Visualizzazione post con etichetta Emozioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Emozioni. Mostra tutti i post

23.4.20

La noia nella coppia, come nasce e cosa ci dice

 

Fonte: Città Nuova


È annoverata tra le emozioni tristi eppure contiene in sé tanto potenziale innovativo. La noia si supera ricominciando a pensarsi come entità in interazione ed in movimento


La noia prima di tutto nasce da uno stallo, dal voler rimanere ostinatamente in una fase che non da più nulla, né alla persona né alla coppia. Nasce dalla routine della quotidianità, dal dare per scontato se stessi e l’altro, dal non percepirsi più in una dimensione vitale di crescita personale e di coppia.

Essa è annoverata tra le emozioni tristi eppure contiene in sé tanto potenziale innovativo. È un luogo comune diffuso pensare alla noia come la fine di una storia ma così facendo si nega alla relazione la sua dinamicità interna ed il valore della noia come occasione di crisi e cioè di rimettere in moto ciò che si è lasciato assopire.

Le abitudini infatti hanno un alto indice di sicurezza, ma occorre stare attenti a non perdere attraverso di esse la vivacità dello scoprirsi e riscoprirsi per non spegnere le passioni. La noia arriva a segnalare non tanto che si è entrati in una zona di comfort quanto piuttosto che quella zona sta diventando scomoda e che occorre fare qualcosa. Quando si arriva a questo punto molto spesso uno dei due, quasi sempre la donna, “le ha già provate tutte” mentre l’altro è distratto dagli stimoli esterni e “vive come una seccatura” gli input del partner.

Le donne poi si arrendono molto velocemente di fronte alla poca voglia che gli uomini hanno del rimettere in discussione l’ordinarietà, e spesso sono convinte di dover fare da sé per dare stimoli alla coppia o di poter fare da sé escludendo il partner. In tutti i casi ci si dimentica della dimensione a tre in cui si vive: io, tu, noi.

Lo stallo nella sua accezione positiva testa se la coppia è pronta ad avviarsi ad una nuova fase, ed indica che il precedente modo di funzionare è obsoleto, che occorre co-costruirne uno nuovo che sia funzionale all’attuale stato e maturità delle persone che compongono la coppia. occorre dotarsi di strumenti per trasformarla in pedana di lancio. L’idea della coppia “che si era” è superata.

Né sono funzionali le forme alternative di essere coppia in cui si perde l’intimità sessuale o si cerca altrove una compensazione. Vivere sdoppiati, giocando in modo rigido alcune parti di sé fuori con gli amici ed altre col partner non permette di essere veramente se stessi.

La noia si supera dunque con un cambio di atteggiamento ricominciando a pensarsi come entità in interazione ed in movimento.

Due errori sono in agguato: la solitudine e gli stimoli esterni. La mancanza di comunicazione dei vissuti e delle nuove acquisizioni crea nella coppia una barriera che allontana l’uno dall’altro.

Contemporaneamente questo modo di fare radicalizza l’abitudinarietà che fino ad allora ha fatto funzionare l’insieme e fissa un’immagine stereotipata l’uno dell’altro in cui diventa difficile cogliere anche le piccole quotidiane evoluzioni. Attraverso il ripetersi meccanico delle azioni le emozioni vengono spente o orientate verso altre fonti di soddisfazione.

Non si può ignorare che ciascuno ha desideri e bisogni che aspettano di essere riconosciuti e presi in carico. Ma come? Nel dialogo per puntare alla crescita di coppia, e facendo tanto esercizio di ascolto, comprensione e riformulazione per esser sicuri di aver capito bene e non metterci del proprio.

Poi usando la creatività e cercando di mettere in gioco parti nuove di sé, dando sfogo alla creatività ed alle idee, ripescando sogni nel cassetto ed a volte superando anche piccoli imbarazzi di mostrarsi un po’ diversi seppur sempre se stessi. Ed infine trovando modi comuni per far si che le tre dimensioni della coppia possano trovare un nuovo equilibrio.

Bisogni ed emozioni non ascoltate cercano altre forme per raggiungere un apparente equilibrio tra cui il malessere, il ricorso a valvole di sfogo e la creazione di vuoti interni o relazionali che alla lunga diventano difficili da colmare.

In questo tempo pandemico siamo stati tutti sollecitati ad ascoltare un po’ meglio il nostro mondo interno. Personalmente ho colto che, in tante situazioni potenzialmente critiche, l’aver accettato la condizione esterna di confinamento in casa ha predisposto molte coppie ad una maggiore capacità di trovare un’intesa e riflettere meglio su quanto normalmente avrebbe rappresentato un punto di criticità.

Come è per voi? Dopo così tante settimane in casa per la quarantena cosa hai scoperto di nuovo del tuo partner e del vostro modo di funzionare? Come è stata la vostra capacità di riadattare la routine consolidata per far fronte alle nuove e tante esigenze del condividere spazi e tempi? Quando hai fatto qualche riflessione su di te, di voi e dei cambiamenti e riadattamenti in atto gliela hai comunicata e come? Hai notato qualcosa di diversamente positivo? C’è qualcosa che l’altro ti ha detto o ha fatto attraverso cui ti ha mostrato qualcosa di nuovo di sé? È rimasto ancora altro che vorresti dirgli e non hai ancora fatto? Il mio invito è ad utilizzare la prima occasione possibile per farlo.

Interessarsi genuinamente all’altro ed alle sue piccole scoperte quotidiane e vicendevolmente comunicarsele tiene lontana la noia.



4.10.19

Ritrovarsi dopo la separazione

Un movimento di chiusura e uno di apertura per le coppie che vogliono riprendere una relazione dopo una separazione.

