23.10.20

Esec: 10 anni con voi!



Cosa è ESEC?


Esec è un percorso di crescita personale per supportare l’affettività adulta che mira a fornire conoscenze e competenze affinché le persone possano orientarsi verso relazioni sane e nutrienti. Il presupposto di base è che occorre credere nell’amore affinché una relazione possa essere duratura e rendere felici. Molti nel tempo hanno collezionato esperienze deludenti su di sé, con l’altro e della relazione. Esec vuole aiutare a svelare gli inganni della nostra mente ai quali finiamo per credere e propone spunti per mettersi in cammino lì dove serve.


Si occupa dei single che classicamente ci sono sempre stati ma anche dei nuovi single che senza accorgersene pagano lo scotto della coesistenza e del passaggio da vecchie a nuove culture, di quelli che hanno smesso di credere nell’amore perché delusi da esperienze dirette o indirette ma che continuano a desiderarlo. Tutto questo crea uno spaccato tra la relazione desiderata e quella possibile e rende più difficoltoso l’incontro.


Esec vuole creare le basi per una relazionalità sana partendo prima di tutto da se stessi, aprendosi agli altri ed al partner. I temi sono vari e ci sono anche aspetti che riguardano più da vicino le coppie, proprio per dare strumenti utili per il futuro insieme.







Quando, come e perché nasce ESEC? 


Esec nasce 10 anni fa a Roma da un piccolo gruppo di persone che si sono riunite accomunate dal comune desiderio di generare una riflessione su come avviene la scelta del partner e come essa sia influenzata da diversi sistemi. 

Il primo impulso fu quello di condividere quanto avevo appreso lavorando sulla mia personale esperienza di single adulta e dalla voglia di mettermi a disposizione di quanti stavano attraversando la mia stessa situazione. Gradualmente osservai che il fenomeno riguardava anche molti dei miei amici di cui apprezzavo la bellezza d’animo e per i quali non potevo capacitarmi del perché fossero ancora single. E ancora oltre, aveva un’espansione mondiale. Era divenuto un fenomeno culturale. E cominciai a studiarlo e ad implementarlo. 

Dopo quel primo incontro le persone chiesero di sviluppare altri punti e dalla condivisione di esperienze, stimoli, materiale e soprattutto interrogativi esistenziali venne fuori la prima bozza di questo percorso. 


Esec nasce in definitiva dal bisogno di rispondere ad alcune domande: 

·      Perché si è ancora single e come uscire dalla singolitudine? 
·      Come favorire l’incontro e mantenere la relazione?
·      Quali assunti di base su cui si fonda una relazione d’amore è necessario conoscere?
·      Inoltre si può, attraverso una scelta consapevole del partner ed una conoscenza più approfondita dei meccanismi e degli strumenti che connaturano la relazione intima, sostenere la relazione di coppia e tutelarla da una separazione precoce?

 

 

A chi si rivolge ESEC?


Esec si rivolge a quanti hanno voglia di mettere mano alla loro vita di relazione, prima di tutto quella con se stessi e poi quella con gli altri. Scopo di base è raggiungere l’armonia e la bellezza dentro di sé per poterla poi utilizzare nell’incontro con l’altro. 

Incontro che solo la vita in sé può garantire. Con Esec si lavora affinché si possa collaborare con le situazioni che la vita propone. 

Questo richiede una decisione personale ed un atteggiamento proattivo che nella maggior parte dei casi si sviluppa o rafforza durante il percorso stesso. 



Tre strategie vincenti per uscire dalla singolitudine?

 

1.     Imparare a scegliere. Non si tratta di rinuncia ma di un avanzamento nella crescita e di un modo nuovo di stare nella relazione con ciò e chi ci circonda.

2.     Imparare ad amarsi. Guardarsi dentro e tirare fuori la bellezza dell’unicità che si è.

3.     Essere liberi di accogliere l’incontro “propizio” e l’altro. Liberi da ansie e frettolosità, liberi dalle scorie del passato, liberi da giudizi e pregiudizi, liberi dalle fantasie sul futuro e di determinazione.








