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16.7.20

Relazioni amorose pericolose

 Fonte: Città Nuova


Impara a riconoscere i segnali che nuocciono alle relazioni amorose. Cosa fare?


Le relazioni amorose non nascono violente, lo diventano nel tempo e per fasi. Spesso chi sta accanto coglie per primo segnali che stonano, che risultano incomprensibili come gelosie, divieti, false interpretazioni, piccole intonazioni nella voce che segnalano ciò che non si deve fare ed il confine da non superare, fino ai tentativi di escludere altri tipi di legami e contatti.

Il modo in cui questa violenza si esprime nella diade è differente e varia dalla fase di vita della coppia e da chi la esprime. Essa può essere verbale o fisica, sessuale o riguardare atti di trascuratezza o di persecuzione. E può riguardare sia uomini che donne sebbene la letteratura e la casistica sono abbondantemente sbilanciate sul numero di casi che riguardano le donne.

Ma cosa fare quando ci si trova dentro una relazione che può divenire pericolosa?

La prima cosa è non pensarsi soli. Questo è quello che generalmente chi assume il ruolo di carnefice in una relazione che ha una base violenta vuol far credere alla vittima. Cadere nell’isolamento fisico e mentale sarebbe molto pericoloso.

Mantenere il contatto ed il confronto con gli altri. Per quanto faticoso ed a tratti anche rifiutato è importante per chi si trova in una relazione che ha le premesse per divenire violenta non isolarsi né mentalmente né fisicamente.

Non chiudersi in una prospettiva da salvatore/crocerossina. Nessuno può essere salvato se prima non riconosce di avere un problema e fa azioni coerenti per farsi aiutare professionalmente.

Divenire consapevole di quali meccanismi che appartengono a sé si incastrano con quelli del partner. I bisogni e le paure che tengono insieme i membri della coppia sono speculari, ognuno rinforza un aspetto dell’altro.

Reinterpretare i sentimenti comuni di paura o vergogna. La paura non dovrebbe essere tanto delle ripercussioni che il partner potrebbe subire o che dal partner si potrebbero subire, bensì di come personalmente ci si sta trasformando. La vergogna si genera per una falsa interpretazione della situazione in cui si ritiene di “non andare bene”. Nel fare qualcosa per proteggersi e nel riattivare quella forma di sano amore verso sé stessi, non ci può essere vergogna.

Reimparare a gestire i confini tra sé e l’altro. Un eccesso di preoccupazione per l’altro a discapito di sé manca di un equilibrio di base. È importante riappropriarsi dei propri pensieri e non temere di lasciar emergere le differenze. Dire in maniera chiara cosa va e cosa non può funzionare. Indicare all’altro il limite oltre il quale non ci può essere spazio di continuità e di vicinanza. Non lasciarsi frenare dal timore di nuocere all’immagine dell’altro.

Comprendere il senso di colpa. Questo sottile vissuto fa da sfondo a molte relazioni conflittuali ed è un indice molto importante per comprendere il dinamismo interno ai partner. Talvolta si tratta di coppie in cui questo vissuto viene scaricato vicendevolmente l’uno sull’altro, altre volte è unidirezionale. Le prime sono coppie altamente conflittuali, nelle seconde è avvenuta una suddivisione dei ruoli e del potere nella coppia. In ogni caso il senso di colpa come vissuto indotto, è un segnale che la relazione è divenuta manipolativa.

Questi comportamenti possono essere attuati nelle fasi in cui emergono i primi segnali, quando possono ancora essere determinanti nello scegliere di proseguire o meno la relazione. Diventa invece più complicato intervenire quando la relazione diventa violenta ed il circuito vittima-carnefice si afferma. In questo caso è molto difficile che chi è nel ruolo di vittima riesca a mantenere quella chiarezza di pensiero che gli permetterebbe di distinguere l’aggrovigliato mondo di pensieri, emozioni, vissuti e azioni personali e quelle dell’altro. La dipendenza psichica che si instaura tra i due rende in questa fase impossibile qualunque intervento esterno fintanto che non si verifica un evento limite.

Una prevenzione efficace è “teoricamente” possibile e coinvolge anzitempo l’intero assetto familiare e socio-ambientale in cui l’educazione affettivo-sessuale e lo sviluppo psico-emotivo delle persone si inseriscono. Questa compagine comprende così tante variabili che nella vita reale per lo più sfuggono al controllo, ma alle quali per quanto possibile si può dare attenzione in svariati modi: attraverso scelte personali e familiari, stili di vita, modi di utilizzo del tempo e spazi per la riflessione comune.

In questo senso non dovrebbe mai mancare, a mio avviso, la consapevolezza che accanto alla libertà di scelte personali dei vari attori coinvolti, secondo la teoria dell’apprendimento per modeling (cioè per osservazione) ciascuno nel proprio contesto assume in ogni caso un ruolo di “modello”.



21.12.19

Le convinzioni deviate che ci portiamo dentro

 Fonte: Città Nuova


Attenti a quello che si dice di sé perché si finisce per crederci ed interiorizzare la corrispondente emozione. Una riflessione alla luce dell’insegnamento di Eric Berne


Si giocava a tombola domenica scorsa. Il gruppo era ampio. Non tutti noti. Da un tavolo a più riprese durante tutte le tre manche si sentiva «ambo», «terno», «quaterna», «cinquina» e «tombola!!!». La fortuna è proprio sfacciata! Pensavamo in tanti. Ognuno avrebbe voluto entro la fine della seconda manche sedere a quel tavolo. Qualcuno ci ha provato, asserendo che i quei pochi minuti erano usciti i suoi numeri.

Verso la fine della terza manche una ragazza già pluripremiata grida «Tombola!». Decide di abdicare per far continuare il gioco, ma pochissimi numeri ancora e la sua amica e vicina di posto, anche lei già pluripremiata, grida anche lei «Tombola!». Generosamente anche lei abdica per far continuare il gioco. Alla fine della serata c’è chi si consola dicendo «Vabbè, non sono stato fortunato al gioco ma sono fortunato in amore», e chi rimarca l’opposto «Come è che si dice? Fortunata al gioco, ma non in amore! Eccomi.»

Ognuno la prende con allegria e filosofia e ci sta! Ma c’è qualcuno che a quelle frasi ci crede davvero: è il proprio bambino interno.

Secondo Eric Berne la struttura della persona è tripartita. Egli individua nel Genitore, Adulto e Bambino i tre stati interni che regolano il comportamento psicoemotivo della persona.

Al Genitore (interiorizzato) è attribuito il compito sia di sostenere ed incoraggiare quanto quello di normare il comportamento della persona.

 Al Bambino spetta il compito di curiosare, giocare, svagarsi e arrabbiarsi quando incontra il limite.

All’Adulto spetta il compito di tenere i piedi per terra, capire, valutare, organizzare e bilanciare. In questo modo si può trovare l’equilibrio tra le energie in ingresso ed in uscita, si può valutare le risorse che si hanno prima di intraprendere un progetto, o capire se occorre chiedere aiuto ed a chi.