Fonte: Città Nuova


Ci sono due movimenti interni a mio avviso importanti che i membri di una coppia che vuole riprendere una relazione dopo una separazione o un divorzio devono tener presenti. Essi sono contrapposti ma ambedue necessari:
  • Il primo ha a che fare con il bisogno di proteggersi per non essere più feriti, e questo è un movimento di chiusura. Esso è naturale, fisiologico e in un’ottica di relazionalità esprime l’accortezza che i partner in una relazione intima devono avere quando si rivolgono l’uno all’altro su tematiche delicate, soprattutto se esse hanno a che fare con la fase precedente di separazione. Ciascuno ha i suoi tempi per curare e far cicatrizzare certe ferite. Come in un percorso graduale, mano a mano che i coniugi si sintonizzano empaticamente l’uno sulle modalità dell’altro, riescono a comprendersi e sostenersi, e la capacità di fidarsi e di ri-affidarsi cresce.
  • Il secondo movimento ha a che fare con la scoperta del nuovo, e questo è un movimento di apertura. Esso è in relazione profonda con la libertà interiore di essere in un ascolto dinamico di sé ed esprimersi con congruenza; con la capacità di esprimere i propri bisogni e vissuti senza strumentalizzarli; con la disponibilità a leggere il nuovo che c’è in sé e nell’altro e con la possibilità che ci si da e che si offre di lasciarsi stupire nel cambiamento. Se si è troppo attaccati all’idea pregressa dell’altro, questo meccanismo si inceppa ed occorre cambiare gli occhiali, o quantomeno pulirne le lenti.
Nel ricominciare la messa in gioco di sé è totale. Emozioni e vissuti riaffiorano quando meno ce lo si aspetta. Il pensiero laterale di cui come esseri umani siamo dotati, ed attraverso il quale possiamo osservare la medesima situazione da più angolazioni contemporaneamente, permette di osservare dalla propria visuale ma anche da quella dell’altro. Contemporaneamente convivono più consapevolezze, il vecchio ed il nuovo si sovrappongono e con essi la paura di un nuovo fallimento e la fiducia che questa volta sarà la volta buona. Districarsi tra esse non è semplice. E proprio per questo molti preferiscono investire in nuove relazioni per non affrontare queste zone d’ombra emotive interne.
L’atto del guardare a sé ed all’altro con categorie “nuove” o “obsolete” è un’attitudine e come tale si può allenare. Nel primo caso si rinforza il processo di cambiamento, nel secondo lo si nega.
Anche la fiducia cresce nella misura in cui si sceglie di farla crescere, essa non cresce da sé. Va da se che l’atto della scelta è un atto importante, che solo se fatto in libertà e consapevolezza può generare la determinazione e la tenacia necessarie a generare un nuovo rapporto ed una nuova empatia relazionale, in cui al contempo si vede nell’altro colui che un tempo ha ferito ma anche colui che oggi soffre.
La relazione che si genera conduce necessariamente ad un livello di relazionalità molto più profonda e dialogica della precedente relazione finita male. L’atto del riscegliersi, nonostante il fallimento precedente è un atto che ha in se un potere rigenerativo. Non a caso molte coppie che si accingono a ricominciare partono da una dimensione di perdono, e si lasciano sostenere in percorsi di psicoterapia di coppia o cammini di condivisione ed autosostegno in piccoli gruppi come Retrouvaille, soprattutto lì dove la ferita è stata più profonda. E si scopre che ciò che un tempo era solo teoria, può essere anche realtà: ovvero che si è in cammino e che sulla strada si è in due.
È interessante notare che tra le statistiche Istat di matrimoni, separazioni e divorzi, non esistano dati anche parziali su chi riprende la relazione precedente. Questo trend così poco indagato finisce (secondo le supposizioni degli avvocati matrimonialisti, di sociologi e psicologi) nel calderone di coloro che ci ripensano per convenienza economica o per la paura del cambiamento, la fatica del ricostruirsi una storia, la solitudine emozionale, una relazione collaterale che non ha mantenuto le sue promesse, ecc. In questo calderone le esperienze, i vissuti, gli intenti, il coraggio di chi sceglie di ricominciare si annullano dietro al bisogno o all’interesse di un tornaconto.
Il ritornare insieme puntando sulla relazione e sul riinnamoramento non può essere una scelta di comodo, anzi, emotivamente è altamente scomodo. È un atto libero di messa in discussione di sé e di ciò che ha portato al fallimento della prima fase della relazione. È un dirsi vogliamo ancora credere nel nostro amore, nella relazione e vicendevolmente in ciascuno di noi. È decidere di scommettere questa volta con l’esperienza e la maturità affinché le cose funzionino affinché si possa dire “Buona la seconda!”

27.6.19

Emozionarsi, senza paura




Alcune emozioni sono temute, represse o giudicate poiché ritenute socialmente inaccettabili o pericolose, eppure sono indispensabili alla nostra vita e per stabilire rapporti profondi con sé stessi, con gli altri e con l’intero creato.


