26.9.19

È possibile ritornare insieme dopo una separazione?

Secondo uno studio inglese il 54% dei divorziati rimpiange la relazione. Tra questi il 42% fa qualcosa per ricostruirla ed il 21% ci riesce

Fonte: Città Nuova


Le statistiche non sono in grado di fornire un dato certo, tuttavia alcuni studi evidenziano che alcuni separati e divorziati ci ripensano. La stampa li ha definiti “i pentiti del divorzio”. Non esiste un obbligo di comunicare che si è ripresa l’unione e non si può negare che talvolta la separazione venga usata per ottenere vantaggi fiscali, pertanto è impossibile a riguardo avere un numero preciso dei casi in cui i coniugi riprendono la relazione.
Eppure il fenomeno esiste e alcuni si risposano. Secondo uno studio inglese il 54% dei divorziati rimpiange la relazione. Tra questi il 42% fa qualcosa per ricostruirla ed il 21% ci riesce.
Il tempo prima della separazione e tra questa ed il divorzio offre una pausa di riflessioneche se utilizzata come tale permette di comprendersi e di comprendere meglio l’esperienza maturata, cosa non ha permesso alla relazione di mantenere le sue premesse. L’errore di questo tempo è di alimentare la rabbia e la delusione, rafforzarsi nelle recriminazioni, invece che rileggere la storia di coppia. Questa è un’azione che è possibile solo a posteriori e con il giusto distacco emotivo il quale si raggiunge appunto con il tempo.
L’importanza di camminare insieme
Abbiamo già altre volte indicato quanto sia importante nella relazione a due mantenere una andatura analoga. Cosa vuol dire? Nella coppia c’è un io ed un tu e c’è la relazione.
Quando i bisogni individuali diventano antagonisti può capitare che ci si perda di vista e la relazione non venga nutrita. Questo spinge a una crescita personale che se non è condivisa tra i partner ma è vissuta individualmente, è capace di generare una frattura. La profondità di questa frattura sarà in misura della trascuratezza avuta. Inoltre spesso ci si aspetta che la relazione porti al soddisfacimento di propri bisogni trascurando quelli dell’altro, si generano recriminazioni ma non si contano le proprie mancanze.
Ci sono poi situazioni in cui la relazione viene sacrificata per una cattiva gestione dei confini di coppia, lì dove il partner non è l’interlocutore privilegiato con cui condividere riflessioni, bisogni, vissuti, e con cui confrontarsi su spunti e progetti si inseriscono più facilmente terze persone come ad esempio la famiglia d’origine o l’amante.
La funzione del tempo
Questa pausa di riflessione dovrebbe poter generare lo spazio in cui si rimette ordine nella propria cantina dell’interiorità, luogo dove in genere si accumulano frettolosamente tutte quelle situazioni che hanno a che vedere con passaggi emotivamente complessi in quel momento per la persona.
Lo spazio di riordino necessita di tempo. Tempo personale in cui analizzare se stessi, la propria fase di sviluppo, il modo come ci si è posti nella relazione, cosa ci si attendeva, cosa si è dato e cosa si è preso/ricevuto. Tempo del confronto in cui la propria lettura andrebbe messa a confronto con un’idea chiara e concreta di ciò che una relazione può veramente e concretamente offrire, con ciò che fattivamente si era in grado nel li e allora di offrire e con ciò che l’altro poteva offrire rispetto alla sua propria situazione di quel momento.
Non si può assolutizzare queste considerazioni su ciò che si “dovrebbe”, ma si può tenere conto che con le condizioni di partenza si può giungere a determinati risultati e che queste condizioni vanno pensate in un processo di evoluzione sia personali che di coppia. Gli spazi di consulenza matrimoniale o psicologica assolvono a questo ruolo di affiancamento.
Quando si sviluppa un simile processo interiore, diventa più chiaro capire cosa nutre la relazione e con che consapevolezza di sé ci si pone di fronte all’altro. È a questo punto che si può generare una scelta: provare insieme a ricostruire una relazione più matura e consapevole della precedente.
Anche lo psichiatra Vittorio Sconci sottolinea che affinché un matrimonio possa ricomporsi è necessario che le problematiche ed i bisogni di un tempo siano stati risolti. Senza questo passaggio le dinamiche che hanno condotto alla crisi sono sempre pronte a riattivarsi e con esse le vecchie ferite. Ed il buttarsi tutto alle spalle, seppur utile, può non bastare, sia che si stia scegliendo di riprendere la relazione sia che si stia decidendo di intraprenderne una nuova.
Film come Fireproof, Tutta colpa di Freud e Divorzio d’amore (Divorce Invitation) mostrano, qualcuno in modo serio, altri in modo più scherzoso, come il ripercorrere le tappe della propria relazione matrimoniale possa aiutare a vedere con occhi nuovi cose che la mente si racconta in un altro modo per abitudine o momentanea cecità nell’attribuzione di significati.
La prossima settimana vedremo cosa implica interiormente questo riavvicinamento.