Dicevamo che il Bambino interno ascolta le cose che vengono dette dalla persona e ci crede. Pertanto se sono cose belle si sente contento e ne è fiero, se ascolta cose brutte su di sé automaticamente ne soffre e orienta in tal senso il suo comportamento e le sue emozioni.

Queste conoscenze vengono utilizzate per stimolare pensieri positivi nel marketing ed in psicologia, in base ai quali le persone possono ad esempio prendere nuove decisioni che le riguardano, generare nuove consapevolezze o interrompere pensieri ripetitivi e disfunzionali.

Viceversa, se ci si ripete troppo spesso, anche scherzosamente, qualcosa che nella propria vita non va come la si vorrebbe, il rischio di pensare che non si è bravi in quella cosa, che si è sfortunati o di provare sentimenti di tristezza e di rassegnazione è proprio dietro l’angolo.

E la cosa buffa è che automaticamente si finisce per darla per scontata e non tanto comportarsi così, quanto piuttosto non fare nulla per cambiare lo stato di cose, almeno per ciò che riguarda il proprio intervento.

Attenti dunque a quello che si dice di sé perché si finisce per crederci ed interiorizzare la corrispondente emozione. Ma attenti anche a come lo si dice, poiché una battuta se viene ripetuta troppo frequentemente non è più solo una battuta, e in alcuni momenti serve proprio prendersi sul serio.



25.7.19

Relazione finita, ma io non volevo (Parte II)



Subire una delusione d’amore o essere lasciati può essere doloroso, ma non è la fine del mondo. Una relazione può concludersi in modi diversi. In alcuni casi, addirittura, non riuscendo a chiuderla, qualcuno spera che sia l’altro a farlo.


I motivi per una chiusura possono essere scomodi da ascoltare e da accettare, non comprensibili sul momento o liberatori. Anche in questo caso il tipo di relazione instaurata, la maturità affettiva dei due, le modalità con cui si da luogo alla comunicazione, possono agevolarne l’accettazione e l’elaborazione.
Se chi lascia assume il peso di una decisione e della sua comunicazione, a chi è lasciato, soprattutto quando la notizia giunge inaspettata, spetta il compito di comprendere e accettare il vero senso di questo distacco.
La prima reazione è di ordine emozionale. Non c’è spiegazione o logica che tenga al dolore, alla delusione, alla sensazione di aver perso un’opportunità. È importante, anche in questo caso, darsi il tempo per esprimere emozioni e pensieri, essere pronti a convivere per un po’ con i propri sbalzi d’umore, prendersi appena possibile del tempo per sé stessi e per elaborare quanto è accaduto.
Atteggiamenti utili ma da dosare sono: l’autovalutazione di sé e della situazione, purché non sfoci in auto-rimprovero e pensieri rimuginanti; creare occasioni di svago con il sostegno di amici, purché non siano solo vie di fuga per non vivere le emozioni e poter maturare nuove consapevolezze; prendere del tempo per sé, purché non significhi evitare le relazioni emotivamente coinvolgenti per paura di soffrire di nuovo.
Ciò che aiuta davvero è rimanere sintonizzati su sé stessi, per vivere ogni fase senza sfociare nei possibili rischi ad essa connessi. Una buona alleata è la libertà interiore, intesa come genuina espressione di sé.
Quando le emozioni cominciano ad acquietarsi, si apre lo spazio-tempo per dare senso a ciò che è avvenuto e riflettere sul senso personale di una relazione d’amore. L’essere in relazione infatti si fonda su alcuni principi. Il primo è che esiste una “noità”, un essere a due e che questo “noi” deve poter funzionare, vicendevolmente.
Secondo la psicologa Grazia Attili le relazioni che funzionano si reggono su due presupposti che intervengono già nella fase di scelta del partner: la similitudine e/o la complementarietà. Ciò significa che non è importante trovare un fidanzato, è importante sapere chi e cosa si sta scegliendo, poiché ne va del proprio benessere e futuro.
Un secondo principio fondante le relazioni d’amore è quello della libertà. «Se ami qualcuno lascialo libero» recita una massima. Un’altra afferma: «Il contrario dell’amore non è l’odio, è il possesso».  In entrambe si ribadisce il ruolo importante che hanno l’azione dello “scegliere” e del lasciar andare.
Certo ci vuole tempo per digerire l’accaduto e per comprendere il vero senso di questo distacco.
Forse può aiutare pensare che nulla viene per nuocere. Piuttosto dal modo come si reagisce all’accaduto si possono scoprire nuovi aspetti di sé, alcuni da mettere in discussione, altri di cui essere fieri. Le relazioni non si chiudono solo perché non si è quella giusta per l’altro, ma anche perché l’altro non è quello giusto per te e viceversa.
Invece di vittimizzarsi per la “perdita subita”, occorrerebbe spostare l’asse su “cosa non ha funzionato?” Così facendo ci si sposta da un “non vado bene” alla comprensione delle differenze caratteriali e del ruolo che giocano, alla consapevolezza di non essersi incontrati nel tempo giusto (differenti livelli di maturità affettiva), o di avere una visione della vita e della progettualità che trova pochi o nulli punti di comunione.
Cosa si può apprendere da una delusione d’amore? Nulla se guardiamo alle cause esterne: “sono sempre sfortunato”, “capitano tutte a me”, “li incontro sempre tutti io quelli strani”. E nemmeno se ci si addossa tutte le colpe. Molto se ci si concentra su di sé e si cerca di essere obiettivi con sé stessi, di fare un bilancio del tipo: ho espresso il meglio di me? Ho ricercato la verità della relazione bandendo i sotterfugi? Che tipo di idea ho perseguito: una persona che colmasse la mia solitudine o insicurezza, un modello che mi facesse fare bella figura o una persona con pregi e difetti con la quale crescere, confrontarmi e progettare?
La risposta a queste domande rivela qualcosa di sé, del modo come si sceglie e della direzione verso cui le scelte orientano. Nel prossimo articolo vedremo come superare una delusione d’amore.

Dr.ssa Antonella Ritacco

Fonte Città Nuova  

9.11.16

Quel sottile gioco tra controllo e dipendenza


Quante volte sei parte o assisti a litigi in cui uno dei due partner si lamenta che l'altro non è autonomo, non fa le cose per conto suo, in cui uno dei due finisce lo sfogo del momento con un 'Sono stufo/a che DEVO sempre pensare io a tutto!'?
Quante volte in quel ruolo aggredisci l'altro fino a essere anche violento/a verbalmente perché a tuo avviso è un incompetente 'Possibile che non ti sei accorto che', 'Ti DEVO dire sempre tutto io?', 'Diamine, lo sanno anche i bambini!', 'Ma non ci arrivi col cervello?'.


Dall'altra parte il partner di turno.'Ecco, lo sapevo. Non mi lasci mai spazio non mi fai fare mai come dico io e ti lamenti sempre. Stai un pò fermo/a, sta un po' zitto/a! Mi DEVI lasciare fare a modo mio.' E dentro di sé continua a borbottare <<Non sono un/a bambino/a, smettila di dirmi come DEVO fare le cose. Sarò pure libero/a di sbagliare sì o no?! Tanto poi alla fine i fatti dimostrano che il più delle volte ho ragione io>>.