L’emozione è l’espressione di un messaggio che il corpo rimanda. Essa origina in primis nel nostro cervello, dove in risposta ad uno stimolo, interno o esterno, ed alla sua elaborazione si genera un pensiero ed un’attribuzione di senso. Essa porta con sé un messaggio cifrato che mediante l’accompagnamento dell’adulto e l’educazione emotivo-affettiva, sin dall’infanzia possiamo imparare a riconoscere e comprendere sia nelle manifestazioni che nel significato. Il tipo di educazione emotivo-affettiva che si riceve non è l’unica spiegazione del perché le persone hanno rapporti diversi con le emozioni: questi dipendono anche dal personale grado di maturazione raggiunto che è differente in base all’età e all’esperienza.
Sappiamo che alcune emozioni sono universali e vengono vissute allo stesso modo in tutte le culture. Alle prime appartengono tutte le emozioni primarie, approfondite anche nel kit del giornalino Big “Grandi emozioni a piccoli passi“. Sono: gioia, paura, tristezza, rabbia, disgusto e sorpresaTra le emozioni secondarie troviamo ansia, allegria, vergogna, senso di colpa, gelosia, nostalgia, rassegnazione, rimorso, offesa, delusione.
Pregiudizi sulle emozioni
Alcune emozioni sono temute, represse o giudicate poiché ritenute socialmente inaccettabili o pericolose
. Ad esempio la rabbia, il disgusto, la paura, l’ansia, la vergogna, il senso di colpa vengono sovente collegate con una possibile perdita di controllo e con una cattiva immagine di sé. Eppure senza di loro ci rassegneremmo alle ingiustizie, resteremmo esposti al macabro, trascureremmo i pericoli, non avremmo segnali per capire quanto per noi quello che sta per accadere è importante, non metteremmo limiti all’indecenza, né saremmo consapevoli dell’entità degli effetti del nostro comportamento. Queste emozioni sono scomode poiché mettono in discussione, invitano a scoprire e riconoscere i propri limiti al fine di superarli.
Senza una sufficiente familiarità con esse si può esserne spaventatiÈ l’esperienza di quanti provano ansia generalizzata. Essi avvertono una serie di reazioni psicocorporee a cui non riescono ad attribuire né significato né connessioni logiche con la loro esperienza. Non essendoci comprensione né accoglienza di quanto accade, le reazioni si amplificano e la persona, non sapendo come comportarsi, ne è spaventata.
In generale si crede di dover mostrare solo alcuni tipi emozioni al fine di dare un’immagine di sé coerente, senza considerare che così facendo si propone un’immagine statica di sé e ci si costringe a non provarne molte altre che sarebbero invece coerenti con le situazioni contestuali. In questi casi il mondo affettivo-emozionale della persona diviene gradualmente sempre più ristretto e coartato.
Le emozioni ci attendono
Se è vero che esse si apprendono sin da piccoli è anche vero che affinché l’adulto accudente possa trasmettere la capacità di riconoscerle e gestirle è necessario che a sua volta l’abbia appreso. Imparare a familiarizzare con le emozioni anche da adulti si può. Esistono training sulla gestione delle emozioni e sullo sviluppo di una intelligenza emotiva che servono proprio a questo.
Le emozioni sono basilari in tutti i contesti in cui viviamo e gli studi sull’intelligenza emotiva confermano l’importante ruolo che esse svolgono nelle interazioni e nel lavoro. Senza di esse la relazionalità e la salute mentale sarebbero minacciate e con esse anche molte altre forme di interazione con il mondo circostante.
Se da un lato le emozioni possono rappresentare una sfida, al contempo sono una grande risorsa per stabilire rapporti profondi con sé stessi, con gli altri e con l’intero creato.
Dr.ssa Antonella Ritacco

Fonte Città Nuova  

10.5.19

Imparare a volersi bene



Se non si è capaci di prendersi cura di sé stessi e di apprezzarsi non si può neanche riuscire bene a dare attenzione e amore agli altri.

Nella ricerca del partner non sempre tutto scorre liscio. In alcuni casi si può arrivare anche a perdere la fiducia in sé o nell’altro, ad arrabbiarsi o addirittura a rassegnarsi di fronte alle situazioni che non cambiano. In questo groviglio di sofferenza la persona rischia di trascinarsi per anni. Impossibilitata a uscire fuori da un circolo vizioso che parla di alcune ferite aperte e mai del tutto sanate, perché troppo dolorose da curare. La si ascolta parlare dunque in modo rassegnato su come vanno o sono andate le cose nella sua vita, ora arrabbiata verso sé stessa, ora verso l’altro, ora verso la vita stessa.
Queste persone hanno in genere delle consapevolezze a metà, mancano cioè delle dovute connessioni l’una con l’altra. Ci sono dei processi che la nostra mente a volte opera per tutelarci da verità ritenute troppo dolorose per l’equilibrio emotivo e la stabilità interna della persona. Per questo motivo al posto delle connessioni logiche, che darebbero senso e permetterebbero di superare questi blocchi proprio attraverso l’attraversamento del dolore, si vengono a formare delle deduzioni spesso illogiche che però hanno una parvenza di verità nella mente dell’interessato.
Durante una conferenza per single una donna di circa 45 anni si interrogava rassegnata su che senso potesse avere alla sua età mettersi in discussione, affrontare un lavoro terapeutico. Il suo punto di osservazione partiva dal fatto che riteneva già chiusa la possibilità di una relazione e di una famiglia. Con rabbia raccontava dei rimandi negativi avuti da più parti nella sua vita. Si poteva percepire nelle sue parole un dolore profondo, una rabbia ed una rassegnazione.
Il dolore profondo è legittimo. L’umanità ferita grida dentro ciascuno quando sente che non gli viene resa giustizia e non essere rispettati per ciò che si è, ma valutati per ciò che si fa, arreca dolore. Umano è anche voler tacere questo dolore, così come può accadere di provarne vergogna sentendosi inadeguati. Umano è il tentativo di cercare di nasconderlo agli occhi ed al cuore e di far finta di nulla per sopravvivere. Umano, ma non logico! Perchè senza dolore nessun bruco diventa farfalla, non c’è nascita né vita, non c’è crescita, non c’è sviluppo interiore.
La rabbia è energia vitalefinché c’è rabbia nelle persone c’è anche una speranza. È quando la rabbia diventa distruttiva che la persona perde il lume della ragione e l’energia vitale che le sottostà non può svolgere la sua azione. Ove c’è rabbia c’è un bisogno o un diritto leso. Imparare ad ascoltare questa rabbia alleggerisce tensioni muscolari, alleggerisce la mente ed i pensieri, permette di prendersi il tempo per riflettere e comprendere non solo da dove essa origini, ma come occuparsene.
La rassegnazione è misura ed indice della resa e perdita di speranza di fronte al pensiero “non c’è nulla che si possa fare”. Più essa è grande più si è vicini alla l’ultimo stadio prima di gettare la spugna ed arrendersi ad una vita che sovrasta. Ma è proprio vero che non ci sia nulla da fare?Molte volte ci si arrende senza neppure provare. La paura di misurarsi con una situazione, l’inesperienza nell’utilizzare le proprie competenze, la difficoltà a volte di riconoscersele, il pregiudizio di dovercela fare da soli e la conseguente difficoltà a chiedere aiuto fanno sì che si sovrastimi la reale entità della situazione e si disconoscano le risorse disponibili, quelle proprie e dell’ambiente circostante.
Raggiungere una nuova visione di sé come persona degna, implica un risveglio emotivo verso la propria persona e di imparare a guardarsi con occhi nuovi. Innamorarsi di sé è un atteggiamento, è una nuova primavera dei sensi che consta in piccole accortezze: dal fare cose belle e buone per sé stessi che restituiscano un senso di valore alla propria persona, al trattarsi bene, ad esempio curando il proprio aspetto o il proprio ambiente senza alcuno scopo specifico.
Riacquistato questo amore verso sé stessi, si può meglio amare anche l’altro. D’altronde il presupposto per amare è e resta “Ama l’altro come te stesso”, che indica chiaramente come senza prima un amore a sé, l’amore all’altro non ha una struttura, un modello a cui riferirsi.

