia di ciascuna fase di vita. Anche questi sono temi che ciclicamente possono essere affrontati.

Durante la preparazione al matrimonio tutti questi temi e dinamiche possono venire fuori: dalle divergenze su come e dove organizzarlo, dalle interferenze familiari in mezzo a cui i fidanzati possono trovarsi, dalla lista degli invitati o dei regali, dall’organizzazione del viaggio di nozze, al come non perdere di vista se ed il rapporto che si sta co-costruendo nel pieno del vortice e potersi ritagliare spazi intimi di dialogo e confronto.

Ognuna di queste tappe implica una maggiore conoscenza di sé e dell’altro, una definizione di chi e come si sceglie, del ruolo da dare agli altri nei preparativi ma poi in futuro anche nelle proprie vite, ed allo stile di festa e di vita a cui si tende. Ma più di tutto permette di creare già i presupposti per allenare la capacità di saper funzionare insieme che di li a breve saranno indispensabile strumento della vita quotidiana.