Scene classiche in cui tutte le espressioni escono di getto, sono fuori dal raziocinio della persona e nulla hanno a che vedere con il bene e l'amore che l'uno vuole all'altro mentre tanto hanno a che vedere con i ruoli che ci si è scelti nella coppia. Eppure ciascuno se la prende sul personale spesso covando risentimento, perché?

La dinamica dei due partner richiama un sottile gioco, quello del Gatto e Topo, di Guardia e Ladri, ed in definitiva del controllo e delle dipendenze. E' come dire: "Non lo faccio perché lo fai sempre tu/Lo farei volentieri se mi lasciassi tempo e spazio/Voglio farlo come e quando dico io" e dall'altra parte "Devo farlo perché tu non ti muovi/Deve essere fatto per tempo se no poi.../Per la mia organizzazione delle cose a me serve proprio ora, non posso aspettare i tuoi comodi".

In questo modo di comunicare ciascun partner, per poter essere confermato come persona, ha bisogno di evidenziare quello che fa o che è capace di fare, cosa che è messa maggiormente in risalto nel confronto con l'altro. Certo nessuno dei due in quel momento si sta accorgendo che per dare enfasi a sé stesso sta penalizzando l'immagine dell'altro e così facendo perde un alleato per la discussione successiva in cui anche l'altro a sua volta avrà bisogno di fare una rimonta al fine di gestire un suo equilibrio interno. E il processo oramai innescato può continuare a vita.
Ne pagano le spese amici, parenti, figli che nel tentativo di far dialogare i due impiegano anni, energie, a volte sacrificano aspetti della loro stessa vita, sogni e speranze che una relazione di coppia possa funzionare.

Allorquando questa dinamica evolve in toni aggressivi pian piano le persone attorno alla coppia cominciano a diradarsi fino a sparire. Qualcuno di fronte ai vari tentativi senza successo comprende che la situazione è tale perché 1) nessuno dall'esterno può modificare lo stato di cose tra i due partner, solo loro ne hanno il potere 2) che questo sottile gioco è diventato negli anni il collante tra i due, senza di esso con molta probabilità non avrebbero più nulla da dirsi. Allontanarsi per gli altri e per i figli diventa un esigenza di sopravvivenza interiore. Restare può finire per essere molto dannoso per se stessi se non si dosano bene le energie e gli spazi di realizzazione personale.

E' importante sapere che questo modo di comunicare si nutre dell'insicurezza della persona a cui alla stessa cerca di reagire trasformandola in un bisogno, quello di gestire, controllare, fare, tutto sempre direzionato verso qualcun altro se non verso la vita stessa. Occuparsi di sé è piuttosto difficile per questo tipo di persone e così vivono nel rammarico di non essere state, di non aver potuto, di non aver avuto l'occasione...ecc. ecc.

E il partner? L'altro/a si appiattisce, si accomoda, si adagia, almeno all'inizio, fino a pretendere sempre di più? In realtà no, solo fino a credere che tutto questo Eden paradisiaco sia sempre dovuto e scontato, fino a volerselo difendere, a non volerci rinunciare, a sentirlo come dovuto.

Solo a questo punto il partner che per primo ha contribuito a creare questa situazione si accorge che l'altro/a è in una posizione di comodo. Il più delle volte lo realizza quando si accorge di non avere più tempo per sé, né spazio, nessuna libertà di espressione e di azione. Solo a questo punto, avvertendo le proprie ristrettezze, emerge il fastidio e poi la rabbia. La persona comincia a ribellarsi ed a prendersela con chi "semplicemente" ha creduto alle sue promesse lusinghevoli (il partner che ha beneficiato per anni di tante e devote attenzioni). Troppo di rado queste persone si accorgono che hanno una funzione importante sia nella genesi che nel mantenimento di questa situazione mentre più sovente continuano a recriminare colpe all'altro/a. E a sentirli sembra davvero che siano i primi a voler cambiare lo stato delle cose.
Il fatto è che questa è una di quelle situazione dove la volontà da sola non è sufficiente. Occorre anche sapere cosa e come farlo.


E allora cosa e come si può fare?

Innanzi tutto rendersi conto che c'è un io e un tu; che esiste una complicità su cui regge la dinamica e di conseguenza un 50% e 50% di corresponsabilità; che c'è un circuito che occorre disinnescare facendo qualcosa di profondamente diverso da quello che spontaneamente verrebbe da fare e che proprio per questo l'aiuto di un professionista, come un terapeuta di coppia, può essere determinante.

Riconoscersi valore è sicuramente un passo importante ma non l'unico e neppure quello più importante (lascerebbe intrappolati in una rabbia che si trasformerebbe con grosse possibilità in egoismo e rivalsa); accettare di essere stati compartecipi se non addirittura i promotori della situazione che si è andata via via consolidando (assumersi la propria parte di responsabilità è determinante per attivare il processo di cambiamento); ricordarsi il modo in cui le persone si scelgono che quasi mai consapevolmente, più spesso inconsapevolmente attraverso modalità di compatibilità sana (ovvero sulle aree di potenzialità) o insana (ovvero in base alle proprie ferite e insicurezze da colmare) di funzionamento ed in definitiva in base al livello di crescita personale che hanno raggiunto.

La mania di controllo è una trappola in cui ci la persona che si sente risucchiata cerca di risucchiare anche l'altro. Se l'altro/a è uno spettatore inerme, passivo, facilmente ciò può accadere. Se viceversa ha carattere, forza, temperamento, consapevolezza di sé e di ciò che vuole per se, capacità di scelta per (ac)cogliere quando c'è da accettare o opporsi quando c'è da rifiutare o di ridefinire quando c'è da intendersi, o di dire la sua e di rispettare i suoi tempi ed i suoi spazi quando c'è da condividere, allora sarà in grado di "tener testa" a una persona che in fondo in fondo sta cercando i suoi stessi confini, il suo stesso limite.


Dott.ssa Antonella Ritacco

19.2.16

Ho un idea-le nella testa e non se ne va...che fare?

Sin da bambina ti ho sognato, ferma alla finestra immaginavo come saresti stato, cosa avresti fatto e che tutto sarebbe stato magicamente perfetto. Ora sono grande, ho 40 anni e continuo ad attendere alla finestra che tu arrivi. Nel mentre faccio tante cose tranne che crescere. Tante azioni da grande perché nessuno si accorga che sono ancora ferma ai miei 20 anni. Se crescessi....


Io non ti ho mai sognato ne cercato, tutti mi dicevano che saresti arrivato e mi avresti stravolto la vita ed io pensavo: ho veramente bisogno di lui? Mi basto da me. Posso farcela senza un uomo. Mio papà sarà contento di sapere che ho le spalle forti e così ho messo tra me e te kili di distanza, una bella barriera perché tu mi restassi solo amico e potessimo condividere ogni interesse. In questo modo non avrei corso il rischio di perderti.