Per visualizzare l'articolo pubblicato su Città Nuova on line, nella rubrica #Felicemente, clicca sul link qui sotto.
https://www.cittanuova.it/imparare-volersi-bene/

4.1.19

Parliamo di noi, come coppia




L’essere un noi nella coppia è una tappa che si raggiunge col tempo e con esso si affina anche la capacità di narrare, a sé stessi ed agli altri, di sé come coppia  



Siamo abituati a pensare alla coppia che vive delle situazioni, fa esperienze, attraversa dei momenti a volte anche di stallo. Una coppia in generale come soggetto attivo, che fa.
La coppia che si racconta è una rarità. Si necessita di un pensiero che accoglie e che integra il vissuto, il punto di vista dell’altro, che opera un meccanismo in cui viene riconosciuta verità e validità ad entrambi. Le congiunzioni utilizzate diventano “e…e”, invece che “o…o”.
Di recente mi è stato chiesto, da una giovane ragazza, cosa potesse leggere per capire meglio come funziona la relazione di coppia. Ascoltandola percepivo che il suo bisogno era di fare esperienza di come funziona una coppia, di andarle a conoscere. Vale certamente anche un racconto scritto, sebbene il farne esperienza, l’osservare i processi di interazione tra i due membri, permette di cogliere degli spetti difficilmente esplicabili in un elaborato scritto.
Che cosa c’è di speciale nella coppia che racconta sé stessa? Ed a chi fa bene?
Quando una coppia si racconta, attiva in sé stessa un processo di autoriflessione tutt’altro che spontaneo. Si può dire qualcosa di sé in tanti modi ma quando questa verità sta incontrando la verità della narrazione dell’altro per fondersi in una, può non essere facile. Occorre che crollino le barriere del giudizio e del pregiudizio, dell’orgoglio, del naturale bisogno di dare una bella immagine di sé, del rimettere in discussione in sé stessi ciò che si era pensato e ritenuto vero fino a quel momento.
Si scoprono nessi che non si pensavano attraverso l’uso delle risonanze, cioè, quanto viene dall’altro raccontato produce degli effetti nell’animo e nei pensieri dell’altro e questo permette di sviluppare empatia. Il risultato è che si continua a costruire intimità e la relazione diviene sempre più salda e armoniosa.
Ogni coppia dovrebbe prendere giornalmente o almeno settimanalmente un po’ di tempo per sé stessa e per raccontarsi. Un tempo in cui poter essere lievito per la relazione.
 Questo racconto a due voci ed un cuor solo in alcune circostanze può risultare utile anche ad altri. È il caso di chi ascolta delle testimonianze. La storia di una coppia può fungere da stimolo per riflettere su aspetti di sé, su modalità relazionali, può offrire esempi di modi in cui compartecipare a delle scelte o alla soluzione di problemi.
A beneficiare di questa esperienza sono: la coppia stessa, le altre coppie ed i single, soprattutto se single di lunga data o con esperienze deludenti di relazione. La coppia che si racconta riceve feedback e nuovi impulsi per ripensarsi, anche attraverso le domande che le vengono rivolte.
Le coppie che ascoltano possono trovare in questi racconti dal vivo elementi per confrontarsi e per crescere nella relazione. I single possono trovare in queste testimonianze l’occasione di comparare la propria idea di relazione e di amore con quella di qualcun altro, osservare dal vivo differenti modalità di comportamento tra i partner. Spesso questo è utile al fine di chiarire alcuni concetti e preconcetti sulla relazione amorosa, oggi così tanto confusiva se non a volte lesiva dello sviluppo emotivo delle persone.
Possibili equivoci da evitare
Giungere ad una versione unitaria della propria storia di coppia non vuol dire che si tratti di una versione identica e che le differenze sono annullate. Una versione unitaria offre invece l’occasione di accorgersi, esplicitare e tener conto del personale modo di vedere e vivere una situazione da parte di ciascuno. Sarà normale che il racconto del marito si basi su alcuni aspetti mentre quello della moglie su altri, sebbene entrambi possano conoscere quanto appartiene all’altro.

  • Nel raccontarsi agli altri occorre tener presente uno dei principi che guida la relazione di coppia: la sacralità e dunque la custodia dell’intimità. Non esiste un vero confine tra ciò che si può e ciò che non si può dire. Esso dovrebbe essere di volta in volta regolato in base all’accordo reciproco tra i partner, al principio di utilità di ciò che si racconta, di contestualità rispetto al luogo ove si porta la propria testimonianza. La preziosità del dono della propria esperienza di coppia non può essere confusa con il bisogno di far sapere a tutti le proprie cose.
  • Inoltre è sempre importante ricordare di non assurgere la coppia a modello. Un modello si applica tout court, l’esperienza raccontata appartiene alla coppia e necessita di essere filtrata ed adattata alla propria storia personale. Non può essere asetticamente applicata alla propria vita, non calzerebbe. Ed inoltre si rischia di emulare o di non sentirsi mai all’altezza degli altri né mai soggetti attivi della propria vita.


L’essere un noi nella coppia è una tappa che si raggiunge col tempo e con esso si affina anche la capacità di narrare, a sé stessi ed agli altri, di sé come coppia. Questa narrazione, indipendentemente dall’essere invitati a portarla ufficialmente o dal riportarla spontaneamente al vicino di sedia ad un banchetto, ha confini non misurabili. Anche in questa narrazione spontanea di sé come coppia, ogni volta si sta donando qualcosa di sé di molto prezioso di cui quasi mai si sa quali frutti ha portato.