  

La cosa più bella e la cosa meno piacevo di questi 10 anni?


La cosa più bella è la ricchezza umana che le persone portano e la possibilità di osservare all’interno del percorso la loro rifioritura. Il viso con cui entrano non è lo stesso con cui vanno via. Ed in tanti continuano anche nel tempo a renderci partecipi dei loro traguardi. Di questo gliene siamo veramente grati.


La cosa più dura è stata accettare durante questi 4 anni, del mio trasferimento in Germania, di mettere in pausa il percorso senza mai abbandonarlo del tutto e con l’intenzione di continuare a rispondere alla richiesta di chi ha chiesto di non smettere di occuparmi di loro. In questi anni ho continuato a scrivere di e per i single attraverso le pagine di Città Nuova online nelle rubriche #Noidue e #Felicemente, ed anche questo è stato un modo per rimanere in contatto con loro.


Molto di ciò che ho scritto può essere rintracciato attraverso gli Hashtag 

#Esec

#Mondoesec

#atupertuconlospecchio

#facciamoacapirci

#labellezzadellavitaèneltragitto

#labellezzadellebuonerelazionivincesempre

#Noidue

#Felicemente

#drssaantonellaritacco


 

 

Esec nel futuro


Continuo ad approfondire il tema e non posso ancora dire in che modo né quando ma so che Esec non è ancora finito. Accanto alla revisione del percorso italiano e nel mentre del mio inserimento nel mondo lavorativo tedesco, lavoro all’adattamento tedesco di ESEC che tenga conto anche del fenomeno dell’inculturazione. Per questo c’è bisogno di più tempo perché ritengo sia importante padroneggiare la componente culturale del paese in cui viene proposto. Essa è parte integrante del percorso originario. Anche il tema delle collaborazioni con altri professionisti, come in parte già avvenuto in passato, è un tema oggetto di riflessione per rendere il percorso sempre ricco e partecipato.


Diciamo quindi che Esec sta vivendo il suo periodo di latenza (secondo Freud appunto quello che va dai 6 agli 11-12 anni), in cui anche se fa meno rumore, continua ad esserci nelle forme concretamente possibili del qui e ora. Forme in cui silenziosamente si prepara per ciò che diventerà. 

D'altronde Esec propone un percorso di crescita personale ai partecipanti, sarebbe un controsenso se non si evolvesse lui stesso con l’esperienza maturata, le interazioni avute con i collaboratori, il feedback dei partecipanti e con l’arricchimento del confronto con una nuova cultura. Il modo in cui si svilupperà dovrà contemplare tutta questa ricchezza. 

 

Chi vuole rimanere aggiornato può contattarmi per mail info@antonellaritacco.it o consultare il blog dedicato www.esseresingleessereincoppia.blogspot.com

 

 

Che messaggio lasciare ai single?


Imparate a stare nella vostra solitudine ma non siate soli, 

imparate ad accettare la vostra situazione ma non chiudetevi alla vita,

andate incontro agli altri con lo zaino più leggero possibile, 

gioite, divertitevi, condividete, non giudicate,

e soprattutto amatevi. 

 


Gengenbach, 23.10.2020

Dr.ssa Antonella Ritacco




22.10.20

Immaginario di coppia

Fonte Città Nuova


Ricordate come pensavate sareste diventati negli anni? Ogni coppia agli esordi si augura di raggiungere e di costruire insieme un’intimità relazionale. Questo articolo si rivolge proprio alle giovani coppie o a quelle che, poco più avanti nell’esperienza, vogliono fare un bilancio di come stanno procedendo per rinforzare la loro unione.