Io ti aspetto e ti cerco da sempre e mi accanisco a cercarti e desiderarti mentre tu mi scappi, fuggi ed io non capisco cosa c'è. Tu non mi dici fino in fondo cosa pensi ed io mi aggrappo al fatto che non sono laureato, che non ho un ruolo sociale elevato e le mie insicurezze finiscono per rendermi sempre più debole non più ai tuoi occhi ma agli occhi di tutti, anche di me stesso. Mi avesse detto mai qualcuna qualcosa di più per potermi mettere in discussione veramente e senza vittimizzarmi. Mettermi in discussione...non è cosa facile in realtà!


Io ti aspetto da tempo e non ti ho ancora trovata. Vorrei averti qui tra le mie braccia e potermi prendere cura di te. Ho nostalgia di te senza neppure conoscerti. So che da qualche parte anche tu mi cerchi e mi attendi e ci sarà un tempo e un luogo quando meno ce lo aspettiamo. E sarà bello e certamente ti riconoscerò. Cosa sarà poi quello non lo so ma è certo che dipendesse da me non ti lascerei.


Ora basta. Ti ho atteso per 40 anni e non voglio più aspettare. Ora comincio a vivere finalmente in funzione di me e non più per te. Forse rischio di rimanere poco vigile e non aperta all'incontro con te, forse mi sto corazzando. Che dire. Sono stanca di storie sempre uguali di non riuscire a conoscerti in campo neutro e di dover cominciare a sentirmi in relazione con te senza poterlo essere perché sistematicamente dopo due mesi mi accorgo che sei un immaturo che continua a cercare in me la mamma. ??? Sarà forse questo ciò che continuo a rimandare di me? Ed ecco che mi ritorna un pensiero: forse ancora il mio cambiamento non è concluso e ho ancora qualche aspetto di me da lavorare. 


Basta! Io vado bene così come sono. Ci ho provato ma ogni volta vedo che le cose non vanno e mi scoraggio. Sono stanca, forse per me è meglio così. Ma poi ritorno a pensare e ad interrogarmi. Che fare? Quale è lo scopo della mia vita?


Vorrei una donna con caratteristiche precise. Nessuna va veramente bene. Ci sarà un motivo o è solo che non ti trovo? La mia storia passata mi pesa ancora ma sto decidendo di smettere di lasciarmi influenzare da essa, voglio riprendermi il senso di potere che ho, voglio riprendere in mano la mia vita. Solo che non so come fare.


Ho un ideale nella testa e non se ne va...che fare?


Storie di uomini e donne che con perseveranza cercano, talvolta si aggrappano quasi con disperazione e che vorrebbero tornare a vivere in sintonia con il loro Essere smettendo di ridurlo: a sogni (non c'era entusiasmo), a pensieri (se mi avesse amato avrebbe dovuto fare questo questo e questo...), ad emozioni (non provavo con lei nessuna passionalità), ad azioni (non ha mai fatto un gesto).
Il fatto è che l'amore e la relazione non è un singolo elemento tra questi e gli slogan che vanno bene per descrivere ad un amica il perché succinto del fatto che la storia non è andata non va bene quando la devi raccontare a te o all'altro che necessariamente ha diritto di essere aiutato a capire (con una risposta onesta) perché la conoscenza tra voi non può più andare avanti.
Il tuo stesso Io, quando ti guardi allo specchio, ha diritto di sentirti affermare cosa c'è che non va in quella donna appena conosciuta, in quell'uomo che non ti ha colpito al primo sguardo o che ti ha deluso perché non ha agito come tu avevi pensato, quale è la verità. Hai bisogno di sapere perché l'operazione cestino ha colpito ancora, quale antico bisogno si nasconde dietro di essa. Questo bisogno di verità interiore è quello che non ti lascia la pace che vorresti.


Proviamo a scoprirne di più.
L'ideale nella testa è come un box di sicurezza ed ha la sua funzione: serve a proteggerti. E' come dire "So già io cosa voglio e cerco e finché è così nessuno che è diverso da questo può avvicinarsi. In questo modo io sarò sempre al sicuro". 
Quello che troppo spesso accade è che quando cammini e incontri le persone finisce che se in uno/a di loro cogli una meraviglia potresti non essere in grado tu di uscire dal box. Oppure per non stare solo nel box potresti volerlo/a invitare dentro al ma non è detto che quella persona abbia le caratteristiche per stare nel box e il tuo sarebbe un tentativo disperato di chiedergli di entrare nel box per come tu lo vuoi, conformandosi alla tua idea, alla forma che gli vuoi dare. O ancora che quel box è diventato così bello e protettivo che fare spazio a qualcuno sarebbe così difficile che è meglio se da te stesso ti dici "in fondo cosa mi manca, Ho già tutto quello che mi serve" e giù con le scuse "Non mi piace perché è mora" "Non va bene perché non è laureato...." e così via dicendo. Ogni scusa è buona. 
Ma poi c'è un antico ritornello "Non sono io che non la voglio è che è l'altro che non va bene" che come la storiella dell'uva e della volpe di esopiana memoria ci mostra come per salvare la nostra immagine (sociale) svalutiamo quello che non abbiamo potuto avere.

Vivere le relazioni in questo modo è stancante da qualunque parte ci si trovi, sia nella parte di chi seleziona che di chi avverte di essere valutato. Se ne esce sempre sconfitti, disillusi, feriti ed anche arrabbiati (come la volpe). Le forze dopo un pò cominciano a vacillare ed anche la fiducia in te stesso. Riossigenarsi con un pò di coraggio è possibile a patto di essere disposto ad essere onesto con te stesso.
Capire come è nato l'ideale, da quali paure profonde è mosso, allenare il tuo potenziale per riscoprire la forza e l'audacia che sono in te, lasciarti aiutare da figure di fiducia (testimoni autentici) a togliere tutti i rumori di fondo, le voci che da sempre ti ripeti nella testa e che ti guidano. E' un operazione di pulizia interiore come quelle che si fanno di tanto in tanto in casa, nel giardino o nell'armadio o sulla scrivania, senza tanta gioia ma consapevoli che dopo di essa, in quel luogo a noi così caro della nostra interiorità, ci vivremo molto meglio.
Solo dopo esserti ritrovato sarà possibile riaprirti alla libertà, alla speranza ed alla fiducia in te e negli altri.


Buon cammino nella vita
Dott.ssa Antonella Ritacco 



15.9.15

Love Day_Come dare e ricevere amore ed avere relazioni appaganti

Ogni giorno respiriamo amore, riceviamo amore, doniamo amore. L'amore circola senza che noi ce ne accorgiamo e nutre la nostra linfa vitale, ricarica il nostro bagaglio emozionale. 
Ogni giorno qualcuno cerca amore, pretende amore, è obbligato a dare amore, subisce "amore". L'amore che si sforza o è subito non sostiene il nostro benessere, svuota il nostro bagaglio emozionale, risucchia la nostra linfa vitale e finiamo per sentirci fiacchi, senza più energie. 