Per visualizzare l'articolo pubblicato su Città Nuova on line, nella rubrica #Noidue, clicca sul link qui sotto.
https://www.cittanuova.it/parliamo-di-noi-come-coppia/


4.6.18

Innamorarsi in primavera

Quali sono i fattori che favoriscono e incoraggiano lo sbocciare di nuovi amori? Veramente il tempo e le stagioni possono influenzare la nascita di nuove relazioni. Quali altri elementi sono indispensabili?
Vediamo alcuni spunti in questo articolo.

Per leggere l'articolo pubblicato su Città Nuova on line, nella rubrica #Felicemente, clicca sul link qui sotto


https://www.cittanuova.it/innamorarsi-in-primavera/


11.8.17

Se si taglia il cordone con la famiglia

Le reazioni emotive interne. Le possibili difficoltà. Come accettare i propri bisogni senza sentirsi in colpa. L’importanza di riconoscere il valore del proprio impegno.


Per leggere l'articolo pubblicato ieri su Città Nuova on line, nella rubrica #Felicemente, clicca sul link qui sotto.

https://www.cittanuova.it/si-taglia-cordone-la-famiglia/

15.2.17

Occhi per vedere e tempo per conoscere: il nostro augurio per San Valentino 2017 arriva nel giorno di San Faustino

Il nostro pensiero in questi giorni va alle tante coppie conosciute in questi anni (da quell'ottobre 2010 i volti ed i nomi sono tanti) ed ai, molti di più, single che con Esec o in altri modi hanno deciso di mettersi in cammino non più verso un amore ideale ma verso un amore concreto fatto di bivi e di scelte, di progetti e gesti d'amore, di gioie profondissime, di litigate e corse a perdifiato, fatto di sospensioni e di silenzi per comprendere meglio se stessi e l'altro e ogni volta della voglia di ripartire e ricominciare e ritrovarsi. E´un rapporto intimo che le coppie fanno insieme ed i single sono tenuti a fare con se stessi...per ora!

Il nostro augurio è che ciascuno abbia occhi per vedere e per lasciarsi stupire dalla Vita, Vita che ha i suoi tempi ed i suoi giri per condurre lì dove c'è un Bene, un Buono ed un Bello che attende solo di essere s-coperto e troppe volte ha un nome ed un volto diverso da come te lo eri prefigurato. Sarà forse per questo che ogni innamorato sente in cuor suo che l´amato è un dono? Di fatti nel dono è la sorpresa che va scartata (ovvero scoperta) per essere conosciuta.

Un pensiero speciale ai tanti che attendono il loro 'incontro': continuate a prepararvi per essere anche fuori la bellezza che avete dentro.

Noi siamo con voi!
Anche in questo nostro tempo di silenzio, di comparse e scomparse che serve a comprendere e ri-generare. E sentiamo che anche voi siete con noi e questa è RELAZIONE!


Grazie da noi

A&H (alias Antonella Ritacco e Holger Sawatzki)


#Esec
#labellezzadellebuonerelazionivincesempre
#atupertuconlospecchio


22.7.15

Come reagire alla rabbia degli uomini

Dell'uomo si dice che abbia più forza muscolare, che il suo comportamento è regolato dal testosterone e che per effetto di esso è portato ad agire. Certamente ogni cosa è vera in sé e per sé. Ma il gioco è presto fatto: l'uomo è anche un essere razionale ed ha una coscienza emotiva e può scegliere di utilizzarla o non utilizzarla. Quando la utilizza è l'uomo che tutte noi donne sogniamo, sa fare, pensare, comunicare, far emozionare, ha delle mete e dei valori. Quando sceglie di non usare tutte le sue capacità gli partono i 5 minuti e non ha più il controllo di sé.

Un uomo violento è un uomo che non è mai stato stimato, che deve prendere con la forza ciò che nessuno mai gli ha dato. E' un uomo che ha un nucleo molto fragile, quello che attrae le crocerossine al grido di "Io ti salverò", "Io ti amo come mai nessuna ti ha amato prima, e..." giù con le giustificazioni, le coperture, i mascheramenti e le chiusure, si ma con il resto del mondo perché non sappia, non si accorga e tutto appaia sereno.

Quello che si può vedere è la maschera di facciata. Una facciata non sempre osservabile ad occhio nudo ma che richiede alla persona una energia infinita per scindere le sue parti buone e le sue parti inaccettabili. Di fatti non di rado l'accusa è alla vittima "L'hai voluto tu! Se tu non facevi questo era tutto perfetto tra di noi". Più di rado la brutalità traspare da molti atteggiamenti che definiremmo di poca galanteria, delle inattenzioni, così spesso vengono lette dalle donne rese cieche dall'amore "E' distratto. Non ci ha pensato. Era preoccupato per un altra cosa." E giù con le giustificazioni che questa volta la donna stessa fornisce all'uomo.

Tra vittima e carnefice si innesca una vera e propria dipendenza che non è solo fisica ma anche emotiva. I due partner si confermano a vicenda le loro parti deboli e ferite:

LEI "Tu sei buono ed io lo so, mi basta il tuo attimo di sorriso, il regalino per dirmi che mi pensi, la sfuriata che mi dice che mi ami e che sei preoccupato per me e che mi vuoi proteggere". E' la trappola mentale in cui cade la donna vittima di un uomo violento. Ogni gesto di lui è letto in funzione del bene che le vuole e non del male che le fa. E' una donna tutta protesa a voler cogliere l'intenzionalità positiva dell'uomo, non può concedersi di dubitare di lui (se così fosse scatenerebbe oltremodo la sua ira e non potrebbe confermargli che lui è buono. E' la scommessa della sua vita. Costi quel che costi!).

LUI "Tu non ti fidi di me, se tu ti fidassi di me vedresti che io sono buono e che faccio di tutto per te. Se tu mi vedi buono io sono buono e soprattutto quando mi sfogo è perché tu non vai bene. Il mio essere buono con te, te lo devi meritare, non è scontato. Nessuno mi ha regalato mai niente. E allora datti da fare!" E' un uomo che cerca nell'altro la conferma costante di ciò che fa e che può essere. Ma non lo fa al modo dei timidi ed introversi, lo fa al modo dei presuntuosi e dei violenti. L'altro è totalmente in funzione di lui, non può avere una identità sua, serve a lui ed a conferma della sua identità. Che la donna si allontani è inammissibile senza il suo consenso, e poiché lei è il perno della sua identità, da lei dipende il suo essere confermato, la partner questo permesso non potrà mai avercelo.