Marco ed Anna non sognavano solo di case, vacanze, figli, lavoro ed amici, sognavano anche di cosa volevano essere e diventare l’uno per l’altra. Di come volevano starsi accanto nei momenti difficili, di quello che potevano fare per continuare a stupire e lasciarsi stupire. Ma un conto era pensarlo da fidanzati, quando ancora la routine, la suddivisione o l’integrazione dei compiti familiari ed anche l’aumento del carico di impegni lasciava loro tempo, energia e freschezza per concentrarsi su di sé, un conto era mantenere questo focus nel mezzo di una confusionaria famiglia alle prese con un articolato menage familiare. Inoltre con l’avanzare dell’età anche i loro genitori divenivano più esigenti e bisognosi di cure ed attenzioni.

Occasioni per svicolare da sé stessi non ne sono mancate, né negli eventi né nell’avvicendarsi dei bisogni personali ora dell’uno, ora dell’altro, dei figli o di qualcun altro. Quando la situazione si presentava, e talvolta si imponeva con tutta la sua forza, era destabilizzante ma avevano fattoun patto: il primo dei due che si accorgeva che qualcosa non stava funzionando l’avrebbe comunicato all’altro ed insieme ne avrebbero discusso per cercare un nuovo equilibrio pur nella nuova situazione.

Un nuovo equilibrio nella nuova situazione voleva dire essere sintonizzati nel presente, non più nel lì e allora delle cose che avevano sognato da ragazzi, non ancora nel futuro di qualcosa che avevano già avviato ma nel qui e ora, proprio nel mentre della vita che gli scorreva attorno e dentro cui erano immersi, con le possibilità del momento.

Come facevano? E poi non litigavano? Non andavano in ansia ora per questa preoccupazione ora per un’altra?

Certo che litigavano, ma più di tutto si confrontavano. Rendevano noto l’uno all’altra desideri, aspettative, intenzioni e prossimi passi. La paura della delusione e del fallimento lasciava posto alla possibilità di essere apprezzati per il proprio impegno indipendentemente dal risultato. Le ansie rimanevano ma erano tollerabili per quel senso di sicurezza interno di sapere che ciò che si stava facendo era il proprio 100%, cioè la propria parte tutta intera, non un astratto 100% determinato da standard esterni che mal si adattavano alla loro condizione del momento.

E quando la premura incombeva e si perdevano le staffe? Chi perdeva la pazienza desiderava per primo di riavvicinarsi e chiedere scusa, mentre l’altro sapeva che era una questione di tempo. A volte accadeva che si chiedessero scusa vicendevolmente: l’uno per non aver saputo ascoltare e l’altra oggettivamente per ciò che aveva detto, fatto o non fatto e viceversa. In questi momenti sentivano una unione forte tra di loro, sapevano di essere nell’animo l’uno dell’altra e si sorridevano vicendevolmente.

Altre volte scusarsi non bastava e dovevano trovare altri modi per farsi perdonare. A volte uno dei due aveva dimenticato qualcosa ma nel frattempo aveva fatto qualcos’altro. Erano pronti a mettersi in gioco l’uno per l’altra costantemente senza per questo ritagliarsi spazi propri di rigenerazione personale.

Marco ed Anna sono due personaggi di fantasia, e la quotidianità nella relazione è veramente molto variegata. Tuttavia è importante mantenere il focus sul cosa e sul come realizzare la propria vita insieme, rimanendo sintonizzati sul presente ed integrando antiche promesse con l'attualità della vita presente.

9.10.20

No all’ansia e alla fretta in amore, meglio vivere il tempo presente

Fonte Città Nuova



Ci sono persone single che vivono male la mancanza di una relazione affettiva. L'amore non è una ricerca, ma un incontro.


Molte volte ascoltando i single delle età più disparate si percepisce un rapporto ansiogeno con il tempo e con lo scandire delle fasi della propria vita. Una sorta di inaccettazione di ciò che si sta vivendo e una frenesia di vivere un’altra fase, a volte precorrendo i tempi e confondendo ciò che viene prima con ciò che viene dopo. Si finisce in questo modo per vivere con grande fatica ciò che invece potrebbe essere l’occasione preziosa di incontrare sé stesso, gli altri e le circostanze in quel dato tempo presente così caro alla psicologia e ad ogni orientamento spirituale.