Vogliamo iniziare così dopo la pausa estiva. Annunciandovi il Love Day del 25 settembre, dalle 18.00 alle 19.00, ingresso libero.

Come sostenere l'amore nel suo circolo naturale? Come non cadere nelle trappole dell'amore forzato? Come non subirlo quando è troppo o non è desiderato? In definitiva come accogliere senza essere invaso usando tutto il tuo potenziale emozionale.
Questo e molto altro ancora nelle giornate aperte del Love Day e negli appuntamenti de I dialoghi sull'Amore. In sede verrà annunciato il programma dei prossimi mesi.

Vi aspettiamo in Viale Etiopia 18, C/o Studio di Psicologia e Psicoterapia, Roma, Metro B1 Libia




20.10.14

Tante scelte sbagliate.....Ricomincia da Te!!!!

Si, amico caro, è proprio così. ogni volta che cadi ti rialzi, ogni volta che prendi una strada sbagliata la correggi e così anche dopo un partner che non era quello per te puoi ricominciare.
Già, c'è un segreto, ed è quello di non lasciarsi scivolare l'accaduto addosso come se tu fossi impermeabile, non impareresti nulla da questa esperienza. E neppure lasciarti schiacciare dai rimorsi, dalla rabbia, dalle delusioni e peggio ancora dall'illusione che "se solo avesse/avessi fatto così forse poteva andare diversamente" perchè resteresti sommerso dall'idealizzazione di un qualcosa che non esiste. Esiste il come è andata della relazione, esiste il tangibile, ciò che è stato ed è. Se ti lasci schiacciare da tutto questo resti sommerso e la palestra della vita non ti sarà servita a nulla. Come lo scolaro svogliato che per punizione ha ricevuto il triplo dei compiti se ne vede sommerso e decide di non fare nulla così anche tu non affileresti i tuoi arnesi per destreggiarti sempre meglio nelle strade della vita amorosa.
Fermati invece, fermati il tempo che ti occorre per respirare, per connettere cuore e mente, viscere e pensiero. Chiediti cosa veramente è accaduto, chi era l'altro/a e cosa ti stava chiedendo veramente. E tu cosa gli stavi veramente chiedendo? Ci sono cose che a voce non diciamo, a volte le camuffiamo anche a noi stessi. In tutto ciò che facciamo esprimiamo dei bisogni e dunque delle richieste all'altro.
Chiediti cosa puoi imparare dall'accaduto, ogni incontro ci insegna qualcosa, ogni relazione ci cambia, a noi scegliere se in bene o in male. E questo dipende dagli occhiali che indossiamo, dall'atteggiamento che abbiamo, dalle ferite che ci portiamo dentro.
Ecco perchè è importante sempre ri-cominciare da te. Nel mondo dell'altro ci accedi perchè l'altro te ne da il permesso, nel tuo ci accedi perchè scegli di essere onesto con te stesso, perchè non vuoi prenderti in giro e ritrovarti a 30-40-50-60 anni e non sapere ancora chi sei.
Ricomincia da te, proprio come quand'eri bambino cadevi e ti rialzavi e se mamma non era accanto a porgerti la mano ti aggrappavi a uno stipite, ad una sedia, a qualunque cosa ma ti RIALZAVI. Se lo sapevi fare già allora cosa aspetti? Puoi farlo ancora oggi!
E DECIDI di non tenere più la testa sotto la foglia come fa la lucertola per non farsi vedere. Se dentro di te vedi qualcosa che non va prova a fare qualcosa di buono per te e se ti accorgi che il compito è più grande di te, chiedi aiuto!
Ce ne sono di vari tipi: fratelli/sorelle, amici, cugini, ex insegnanti, consulenti, medici, confessori, guide spirituali, psicologi, psicoterapeuti. Chiedi aiuto! Non siamo onnipotenti e troppo spesso per non chiedere aiuto finiamo per fingere che non ci sia nulla. Ebbene, questa è la sciocchezza più grande che tu possa fare: far finta di ignorare un problema che hai già visto.
"Si, ma io penso che si risolverà da solo." Bene, datti un tempo, una scadenza in cui verificarlo. Se da li a sei mesi le cose stanno ancora come sei mesi prima allora vuol dire che il problema c'è e tu lo stai ignorando. PRENDITI CURA DI TE!
Non ricordo chi lo dice ma si tratta di uno scrittore contemporaneo "Se non ti ami tu per primo come potrei amarti io?"

E allora prenditi cura di te, preparati a quell'incontro che tanto desideri perchè la persona che sogni di incontrare ha tutto il diritto di conoscerti e vederti per il bello che sei e non per le ceneri dei disastri passati che ti porti dentro. Che è come dire "Non è importante quello che hanno fatto di te ma quello che tu oggi fai di quello che hanno fatto di te" (J.P. Sartre). Prendi in mano la tua vita!

8.10.14

Perchè tanti single oggi?