Ecco che la situazione diventa una trappola in cui la coppia deve necessariamente isolarsi o vivere in contesti che sono intrisi di questa stessa cultura della violenza (fisica e psicologica insieme). Colui che prova ad uscirne è il traditore. A poco valgono i tentativi di parenti ed amici, il patto interno ed implicito tra i due è difficilissimo da spezzare.

Cosa può fare una donna: rifuggire l'isolamento emotivo, confrontarsi con amici e parenti, tenere vivi i suoi hobby e coltivarli sin da ragazza. Da adulti si fa ben poco, anche in situazioni di pronto soccorso, denunce e ricoveri spesso la vittima è così succube che nega anche oltre l'evidenza. Il fenomeno si può prevenire ma sul momento si ottiene molto poco. Strategie di prevenzione nelle scuole, nei gruppi adolescenziali, nelle famiglie possono essere un buon modo di prevenire lo sviluppo di una forma mentis passiva e debole che fa si che la donna si predisponga ad essere vittima.

Cosa può fare un uomo: riconoscere che in lui coabitano dottor Jeckyll e Mr. Hyde esattamente come in ogni altro uomo c'è una parte buona ed una parte "cattiva" e che in base a quale delle due nutriamo con i nostri pensieri e le nostre azioni il corso della nostra vita e dei nostri comportamenti può cambiare. Anche qui è molto difficile, se non impossibile, intervenire in età adulta. L'optimum sarebbe l'intervento precoce sin dalle scuole primarie, lì dove il bambino può ricevere quelle attenzioni e riconoscimenti che gli serviranno da adulto per riconoscere ed identificarsi con i suoi valori. Le azioni di prevenzione del bullismo e della violenza in famiglia partono da molto prima che il fenomeno si manifesti.

http://www.huffingtonpost.it/2015/07/16/video-segnali-violenza-donne-_n_7807758.html (Video sugli inganni del cervello nel selezionare le informazioni che vogliamo vedere a discapito di quelle che non vogliamo accettare) 




Come intervenire con un uomo aggressivo

Se è una persona con cui hai una relazione: la denuncia e la chiusura della relazione sono l'unica difesa possibile, a volte la fuga è necessaria. Il primo passo da fare è in ogni caso decidere di farsi aiutare se lui non è consapevole del suo bisogno di aiuto (e difficilmente lo accetterà). 

Se è una persona che stai iniziando a frequentare. Stai in allerta sin da subito ai primi segnali di inattenzione costante, di malessere, di non stima, di disconferma di te. Non chiuderti al dialogo ed al confronto con gli altri. Parlane con chi ti vuole bene. 

Esistono sul territorio nazionale diverse forme di centri anti violenza specializzati per l'intervento di aiuto alla donna maltrattata: Differenza donna, SOS Donna, Telefono Rosa, ecc. ecc.



Segue dal post precedente sulla rabbia delle donne

6.7.15

Come reagire alla rabbia delle donne


C'è un uomo da punire!
Non importa se quelle colpe le ha commesse lui, se si riferiscono ad altri tempi ed epoche, non importa se sei tu nel tuo intimo che non ti senti forte, valida e degna, non importa! È importante che il nemico ci sia e sia fuori di te, che tu ti senta buona e senza macchia. Solo così la tua insofferenza e la sofferenza di tante donne nel passato, magari l'insoddisfazione di tua mamma, tua nonna, tua zia, la tua insegnante, potrà essere compresa dall'universo maschile schiacciato e costretto a subirla. E poichè non importa se la colpa è stata sua allora spari a raffica su chiunque appartiene a quella categoria, qualunque età abbia, anzi no. 

Se sei mamma, fino ai primi due anni di vita, forse speri ancora che quell'uomo in bocciolo che hai partorito sia diverso. Ti scontri ben presto con la dura realtà: questo ometto in miniatura per crescere ha bisogno di differenziarsi e deve poter sperimentare il valore di un 'no'. Questo ti manda in crisi: "non sono una buona madre, ecco mi rifiuta, eccone un altro, l'ennesimo!"

Ma poi quel furbetto sa farsi amare e fa tante coccole e allora eccoti di nuovo pronta ad essere tutta per lui...ma ecco che una nuova fase si affaccia. A 6-7 aa desidera avere amici con cui giocare "ecco l'ingrato, mi sta già abbandonando."

Ma poi ritorna ancora così coccolone, così voglioso di sperimentarsi ed essere guidato e le acque si chetano nuovamente: è la fase di latenza, sempre più breve e con troppi stimoli non ancora del tutto comprensibili. Ma non è ancora finita: arriva l'adolescenza con i suoi si (così pochi) ed i suoi NO (così tanti) (così troppi) ed i suoi urli 'lo vuoi capire si o no che sono una persona come te ma diversa da te?'.

Ed ecco che nei più arriva la frattura, "quel fagottino che eri e non sei più è sparito e sei rimasto solo un giovane uomo come tutti gli altri e mi abbandoni anche tu" e giù con di tutto 'sei un ingrato, non sei capace ma quando cresci, mai che ti vedessi fare una cosa giusta..." Eccolo lì, distrutto inerme. Esternamente un bel ragazzo ma interiormente quasi un vegetale senza più la consapevolezza del valore di sè.
Ecco cosa può produrre una donna aggressiva.


Per lui: con quale animo ti affaccerai alle relazioni intime? Riuscirai a credere che ce la puoi fare o sarai sempre un passo indietro ad ogni donna forte che incontri e le uniche a cui potrai permetterti di avvicinarti saranno le così dette crocerossine o peggio ancora quelle che Nardone chiama le "leccatrici di ferite"? oppure ricercherai costantemente una donna che ti svaluta per cercare di dimostrare che in realtà vali? Smetti di compiangerti e riprenditi in mano il tuo potere.