14.9.19

Imparare a costruire relazioni profonde

Il naturale confronto con gli altri può non essere semplice per tutti a causa di meccanismi di difesa che fanno subentrare la paura verso il diverso, lo sconosciuto. Il pericolo è di sviluppare meccanismi che, nati per difenderci dalle relazioni insane, ci portano a difenderci dai rapporti positivi.


Fonte: Città Nuova 


Le relazioni sono il nostro mondo. In esse siamo immersi. Sono il contesto in cui cresciamo, interagiamo, sviluppiamo interessi, da cui prendiamo nutrimento per imparare a saper fare esaper essere e verso il quale andiamo. Una costante delle relazioni è l’interazioneovvero la capacità di entrare in contatto con gli altri. Essa risponde a caratteristiche di tipo personali quali l’estroversione o l’introversione, ma anche al tipo di educazione ricevuta e di esperienze vissute come la libera espressione di sé o la coartazione, la serietà e le formalità.
Intrinseco nell’interazione è il rispetto delle persone che interagiscono tra loro. Non è mai possibile nell’interazione andare oltre il livello di profondità che ciascuno ha sviluppato o scelto di adottare fino ad allora senza cadere nella violazione dell’altro.
Proprio perché siamo diversi è possibile che per alcuni l’esperienza di incontrare l’altro resti un episodio piacevole, anche ripetibile, ma circoscritto a quel preciso spazio temporale. Per altri l’esperienza di un momento è l’inizio di una sequenza di reincontri che arricchiscono, e colorano la propria vita, ma che si riferiscono a ciò che si condivide negli incontri (ad esempio interessi comuni) e non toccano ancora la sfera personale. Oppure l’esperienza assume una continuità e all’interlocutore viene concesso un accesso privilegiato al proprio mondo interno. A questo livello si tratta di relazioni che assumono una densità e profondità che può prescindere dallo spazio e dal tempo, sebbene siano in essi inserite, e che tendiamo a chiamare intime. In questi casi si fa sovente esperienza che pur risentendosi dopo molto tempo, è come se non ci si sentisse solo dal giorno prima.
È sufficiente che uno dei due interlocutori si rifiuti attivamente o inconsapevolmente di interagire allo stesso livello di profondità e la relazione assume una direzione piuttosto che un’altra. Cosa accade? L’esperienza dell’incontro con l’altro è sempre molto personale e delicata. I filosofi hanno approfondito il significato che assumono l’io ed il tu, l’alterità, il me, chi sono io per l’altro e chi è l’altro per me, fino ad arrivare al riconoscimento meno immediato che l’altro sono io per l’altro. Gli psicologi si sono soffermati sulle strutture di personalità, sui meccanismi interni che permettono di avvicinarsi e su quelli che spingono ad allontanarsi e sui i processi come ilpensiero duale, l’empatia, la capacità di rispecchiamento che il dialogo tra l’io ed il tu presuppongono.
Può accadere infatti che benché si desideri di avere tanti amici quando è il momento di incontrarli o di interagire con loro, oppure di costruire la relazione, le persone si sentano inadeguate, rifiutino apertamente o utilizzino modalità come ad esempio il giudizio o il pregiudizio per evitare le situazioni di contatto e motivare la fuga. Si tratta di un evidente controsenso.
La spiegazione di ciò sta nel fatto che anche se naturalmente l’essere umano, come animale sociale, tende verso le relazioniesistono nel nostro mondo interno sofisticati meccanismi di difesa che di fronte all’incontro con l’altro attivano delle paure. L’interazione, man mano che ne aumenta il grado di costanza e di profondità, espone alla costante scoperta, riscoperta e revisione di sé. Nell’incontro con l’altro si cresce, ci si apre al confronto, si impara, ci si educa, si scopre sempre più sé stesso. Qualora ci si senta insicuri e non in grado di padroneggiare le interazioni si può essere impauriti da esse, che portano un certo grado di instabilità che si scontra con il bisogno di sicurezza di sé per definirsi come persona stabile.
Personalmente credo si faccia confusione sui due concetti di “instabilità” intesa come insicurezza e “stabilità” intensa come fermezza. Ma proviamo a pensare all’“instabilità” come antecedente dell’apertura all’incontro, e dunque alla possibilità di lasciarsi trasformare dall’esperienza che se ne vive, ed alla “stabilità” come rischio di una chiusura all’incontro e non elaborazione ed assimilazione dell’esperienza. Le cose cambiano. Senza l’accettazione della possibilità di lasciarsi trasformare dall’esperienza non c’è cambiamento né evoluzione e l’altro da risorsa si trasforma in un limite se non in un nemico.
Per effetto della rivoluzione digitale anche la morfologia delle relazioni e delle interazioni cambia, le occasioni di confronto diretto con gli altri si riducono e le problematiche legate alla relazionalità aumentano.
L’effetto, ahimè molto attuale, è quello di sviluppare e consolidare meccanismi che, nati per difenderci dalle relazioni insane, ci portano a difenderci dalle relazioni sane. Questa condizione è fonte di non poca sofferenza per molte persone che restano escluse dalle relazioni nutrienti e intime e che dovrebbero imparare a dedicarsi uno spazio ed un tempo di riflessione per sé stesse per scoprire nuove potenzialità in sé.