Tanti esperti raccontano di come sia cambiata la situazione sociale e culturale del nostro tempo e molti dei motivi per cui tanti giovani adulti restano single a lungo sono ben noti: il passaggio epocale dal matrimonio (e della vita stessa in tutti i suoi aspetti) fondato sul senso del dovere a quello fondato sul senso del piacere; il cambiamento o il capovolgimento di alcuni bisogni da quelli fondamentali (legati alla sopravvivenza) a quelli di autorealizzazione; il sistema politico ed economico che svantaggia le coppie e la famiglia; l'introduzione del divorzio ed il conseguente calo dei matrimoni da una parte e la sempre maggiore facilità a disinvestire energie nella relazione che si è scelta.
Il motore di fondo, quello che nei secoli e milenni della storia dell'uomo ha mosso alle grandi rivoluzioni è la PAURA. Paura di non aver fatto la scelta giusta, paura che nonostante l'amore che si da non si sarà ripagati abbastanza, paura che non siano i sentimenti più puri a muovere le corde della relazione, paura che....in fondo non valiamo abbastanza per meritarlo questo amore!
E allora le nostre teste sono piene di tanti "si...ma...però...." come se l'amore fosse condizionato. Sei proprio sicuro che l'amore sia questo? Cosa hanno le coppie felici di diverso dalle altre? In un post precedente ti avevo invitato ad osservarle, l'hai fatto?
In ogni caso rasserenati: ciascuno è diverso. E ogni storia è diversa. Non puoi pretendere di fare la stessa scelta di un altro o che quello che è successo ad un altro accada anche a te. Tu sei diverso, tu sei UNICO! Unico ed irripetibile, come uniche ed irripetibili saranno le relazioni che ti capiteranno. Non esser facilone nel generalizzare per sommi capi  quando vedi delle similarità. Tu sei tu! Ed hai il tuo modo di fare una scelta che è diverso da un altro e questo lo potrai apprezzare solo se ti conosci fino in fondo. Sei unico, non desiderare l'omologazione!
Sei unico/a e bello/a così come sei. E SEI DEGNO DI STIMA E DI AMORE. Lo credi? O fai finta di crederci? (Più avanti ti spiegherò anche la differenza ed i disastri che ne possono venire nella tua vita e in quella degli altri quando non ci credi o fai finta di crederci.) Fortunato chi si guarda dentro e sa che anche se non è tutto bello ciò che vede questo non cam,bia l'essenza del suo credere in se stesso e nel proprio valore fondante, chi sente le proprie radici forti pur nelle sue fragilità perchè sa che sta lavorando per essere una donna o un uomo ogni giorno migliore invece che ritenersi arrivato per sempre.
Oggi tutto ci viene proposto come bello e accattivante, tutto solletica le nostre passioni e pulsioni, esattamente come quando eravamo bambini davanti agli enormi scaffali dei grandi magazzini: come fare a SCEGLIERE? Cosa vale veramente la pensa di portarti a casa? Ci sono alcuni di noi che scelgono ponderando bene le informazioni e dunque hanno bisogno di darsi tempo per conoscere l'altro e dare all'altro il tempo per ri-velarsi (nella relazione tutto è duale, tutto è da leggere nbella reciprocità degli aspetti, non posso dimenticare che c'è un altro davanti a me e non un oggetto a cui chiedo di fare ciò che voglio). Altri invece vanno a passo spedito come se già sapessero cosa vogliono, hanno evidentemente sviluppato dei sensori (ne parleremo più avanti) per decifrare cosa gli piace e cosa no, e sono capaci di confermare e mantenere la loro scelta nel tempo. Siamo diversi, siamo unici! E allora di fronte ad una società che differenzia sempre più le scelte fino a confonderci a volte anche in amore siamo sempre più confusi, a volte anche "diffusi"! (E questo chi partecipa ai miei seminari lo sa già!)
E in questo modo è come se rimanessimo sempre degli ETERNI BAMBINI: bisognosi d'amore al punto di fare di tutto per non doverci rinunciare e rompere ogni cosa quando le cose non vanno come noi le immaginavamo (dando la colpa ora a Sè ora all'Altro), pronti a voler prendere tutto e non rinunciare mai a nulla, senza dunque saper lasciare per fare spazio a quell'Altro che inevitabilmente ti chiede spazio/tempo/incontro/autenticità/intimità/disponibilità/accoglienza/dialogo/confronto.
Esattamente come i muscoli, queste abilità possono essere rinforzate. Basta sceglierle! Impunto essenziale è: chiediti a che punto sei sulla strada e attrezzati per proseguire il tuo cammino.

3.10.14

"La nostra paura più profonda"

"La nostra paura più profonda"



La nostra paura più profonda 
non è di essere inadeguati.

La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.

E' la nostra luce, non la nostra ombra, 
a spaventarci di più.

Ci domandiamo: "Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?" 
In realtà chi sei tu per NON esserlo? 
Siamo figli di Dio.

Il nostro giocare in piccolo, 
non serve al mondo.

Non c'è nulla di illuminato 
nello sminuire se stessi cosicchè gli altri
 non si sentano insicuri intorno a noi.

Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.

Siamo nati per rendere manifesta 
la gloria di Dio che è dentro di noi.

Non solo in alcuni di noi: 
è in ognuno di noi.

E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo 
agli altri la possibilità di fare lo stesso.

E quando ci liberiamo dalle nostre paure, 
la nostra presenza 
automaticamente libera gli altri.

 

Nelson Mandela 



Carissimi, è con questo magnifico augurio che voglio riprendere a dialogare con voi attraverso queste pagine, affinchè sappiate che il mio desiderio più profondo è che ciascuno di voi possa essere serenamente e liberamente ciò che veramente è nella sua essenza più profonda. Perchè nessuna paura possa offuscare ciò che veramente tu sei, perchè qualunque messaggio sbagliato o di sfiducia in te tu possa aver ricevuto e assimilato, qualunque esperienza abbia segnato la tua vita tu possa esser certo che non sei la tua paura, non sei quel messaggio, non sei quella esperienza: TU SEI MOLTO DI PIU' e in te c'è molto di bene che forse tu stesso devi ancora scoprire. E allora diamoci da fare. C'è sempre un momento da cui partire per cambiare e quel momento è arrivato. 

Se ti hanno detto che così come sei non vai bene pensaci (e fallo in serenità): o ti stanno dando un consiglio per la vita e allora ti toccherà impegnarti duramente per capire cosa di te veramente devi migliorare oppure ti stanno chiedendo di compiacerli e ti servirà una buona dose di carattere per dire con fermezza che la pensi diversamente da loro.
Se ti ripetono che non ce la farai, che devi sforzarti, sbrigarti, e affannarti chiediti in cosa non ti stai impegnando fino in fondo (e sii onesto con te stesso), in quale passaggio ripetitivo e lento della tua vita ti stai intrappolando. O forse ti stanno chiedendo di fare cose che tu non puoi perchè non ti appartengono, o di realizzare i loro sogni che sono i loro e non i tuoi? Decidi dove vuoi arrivare e fai il tuo piano: nessun marinaio salperebbe senza la sua mappa stellare per orientarsi su dove sta andando e sapere quale è la via da seguire.
Se ti chiedono di fare sempre tutto per bene sappi che è dal caos che nascono le nuove invenzioni. Nessuno è perfetto e neanche tu! Ti risolleva sentirlo? E allora ricordatelo, scrivitelo da qualche parte. Ma ricordati che tutti, e dunque anche tu, siamo perfettibili, ovvero che se lo desideriamo possiamo migliorare quelle parti di noi che ci impediscono di essere persone autentiche e serene con noi stessi e con gli altri.
E allora buon lavoro! E poi raccontami come è andata....

18.11.13

Dove abita la felicità?


Dicevamo nel post precedente che riporre nelle mani degli altri la nostra felicità è un inganno in cui facilmente si cade. “Se

fai questo per me io sarò felice!”: ne sei proprio sicuro? Se è così allora lascia che ti dica una cosa: sei spacciato/a in partenza. Basterà che la volontà dell’altro sia differente dalla tua per farti sprofondare; che un progetto a cui tenevi non venga accettato e tutta la tua vita è nel baratro; che l’uomo o la donna a cui fai il filo ti dica di no una sera perché non gli va di uscire (è preoccupato per quanto sta accadendo sul lavoro, o in famiglia, ha avuto una esito negativo ad un esame e vuole avere un attimo di pace interiore per capire quale sarà il passo successivo, ecc,) ed ecco che tu ti senti svalutato, sminuito, non considerato mentre la scelta dell’altro non dipende affatto da te.
Le convinzioni che abbiamo sulla felicità e il conseguente nostro atteggiamento hanno il potere di condizionarci e soprattutto non ci permettono di riconoscerla e viverla. La felicità è uno stato mentale a cui il nostro cervello tende, le ricerche lo dimostrano ormai da anni eppure continuiamo ad avere dei preconcetti forti su di essa.