Per lei: qualunque siano le tue ragioni e i tuoi dolori puoi sempre scegliere di andare avanti e di volerti bene per come nessuno forse ha saputo volertene. Scaricare la tua sofferenza su di un altro ti renderà ancora più vuota, triste e sola. Dietro alla corazza anche tu sei un essere umano come tutti gli altri ed hai voglia di essere amata per poter imparare ad amare. Riprendi le redini della tua vita e della tua felicità, non confonderti. La vendetta non ti appaga.


Come intervenire con una donna aggressiva

"Non c'è miglior sordo di chi non vuol sentire". Se una persona ti offende, ti insulta, ti aggredisce, scansati. E' il primo modo per interrompere la violenza. Se è accanita non sarà disposta ad ascoltarti finchè non avrà esaurito tutte le sue cartucce, e ne ha tante!

Se è una persona a cui sei legato: ti allontanerai giusto il tempo di lasciarla calmare e poi proverai a parlarci in serenità a mente lucida (la tua e la sua).

Se è una persona che stai conoscendo adesso: gira alla larga se non vuoi fare il salvatore a vita.

A volte le persone vanno lasciate nel loro maremoto interiore a decantare. Un persona ferita sente il bisogno prima di tutto di difendersi e benché animato da tutte le migliori intenzioni non prendertela ma non hai alcun potere di farle firmare un armistizio se non è lei a volerlo. Ci saranno sicuramente tempi migliori e certamente altre donne pronte a volerti conoscere.



Seguirà a breve il post sulla rabbia degli uomini e come difendersene.




24.6.15

Le emozioni dipingono i volti. E tu come stai messo?

Esiste una unitarietà mente corpo che non può essere scissa se non a costo di un grosso investimento energetico. Il modo come ci sentiamo è riflesso fuori di noi. Gli antichi dicevano "L'occhio è lo specchio dell'anima!" per dire che il corpo non mente.
Le nostre espressioni risentono dunque del nostro stato emotivo interno. Vi accorgete di quando siete in giro per strada e siete felici e senza che vene rendiate conto tutti si girano a guardarvi, vi sorridono più facilmente, vi cedono il passaggio mentre quando siete ingrigiti dal malumore nessuno quasi si accorge di voi? E se poi siete furiosi dalla rabbia la gente vi scansa automaticamente, e sembra quasi che tutto il mondo vi eviti? 
Anche le rughe finiscono per tracciare i solchi delle nostre espressioni principali. Abbiamo dunque un ottimo motivo per lasciarci attraversare da emozioni positive che lascino segni di positività sul nostro volto che appare solare, aperto, curioso, socievole, limpido piuttosto che corrugato, preoccupato, arrabbiato, dubbioso e scrutante. 



Se provate a fare un esercizio semplice semplice e guardate negli occhi una persona per anche solo mezzo minuto vi accorgerete che sarà istintivo cercare di entrare nell'emozione dell'altro, di assumere la sua espressione. Vi invito a farlo ed a sentire come ci state. 
Ora pensate che se non fate pace con le vostre emozioni più spiacevoli le diffonderete in giro ogni volta che incontrate qualcuno. Fate invece un bell'esercizio e provate a diffondere gioia attorno a voi, certamente vi ritornerà indietro come un boomerang: uscite di casa sorridendo ogni mattina, salutate per primi anche se l'altro non vi ha notato questa volta, non importa, vi noterà la prossima volta. 

Non nascondete la bellezza del vostro sorriso. le emozioni contagiano e lo sa bene chi lavora in ambienti tristi. Accendi la musica e mettiti a ballare, dentro di te, lo puoi fare, puoi essere felice, basta solo che tu te ne dia il permesso. La felicità parte proprio da quel permesso di essere felice che tu ti dai. Non sta in null'altro.


22.4.15

Voglio trovare l'amore vero

"Voglio una relazione seria" ma non ci entro, non ci so stare, me ne vado prima di aver scoperto cosa l'altro mi può dare. 
Quante volte ti dici: "Da questa storia non ne viene fuori nulla di buono". 
70/100 che è vero. I tuoi radar interni per qualche strano motivo che i più chiamano sensazioni, gli psicologi chiamano percezioni e motivi inconsci, riconoscono che gli occhi si sono posati sulla persona sbagliata.
Poi ci sono volte in cui hai paura, si te la fai proprio sotto. Perché un rapporto serio e duraturo ti costringe (benevolmente intendo) a fare i conti con la verità di te stesso, con ciò che sei veramente. L'altro ti fa da specchio. E non come l'amico che poi se ne torna a casa, ma come uno che sta li e vede tutto di te, il bello di cui si è innamorato, ed il brutto di cui se sta ancora li è perché vorrebbe potersene innamorare ma anche sollevarti. Non tutti sono pronti ad accettare che per ciascuno è vero quanto è vero nel simbolo del Tao e che c'è un pò di bene nel male e un pò di male nel bene. 
Lo sappiamo, sappiamo dire "Anche io sbaglio...a volte" (della serie "Se proprio devo ammetterlo") ma poi guai se qualcuno ci fa osservare che non siamo perfetti e ce lo ricorda ogni volta che cadiamo nella stessa reazione antipatica, vittimistica, rabbiosa, svalutante, critica, distruttiva, ecc. 
E poi "Antonella sei proprio sicura che vorrebbe potersi innamorare anche dei miei difetti?". Se proprio lo vuole consapevolmente non non ne sono sicura, ma so per certo che l'Amore ti sta accanto in tutto, anche nelle tue pecche più grandi, e solo tu gli puoi aprire la porta. Se le temi tu le tue parti buie, non potrai mai e poi mai reggere ad una relazione duratura che ti mette di fronte alla nudità di te stesso. Chiederai sempre a qualcun'altro di vedere solo il bello di te, ed è impossibile. Perché non è questa la verità su di te, perché non è così che è la persona. Ricordi? Perfettibile si ma non perfetto.
A volte devi solo imparare a guardare lontano, un pò più lontano del tuo quotidiano e vedere oltre le tue paure. Solo così potrai sapere se sei in quel 30% di relazioni che invece non vanno a buon fine solo per le tue paure e per le tue idee pre-fissate.