6.9.19

Come superare la disillusione nella coppia

Dopo l'entusiasmo iniziale dell'innamoramento, la relazione viene messa alla prova quando si scopre la personalità del partner e ci si chiede se la persona amata ci piaccia davvero.

Fonte: Città Nuova
La coppia si consolida attraversa alcune fasi e, tra queste, una è decisiva: la disillusioneFintanto che si mantiene l’idillio dell’innamoramento l’altro è come l’avevi sognato, pensato, proprio fatto ad arte per te. Sarebbe il non plus ultra dell’amore, dirà qualcuno. Eppure per chi ha le mani in pasta con la relazione amorosa, i matrimoni, le convivenze, i fidanzamenti di lunga data, così non è.
È necessario che la relazione venga messa alla prova. E non si parla di macchinose strategie da telenovela, parliamo delle prove che la vita stessa mette innanzi e che riflettono il personale modo di vedere, sentire e agire di ciascuno.
È proprio quando si genera dentro ciascuno il dubbio lecito: «Ma io lo conosco davvero? Con chi ho avuto a che fare fino ad ora?», che la relazione è al suo punto di svolta e può conquistare spazi per il futuro o, viceversa, arrestare. È quando si conoscono anche i fallimenti dell’altro, quando l’aspettativa è delusa, quando viene fuori solo l’altro, che si apre la possibilità di conoscere ed integrare la totalità della persona nei suoi pregi e nei suoi difetti, ed è lì che si sceglie l’altro.
È possibile scegliere e riscegliere una persona quando si conoscono anche le sue parti buie? Non è una domanda facile, ma è la domanda di sottofondo che spesso viene portata in terapia e negli spazi di consulenza matrimoniale. E non vi è risposta lecita se non quella che si genera, anche attraverso l’accompagnamento, all’interno della coppia, esattamente lì dove si è generata la domanda.
È una risposta gravida della storia, del presente e delle proiezioni future che le persone fanno prima di tutto di sé e di come esse stesse si percepiscono in relazione all’altro. Si tratta di risposte che si preparano, che necessitano di uno spazio accogliente e privo di giudizio l’uno verso l’altro, e di tempi che non seguono le lancette dell’orologio, ma il ritmo di vita delle persone.
La trama relazionale di una coppia si esplicita nella comunicazione e nella narrazione. Ci sono coppie che hanno una narrazione interrotta del “noi”, come se la relazione si fosse fermata al “come eravamo”. Essi perdono l’oggi e la continuità. All’origine di questa interruzione spesso vi è il dolore di un’attesa mancata, così forte da riuscire ad annullare tutto il dopo. Il rischio è quello di vivere nel rimpianto e nel rimprovero che non permettono di attribuire senso all’odierno. Il bisogno è quello di riconoscersi, di perdonarsi e di decidere di ricominciare.
Altre coppie perdono la continuità del “noi”, vedono solo i pezzi, per lo più il presente. Così facendo dimenticano come sono arrivati a determinate scelte e a quella specifica situazione. Questo rischia di renderli inappagati, manca una visione progettuale d’insieme, la cornice entro cui il quadro della loro vita si dipinge. Talvolta è la quotidianità che incombe o una situazione stressante che si sta vivendo che contribuisce a generare questo stato di cose, talaltra è l’abitudine ad osservare il filo conduttore della propria storia o personali interessi non ben integrati nella funzione “noi”.
Ci sono poi coppie che vivono proiettate nel futuro di “quando” qualcosa si realizzerà.Fanno calcoli e scommesse su qualcosa che non sanno se, come e quando arriverà, e vivono per essa. Quando il “quando succederà che” diventa un mito, e non parliamo della normale attesa inserita in una progettualità, il rischio è di separare l’esperienza quotidiana dalla progettualità e di perdere pezzi di vita che non ritorneranno.
Vivere il tempo della relazione aiuta a costruirla, a starci dentro con la consapevolezza del momento, con la memoria del passato e la proiezione nel futuro.
Ciò che rende difficile attraversare quei momenti in cui ora l’uno ora l’altro ha delle difficoltà, ed in cui non ci si riconosce a vicenda, possono essere sia paure interne, sia caratteri con cui è difficile relazionarsi, sia tempi diversi nella maturazione personale.
Può aiutare il prendersi momenti insieme, il desiderio di scoprirsi sempre di più, sfruttare le occasioni delle ricorrenze per rievocare la propria storiacoltivare un dialogo sincero, tenero e profondo. Si tratta di strumenti a cui ogni coppia può accedere, che allenano il “noi” e, cosa molto importante, rendendo meno estranei i due l’uno all’altro, permettono loro di camminare insieme con una analoga andatura.
Avere lo stesso passo aiuta a non perdersi di vista.