Crediamo che la felicità vada meritata e/o conquistata “Se faccio/realizzo/raggiungo questo mi sentirò bene/felice/appagato!” Devo meritarmela, devo sacrificarmi per essere felice, devo rinunciare a, devo lottare per… Ogni devo che aggiungi alla tua vita la rende pesante e faticosa e crea in te un conflitto. Ogni volta che trasformi un dovere in una scelta, anche talvolta costosa in termini di impegno e di rinunce, fai in modo che quella fatica si trasformi in energia positiva e ti appaghi. Non possiamo vivere solo di piaceri né possiamo essere schiacciati dai devo che spesso diventano una vocina insidiosa e soffocante che opera in noi e non ci lascia liberi. La libertà che porta alla felicità è l’atto della scelta che partendo da un condizionamento (devo) si trasforma in una accoglienza di quanto sta accadendo e da senso a ciò che accade.
Alcuni credono che si debba lottare per essere felici, non vi pare un controsenso? La felicità è di tutti, se è così ce l’hai già, non è l’altro che te la sta rubando e non c’è alcuna lotta da fare. Sarà il modo come tu reagirai a quella situazione a renderti felice oppure sofferente. Numerosi studi scientifici evidenziano come il  nostro cervello è programmato per produrre felicità continuamente attraverso una serie di connessioni di pensieri e di capacità di dare senso. La felicità prodotta dal nostro cervello è sostenuta da alcuni sistemi importanti quali quello della valutazione del piacere e della gratificazione che si mantengono attivi per mezzo della produzione di endorfine e neuro-trasmettitori, che regolano il nostro stato di benessere e felicità.

Crediamo che la felicità appartenga ad altri e sia lontana da noi “Tutto questo potrà accadere agli altri, per me non sarà mai così!” Come una sorta di rassegnazione, di predestinazione. Ti hanno mai detto che non si avvera ciò che chiedi ma ciò che credi? Che c’è un modo di essere profetici su se stessi (la profezia che si auto avvera) legato alle energie che metti in campo in base a quelle che sono le tue credenze di base? Se gli studiosi di psicologia sociale hanno ragione forse dovresti ravvederti sulle tue idee di partenza: la felicità è per tutti! Se sei parte del tutto è anche per te e può essere così vicina da non riuscire a vederla? Sì, scava bene dentro di te e continua a leggere il post.

Crediamo che la felicità sia una meta irraggiungibile “Non sarò mai così felice!” Rendiamo le nostre mete irraggiungibili ogni volta che idealizziamo una condizione. Noi viviamo nella realtà, non nell’ideale. La felicità ideale non esiste qui in mezzo a noi, esiste la felicità possibile, quella che tu puoi sperimentare e anche amplificare, lo sapevi? Sì, la felicità si amplifica quando permetti all’altro di condividerla con te. In quella condivisione l’altro diventa cassa di risonanza che accresce la tua felicità. Ti sembra strano? Prova a pensare a quando hai avuto una gioia e sei corso a comunicarlo a qualcuno: che reazione ha avuto? Una persona che ti ama (nel senso più generico del termine) è stra-felice per te e questo suo essere felice per te ha aumentato la tua gioia?
Una accortezza: non far caso a chi blocca la tua espressione di gioia, molto spesso ha solo paura di non saperla gestire e che non ce ne sia per lui/lei. Magari gli/le sarebbe utile leggere questo post e potresti girarglielo.

Crediamo che la felicità sia legata alle contingenze esterne “Se accade questo sarò felice!” Sappi che puoi essere felice a prescindere da ciò che accade. Essere felici perché il sole sorge, perché oggi è un giorno nuovo ed è un'opportunità ancora per fare/dire/provare/dare; essere felice mentre attorno a te tutto è sofferenza, fatica, impegno sono condizioni che appartengono a te e a te solo!
Se stai cercando la felicità fuori di te la stai cercando lì dove non c’è.

VUOI ESSERE FELICE? Come sempre alla base del cambiamento di una condizione che si mantiene nel tempo c’è una decisione da prendere. Quale è la tua? Quali condizioni poni alla felicità? Cosa ritieni che ti serva per essere felice?
Ci sono persone che hanno ben poco, non sono alla ribalta e hanno pochi contatti eppure si dichiarano molto felici. Dalla maggior parte delle persone sono considerate delle persone semplici eppure sanno come lasciare spazio in loro alla felicità, sono contente di ciò che hanno e ne sono grati. La felicità, come la sofferenza, è un prodotto del nostro cervello, un derivato dei significati che diamo alla nostra esperienza, di ciò che chiediamo ogni giorno e in ogni situazione alla nostra vita per appagarci.
Inseguire cose grandi è bello, ma se non abbiamo imparato a dare senso al bello delle piccole cose siamo sicuri che i grandi successi ci gratificheranno?

La gioia è in te ed è una scelta: scelgo di essere felice! A partire da questa scelta posso sviluppare e potenziare pensieri positivi, azioni e gesti che producano felicità. 
Ricorda che il motore è in te, e fintanto che la cerchi lontano da te o fuori da te resterà irraggiungibile e non tua. Ugualmente se scegli di tenerla tutta per te e non condividerla otterrai che ben presto si esaurirà, mentre nel condividerla permetterai che si moltiplichi!

8.11.13

Per chi suona la campana?

Se sei parte del mondo suona anche per te! 
Diceva Ernest Hemingway


Eppure molte persone quando ascoltano o vedono o apprendono qualcosa di significativo pensano che non sia rivolto a loro ma a qualcuno che conoscono che ne ha più bisogno. Ma quanto siamo buoni! Una generazione di crocerossine, di salvatori dell’umanità…peccato che quando ci sia da condividere il bello, la ricchezza o beni materiali molto difficilmente pensiamo agli altri con tanta facilità.


Dove sta l’inganno?
L’inganno è nel ritenere che siano sempre gli altri ad avere bisogno di cambiare e che per noi va sempre tutto bene. Come se utilizzassimo per gli altri la teoria evolutiva dell’essere umano e per noi una teoria della staticità. È possibile!?
Un altro inganno è nel riporre nelle mani degli altri la nostra felicità “se l’altro fa questo io sarò felice!” ne sei proprio sicuro? Se è così allora lascia che ti dica una cosa: sei spacciato in partenza. Basterà che la volontà dell’altro sia differente dalla tua per farti sprofondare (ma di questo sarà bene che ne parliamo la prossima volta per non mettere troppa carne al fuoco).
Molto spesso mi si chiede, anche in psicoterapia, di fornire strumenti per cambiare il comportamento del partner. Inutile dirvi che a quel punto,con tutta la delicatezza possibile diventa indispensabile spostare l’attenzione dall’altro al sé. Ognuno di noi vuole sentirsi confermato per ciò che fa, pensa, dice. Ognuno vuole sentirsi stimato e riconosciuto. È allora perché questo non dovrebbe valere anche per l’altro?
Se non valesse anche per l’altro sarebbe cosa grave, molto grave. Significherebbe che stiamo chiedendo all’altro di essere un oggetto, di essere esattamente per come noi lo vogliamo o meglio ancora per come serve a noi per confermare la immagine di noi stessi e per appagarci.
Insomma un altro diverso da noi che fa ciò che vogliamo noi! Che meraviglia! Solo che non siamo a Disneyland, né in qualche fantastico mondo dei desideri, siamo nella realtà e nella realtà, perché la felicità possa essere di tutti, c’è un accorgimento, quasi una ricetta magica: FA ALL’ALTRO QUELLO CHE VORRESTI FOSSE FATTO A TE.
Meraviglioso, non trovi? Magari l’hai già sentito dire e ti chiedi se funziona davvero[1]. Solo che non sempre è così facile che quello che tu vorresti sia fatto a te coincida con quello che l’altro vorrebbe per sè. E allora come la mettiamo?
Ecco un altro segreto di pulcinella: siamo esseri umani e in quanto tali dotati di parola, di empatia e variegati. Niente paura, le prime due cose si imparano, l’altra è un dato di fatto e non ci puoi far nulla. Eh si! So anche che a parlare impariamo, bene o male, quasi tutti ma ad essere empatici: beh! Su questo hai ragione non tutti se la cavano. Ricorda: puoi sempre migliorare! Basta solo cominciare e ti accorgerai che è molto piacevole entrare in risonanza con le emozioni dell’altro, con le sue situazioni di vita e soprattutto ti accorgerai che crea molta vicinanza. Prova ad ascoltare di più ciò che gli altri dicono, vivono e mostrano. Guardale in faccia, osserva con tenerezza i loro comportamenti e vedi cosa accade.
Allora buon allenamento!