L’abbiamo appurato durante il lockdown, quando dal disorientamento incredulo di quanto stava avvenendo ci siamo dovuti abituare a vivere con ritmi più funzionali al nostro organismo, ricominciando a dare un gusto nuovo al qui ed ora del presente nelle quattro mura. Se siamo riusciti a farlo in quelle condizioni, possiamo continuare a farlo anche in altri momenti.

Il processo in fondo è sempre lo stesso: parte tutto dalla constatazione di un dato di realtà (lo status quo, il cosiddetto qui ed ora) e dalla decisione di accettarlo, accoglierlo così come è. Paradossalmente, fatto questo, ci si può accorgere di quante idee per viverlo bene possono venire in mente. Questa accoglienza di ciò che è rende possibile la trasformazione di un tempo scomodo in qualcosa di prezioso.

Ho conosciuto single disperati per la loro singletudine, che affannosamente cercavano di cambiare la realtà, scordandosi che senza un’alleanza con la vita stessa così come è, si rema faticosamente contro corrente oppure ci si attacca a forme di relazione che quasi sempre non corrispondono ad un amore come lo si desidera. Se proprio occorre impegnarsi, meglio attraversare quelle situazioni da cui si vorrebbe fuggire nel tentativo di cambiare velocemente scenario. Magari è proprio lì che sta aspettando un’esperienza significativa per la propria vita.

Alcuni riempiono di cose belle la loro vita, tutto è pregno di senso e ci stanno bene. Questo può funzionare fintanto che si sia in grado di contattare sé stessi, di prendersi spazi per il silenzio interiore e la solitudine con sé stessi, fintanto che il vuoto tanto temuto da molti, può essere vissuto come un vuoto capace di generare vita interiore. È importante in questa dimensione accogliere le proprie ed altrui parti ombra che possono manifestarsi in forma di pensieri, emozioni o azioni.

Altri ancora li si percepisce arrabbiati, a volte confusi e insoddisfatti. I primi vivono la singletudine come un’ingiustizia, si sentono deprivati di un diritto sociale e spesso sfogano la loro rabbia in relazioni con partner occasionali di cui poco importa se già impegnati: gli sembra così di pareggiare i conti con la vita. Gli altri cercano di assumere un atteggiamento e di mantenerlo in modo statico o viceversa fluttuano in diversi modi di essere. Desiderano rimandare una buona immagine di sé, ma ciò di cui veramente necessiterebbero è di ristabilire un buon contatto con sé stessi e la propria interiorità. In questo modo anche la loro immagine esteriore risulterebbe più stabile e credibile. Anche in questo caso serve la consapevolezza di essere esseri umani e come tali bisognosi anche di supporto.

Accanto a questi troviamo quelli per i quali la vita è come un film. Dato uno stimolo parte un film mentale, che si snoda in mille avventure in grado di colorare il mondo emotivo della persona, ma solo nella fantasia. Questo modo di estraniarsi dalla realtà crea una vera e propria difficoltà a rimanere nel proprio presente, nella consapevolezza di sé, nella capacità di individuare quegli aspetti di sé che devono ancora crescere e maturare affinché si possa realmente incontrare un partner e con questi scegliere di vivere una relazione basata sulla reciprocità.

L’incontro con il futuro coniuge arriva sempre e solo quando le caratteristiche personali dell’una e dell’altro si incontrano in un dato spazio e tempo. Si tratta infatti di un incontro piuttosto che di una ricerca. E il modo migliore di vivere il tempo dell’attesa è proprio quello di prendersi cura di sé, affinché nel momento dell’incontro ciò che si ha da condividere con l’altro sia a misura della relazione che si desidera.