Buona vita a voi naviganti alla ricerca dell'amore vero




20.3.15

20 marzo giornata mondiale della felicità

Spulciando qua e là scopro che da alcuni anni l'ONU ha indetto per il 20 marzo la giornata mondiale della felicità. La cosa mi fa subito sorridere, poi mi piace molto. Il giorno prima della primavera, ultimo giorno d'inverno, riceviamo tutti un invito ufficiale: "Siate felici!"
La cosa più naturale del mondo diventa un valore da sancire e ricordare, come se avessimo perso la bussola. Come sempre faccio mi interrogo per me stessa ("So essere felice? Mi prendo a cuore la mia felicità? In che modo?"), per chi mi sta accanto ("Come contribuisco alla felicità di chi è al mio fianco e delle persone a cui voglio bene? C'è altro che potrei fare?"), per le persone che mi chiedono aiuto ("In che modo sostengo, comprendo, sollecito gli altri a raggiungere la felicità? In che modo quel pezzetto di strada fatta insieme all'altro può diventare risorsa interiore per raggiungere con le proprie forze la felicità?) e per la società intera ("Come con il mio essere goccia in un oceano faccio si che la goccia che io sono arricchisca un oceano fatto da così tante gocce da farmi passare inosservata?").

E ripenso dunque al fatto che l'essere felici non è uno status esterno, un abito che possiamo indossare quando ci va e quando no lo riponiamo nell'ultimo scaffale in alto. Ripenso alla scelta quotidiana che siamo invitati a fare, che possiamo voler fare per ESSERE FELICI ricordandoci che la felicità è contagiosa.


Ecco l'articolo che ha generato tutto questo
http://www.cittanuova.it/c/445464/Una_giornata_mondiale_per_la_felicit.html



14.2.15

Prepara per tempo il tuo San Valentino

 "Sono single ma sto cercando di smettere" è l'allegro motto che circola da anni sulle magliette multicolor di chissà quanti single che all'avvicinarsi del Natale o della festa di S. Valentino fuori sono Happy e dentro sono Down. Ma shhhhh!!! Che non si sappia.
E intanto nella vita cosa fanno?

Quasi sempre hanno avuto il cuore ferito, chi di più chi di meno. E come ogni cuore ferito che si rispetti: sanguina, fa male. E allora che fare?! Meglio far finta di non vedere e riderci su...e intanto il tempo passa... OPPURE decidere di chinarsi su questo cuore e vedere che ferita è, che tipo di fasciature e medicamenti possono essere utili perché tutto si rimargini e si possa riprendere ad amare. Ma fa male! Accipicchia se fa male! E non è mica quello di un altro, è il tuo! E fa ancora più male! Ma ancora una volta a te la scelta, puoi decidere se tenerti la ferita e chiudere ogni porta ai sentimenti e all'amore per non soffrire più oppure decidere di usare la valigetta del pronto soccorso che hai in casa, quella che sin da piccolo, senza sapere, hai iniziato a forgiare con tutta la tua grinta e la tua determinazione e smetterla di piangerti addosso quando vedi le altre coppie in giro ed esserne geloso. 
Già, amico caro, se chiudi le porte del cuore sei tu che ti rendi inaccessibile all'amore. Non è l'amore che non ti trova, è che non ti trova pronto. Ci avevi pensato? "E chi se ne importa! Sto bene da solo io!" risponderete in tanti. Ed ecco venir giù la Survivel Guide per non innamorarti, per difenderti dai sentimenti. E non sempre l'hai cercata tu ma se ce l'hai è perché l'hai fatta tua anche se a proportela sono i media, le esperienze in famiglia, tra gli amici ed i parenti e finanche i modi di dire dal banale "meglio soli che male accompagnati" al "L'amore è cieco ma la sfiga ci vede benissimo" di fatti il sottotitolo del corso base di ESEC è proprio "Felici di essere single o single felici?". La vedi la differenza? Un single felice è capace di dare e ricevere amore perchè le sue ferite, quelle che appartengono a ciascun essere umano, sono state medicalizzate e superate. Può stare dunque in un rapporto profondo di ogni genere, amicizia o amore che sia, l'intimità non lo turba. Uno che è felice di essere single è una persona che fa fatica a stare in una relazione profonda perchè l'intimità può diventare ansiogena e fonte di timori esistenziali. Può donarsi a piccole dosi, sa sicuramente ricevere ma tutto entro un certo limite definito di volta in volta dalla profondità delle ferite che si porta ancora dentro. In definitiva sono i suoi disagi e dolori che regolano la bellezza o meno delle sue relazioni, non la sua intenzionalità, non la sua libera scelta, non il piacere o meno di stare con l'altro. 
E allora caro amico, non essere triste per te ma abbracciati e coccolati. Fidanzati prima di tutto con te stesso, scopriti e cercati perché solo così potrai dire a chi incontri la meraviglia che sei e accettare che l'altro ti veda per come sei e non per come vorresti mostrarti.
Prepara per tempo il tuo giorno di San Valentino vale per te che sei single, per te che sei fidanzato, per te che sei sposato, vale per tutti coloro che credono nell'amore e non vogliono rinunciare a vederne il bello ed a farlo fiorire proprio come il contadino non rinuncia ad un albero solo perché in una stagione non ha portato frutto ma vi si dedica con sempre maggiore attenzione studiando il terreno, le foglie e i rami e cercando di capire in cosa e come può rigenerare quel prato, arbusto o albero che sia.

Buon San Valentino nel cuore a tutti!

A.R.





10.2.15

Amare è.... E la chiamano routine. Ma quando mai!!!!!

Amare è....la semplicità della quotidianità! Fare memoria dei momenti speciali! Ricordarsi perchè ci si è scelti! Condividere emozioni ed esperienze! Giocare, azzuffarsi e prendersi in giro ridendo a crepapelle delle gaffe fatte! Riconoscere ed accettare i tuoi limiti e anche i suoi! E' provare a migliorarti ogni giorno cominciando dall'ascoltare l'altro! Vedere i suoi difetti e far vincere i suoi pregi! E' tenersi allenati "gareggiando nell'amore" e quando l'altro ha il fiatone rallentare per farsi raggiungere! E' svelarsi per primi perchè è bello vedersi capiti e perdonati. E' fare pace ricominciando ogni volta da capo! E poi la chiamano routine....ma quando mai!!