[1] Si lo so! Già ti sento brontolare. Troppe volte la vita ti ha rifilato delle sole e certamente non ti fidi. Lo capisco. Ma ascolta: hai mai sentito parlare di un invito a gettare le reti dall’altra parte? Ad agire un fuori schema? A fare una cosa che per i tuoi canoni e per i tuoi amici e parenti potrebbe apparire del tutto illogica? Ti invito a pensarci. Magari cambiando schema può darsi che qualcosa di diverso accada anche nella tua vita. Hai qualcosa da perdere? Sappi, e ricordalo bene: LA FELICITA’ E’ PER TUTTI!

19.10.13

Felici di essere single o single felici?


L’erba del vicino è sempre più verde, si dice! Ed ahimè non è solo un modo di dire. Tendenzialmente sono poche le persone felici di come sono e di ciò che hanno, che vivono bene il loro tempo presente: tre condizioni essenziali per il vivere bene e felici. Queste persone attraversano meglio di altre anche le situazioni più difficili e dolorose. I più, invece, rincorrono ciò che non hanno. Condizione che, purchè non si cronicizzi o diventi uno stato di insofferenza, è una tappa indispensabile per portare ai cambiamenti desiderati.
Essere single per alcuni è una sfortuna, per altri un disagio, per altri ancora un privilegio, per altri una fase di passaggio. Per te come è?

L’essere single è prima di tutto una condizione esistenziale indispensabile. Se non siamo prima “separati dall’altro” non possiamo stare bene “con l'altro”. Se non siamo separati ci “appoggeremo” costantemente all'altro e questo con il tempo logora fortemente i rapporti, anche quelli più belli e non solo in amore.
Il tempo in cui sei single diventa allora un tempo prezioso in cui prepararti per l’incontro (già perché via via che andremo avanti ti accorgerai che ci sono un po’ di tappe fondamentali per passare dall’essere single all’essere in coppia e alcune sono indispensabili, come quella dell’incontro che vedremo più avanti). È un tempo in cui concludere il passaggio dall’essere figlio all’essere adulto, è un tempo in cui conoscerti fin nel profondo, in cui imparare a guardare fuori di te, all’altro inteso come “altro essere umano come te ma diverso da te”.

E tu, come vivi e/o come vorresti vivere il tuo essere single di questo momento?
Sì perché una cosa te la voglio dire subito: puoi parlare solo per il momento presente. Ciò che il futuro ti riserva non ti è dato ancora di saperlo. Ciò che puoi fare oggi è semplicemente una scelta: in che modo vivere la tua situazione attuale (con tristezza e rassegnazione? Con vittimismo e recriminazioni? Con orgoglio e fierezza? O piuttosto con un atteggiamento di apertura e curiosità ma anche di attesa costruttiva?)
Attenzione, c’è una trappola: dedicarti a tanti aspetti della vita che altrimenti trascureresti va bene, anche benissimo ma potrebbe accadere che questi diventino il centro della tua vita e allora lo scopo per cui dovrebbero servire (arricchirti come persona) rischia spesso di diventare un altro (non puoi più fare a meno di loro) facendoti perdere di vista ciò che nel tuo più profondo desideri.
E te ne accorgi subito. Una persona felice di essere single non vuole rinunciare ai suoi spazi, a come ha strutturato il suo tempo, ai suoi hobbies, tutte cose molto belle. Un single felice continua ad usare i suoi spazi, struttura il suo tempo, coltiva degli hobbies ma a tempo debito ha quella liberta interiore che gli permette di posporli, fino a rinunciarci se proprio è necessario, per realizzare ciò che di più bello porta nel cuore. Egli ha compreso che non sono le cose che fa a renderlo felice ma il suo stare bene nelle cose che fa, qualunque esse siano.


In fondo è il modo come vivi la tua situazione che fa la differenza. 


Pensaci un pò su...

23.9.13

Meglio soli che male accompagnati?

Durante un viaggio di qualche tempo fa incontrai due signore che mi conoscevano sin da ragazzina, entrambe sposate ed entrambe con figli. Mi chiesero come stavo e se ero fidanzata, risposi di no e si stupirono. 
Qualche istante di silenzio e poi... la prima, per superare l'imbarazzo di non saper come proseguire aggiunse tentando un'espressione di complicità ammicchevole sul volto "Meglio così! In questo modo sei libera di fare ciò che vuoi". La seconda signora a questo punto non può più tacere e interviene "E' un esperienza che devi fare, se hai al fianco la persona giusta si condivide ogni cosa, nel bene e nel male e c'è tanta gioia".
A chi delle due daresti ragione?
Un input per farti un idea lo trovi nella "antica storia Cherochee" pubblicata sulla barra laterale dell'home page, almeno per spiegarti come mai ci possano essere posizioni tanto diverse sulla stessa situazione.

Quante volte anche tu ti sei trovato a vivere situazioni in cui nell'altro hai letto l'imbarazzo del non saper che dirti e subito dopo hai ascoltato frasi dette così, solo per riempire l'etere ma che hanno un grande ascendete sui pensieri che interiorizziamo, le idee che ci facciamo?


Ognuno ti indica il suo personale sentiero e ci vuole molta saggezza per lasciare a ciascuno la possibilità di farsi la sua personale opinione e molta determinazione per CONCEDERSI di invertire la rotta.
Se ritieni che anche per te sia necessario passare dalla posizione della prima signora a quella della seconda, VIENI E VEDI! Il programma ESEC fa per te.
"Essere single Essere in coppia" altrimenti noto come AMORE E'... ha l'obiettivo di svelare i retroscena dell'amore, di frenare le illusioni, di imparare dalle tue cicatrici, di toglierti le bende e vederci chiaro, di preparare la strada all'amore che non è ancora arrivato e di rinforzarne i bordi per quello che hai incontrato già.