26.8.20

Integrare il maschile ed il femminile nella coppia

 Fonte: Città Nuova


Nella coppia è necessario un  processo di integrazione lento e continuo che si basa sull’interazione costante tra i due. Maschile e femminile sono  caratteristiche comportamentali da conoscere bene


Vita di coppia. Sapete che anche nella nostra psiche esistono un maschile ed un femminile? Queste caratteristiche comportamentali non sono prerogativa di uno o dell’altro sesso sebbene connaturino l’orientamento sessuale e siano l’espressione comportamentale rispettivamente dell’uomo e della donna. Quando in una coppia i due partner si incontrano, molto di ciò che ha a vedere con i loro ruoli psico-socio-affettivi dipende dal modo come ciascun partner ha interiorizzato ed esprime entrambe queste caratteristiche.

La psicologa Sara Cattò nel suo libro “Imparare ad innamorarsi”, oltre ad illustrare quanto sopra, evidenzia come una donna ed un uomo che esprimono appieno rispettivamente il proprio lato femminile ed il proprio lato maschile siano capaci di rinforzare nell’altro gli aspetti secondari, che sono propri invece del partner. Ad esempio una donna che esprime appieno la sua femminilità offre stimoli al partner per accrescere l’area dell’espressione delle emozioni. Viceversa un uomo che esprime appieno i suoi aspetti maschili offre altrettanti stimoli alla donna per meglio contenere e ridefinire le stesse emozioni.

Questa considerazione apre uno spazio di riflessione sulle affermazioni di coloro che lamentano dei limiti nel modo di amare e di fare del partner. L’interrogativo che si pone diventa dunque non tanto se l’altro sta dando il meglio di sé ma se io,per prima, sto esprimendo nella relazione con l’altro il mio potenziale di femminilità, o viceversa di mascolinità, in modo da attivare naturalmente nel partner la corrispondente compensazione.

Giacomo rimprovera spesso a Carla di non lasciarsi aiutare. Lamenta la possibilità di fare qualcosa di bello per lei. Carla a sua volta lamenta di non avere spazi di autonomia e non sentirsi capita. Quando una sera sul divano Carla si concede di ascoltare la lamentala di Giacomo senza percepire un rimprovero e senza la solita sensazione di dover rivendicare la propria autonomia, anche Giacomo si sperimenta più capace di comprendere ed accettare il bisogno di Carla. Pian piano i due raggiungono un piccolo compromesso: Carla accetterà più volentieri le sollecitudini di Giacomo e questi d’altro canto non si sentirà rifiutato o svilito quando Carla gli porrà un limite.

Giacomo e Carla stanno cercando di integrare e rivedere gli aspetti che socialmente sono stati attribuiti alle loro figure nei rispettivi contesti in cui sono cresciuti. Oltre a questo, stanno lavorando sulle loro dinamiche interne psico-affettive, di come ciascuno si sente in risposta al comportamento dell’altro. Anche in questo caso il riferimento alla loro storia personale può aiutarli a comprendersi e rispettarsi meglio nei loro desideri e bisogni.

Le attenzioni di cui Giacomo vorrebbe circondare Carla per lei possono risultare troppe avendo imparato a dover fare da sé e volendo mantenere i suoi spazi di autonomia. Ricevere attenzioni le fa piacere, ma non se da queste ne deriva una disconferma delle sue capacità o ne percepisce una perdita di controllo su di sé e la sua vita. Quando Giacomo riesce ad offrirle il rispecchiamento empatico che le occorre, anche Carla diventa capace di accettare le sue premure.

Possiamo ben immaginare che la scena assumerebbe altri connotati senza questa comprensione profonda l’uno dell’altro. Ad esempio rischierebbe di divenire pretesto per uno scontro mentale tra scuole di pensiero. I temi si prestano bene d’altronde ad innescare una diatriba tra ruoli maschili e femminili.

Solo una scelta meditata di Carla e Giacomo può confinare il dialogo ad un esercizio libero di scambio di attenzioni e di riconoscimenti vicendevoli in cui rafforzare l’integrazione di parti di sè.

Questo processo di integrazione nella coppia è lento e continuo e si basa sull’interazione costante tra i due, in cui sia il riconoscimento e l’affermazione personale sia il riconoscimento e l’accoglienza dei bisogni e caratteristiche dell’altro si confrontano costantemente.



21.8.20

Decisioni, momenti importanti in una coppia

 Fonte: Città Nuova


Non sempre è facile dialogare fra lui e lei quando ci si trova di fronte a scelte significative. Qualche consiglio


Ci sono decisioni nella vita che richiedono tempo e maturazione. Quando la coppia si trova a doverle prendere vengono fuori per lo più tutte le caratteristiche legate al ruolo all’interno del proprio nucleo ma anche quelle legate al proprio maschile e femminile interiorizzato.

Riprendendo gli sketch di John Gray nel suo libro “Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere”, possiamo immaginare come la curva ormonale variabile della donna e le sue numerose interconnessioni cerebrali la portino ad esprimere contemporaneamente e senza troppa consapevolezza pensieri emozioni ed azioni, che verranno consapevolizzati nel mentre del processo. L’uomo a sua volta, “cavernicolo”, tende ad aver bisogno di pensarci su prima di decidere e per questo prende tempo. Inoltre la propensione all’azione dettata dal suo ormone principale in circolo (il testosterone) non lascia spazio a molta variabilità: egli vorrà lanciarsi verso la soluzione del caso appena ritiene che i dati in suo possesso sono sufficienti a prendere una decisione.

La donna vuole però invitarlo a stare nel (suo) processo e torna più volte sull’argomento. Ha bisogno di abbassare i suoi livelli ormonali e lo fa parlando. Cosa immaginate che succeda? Lui si stanca perché gli sembra di sentire le stesse cose e la donna è spronata a esplicitare meglio ciò che di nuovo ha colto ma senza girarci attorno.

In una coppia i cui partner hanno un buon legame e sono sereni, questa scena si svolge normalmente con toni medio-bassi, a volte ironizzando sulle peculiarità l’uno dell’altro o esprimendosi delle richieste vicendevoli di ascolto o di venire al dunque, altre volte attendendo pazienti che l’altro si renda conto da solo.

Ciò che emerge è che le decisioni si assumono per gradi, che fintanto che si è dentro ad un processo decisionale, ogni nuova consapevolezza è in grado di mettere in discussione la soluzione possibile che si sta cercando di dare.

Ma perché è così difficile a volte assumere una decisione di vasta portata? Alcune decisioni hanno il potere di cambiare la propria vita. Proprio in virtù di questa risonanza ci sono aspetti che necessitano di essere ben guardati ed altri per cui occorre assumersi l’incognita. E la decisione può essere assunta in tutta la sua portata quando si è ben compreso quale essa sia.

Se Rosalia e Gianni ad esempio sono d’accordo sulla linea essenziale della soluzione ipotizzata ma c’è un qualche aspetto che ad uno dei due non convince fino in fondo, è importante che i due si siedano e ne parlino finché il dubbio non sia chiarito, se si può chiarire. Quando questo non è possibile sarebbe almeno necessario che ci si possa sentire ascoltati e compresi fino in fondo nel proprio dubbio, proprio in virtù di un passaggio necessario all’accettazione delle incognite da assumere. Se poi il confronto finisce per essere del tipo “disco interrotto” in cui ci si ripete ad oltranza con formule stereotipate, allora c’è qualcosa che ancora non è emerso del tutto ed a maggior ragione è necessario parlarne ancora più approfonditamente.

Questo dialogo, per quanto laborioso e talvolta scomodo, diventa non solo un processo decisionale ma anche un percorso di crescita nell’intimità di coppia in cui si può sentire di poter affidarsi l’un l’altro le reciproche paure e speranze. Un altro punto che la coppia scopre è come imparare a fare chiarezza in due.

In questi casi conoscere la fisiologia dell’ascolto maschile e femminile può aiutare molto. Imparare ad esempio a fare delle piccole premesse introduttive prima di ritornare sul discorso predispone l’altro ad un ascolto più attento. Oppure dichiarare che si vuole aggiungere ancora una cosa che è venuta in mente a posteriori. O ancora chiedere quando per l’altro potrebbe essere un momento buon per ritornare sull’argomento.

Insomma allenare insieme una sana assertività nella coppia tenendo conto che le informazioni ed emozioni che la nostra mente elabora durante il giorno sono davvero tante e trovare insieme il momento opportuno aiuta ad organizzarsi ma soprattutto a prendersi cura del noi.



13.8.20

Donne in cammino

 Fonte: Città Nuova


Possibili percorsi e modi diversi di esprimere l'apporto femminile in un mondo complesso


Donne. Il concetto di femminilità risente delle influenze culturali e si trasmette nella relazione con le figure di accudimento. È un concetto ampio che riguarda l’intera persona della donna e non ha nulla a che vedere con la bellezza, né tantomeno con la seduzione. Eppure una donna femminile appare bella e seducente.

Alla base della femminilità c’è la consapevolezza di ciò che si è, della propria natura. Ad essa si unisce la capacità appresa di valorizzare quello che si è scoperto di sé, senza né la forzatura di mettersi in mostra e senza neppure la difficoltà di lasciarsi ammirare. Il baricentro da raggiungere è il proprio. Esistono tanti modi di essere femminili tanti quante sono le donne.

Uno dei motivi per cui le donne, sin dalla tenera età, guardano le altre donne è proprio questo: imparare a riconoscere se stesse e ad amarsi.

Se viene a mancare in famiglia questo esempio, lo si cerca dapprima esternamente. Quando questo non è possibile e per svariati motivi si riscontrano difficoltà a contattare la propria natura di donne, la propria bellezza e leggiadria interiore, allora una donna può arrivare a scegliere di non apparire.

Il risultato è che si finisce per trascurare sé stesse, temere di essere notate o solo osservate, di non saper come reagire ad un complimento o ritenerlo immeritato. Così facendo una donna si nasconde a sé stessa prima che agli altri e sembrerebbe destinata a non incontrarsi ed a non esprimere fino in fondo la sua essenza.

Riconnettersi a se. Quando queste donne si sentono pronte a contattarsi ed incontrarsi iniziano un lento e delicato processo che viene sovente simbolizzato con una rinascita o una rifioritura. Cominciano osservando le altre donne attorno, cogliendo e prendendo da ciascuna un particolare. Determinante è l’atteggiamento con cui procedono: non per invidiare né per squalificarsi, piuttosto per cogliere ciò di cui si bisogna e da cui si può apprendere.

Una variabile esterna non di poco conto è la disponibilità delle altre donne a lasciarsi osservare e fungere in qualche modo da modello. Occorrono dunque relazioni e contesti privi di competizione e di giudizi affinché la femminilità possa esprimersi appieno. Viceversa la loro presenza in misura massiccia frena la disponibilità di ciascuno a procedere con interazioni, confronti e scambi profondi.

Altre esperienze. Ci sono donne che con la loro femminilità ci si muovono bene. Non ricercano i complimenti ma se ne ricevono uno, ringraziano compiaciute e sorridono. Hanno scoperto la bellezza che sono e che hanno e la celebrano, indifferentemente dal tipo di vestito, di trucco, di acconciatura o se sono acqua e sapone. Queste donne amano farsi belle per sé, hanno scelto questo come loro stile, talvolta ci sono cresciute. Le loro carte vincenti sono il sorriso e la leggiadria, atteggiamenti con cui possono suscitare coinvolgimento o viceversa invidia.

Ci sono infine donne che desiderano incontrare ed esprimere la loro femminilità, ma sono troppo arrabbiate (sovente con se stesse o la loro storia) e rancorose per poter comprendere cosa essa sia veramente, quali passi siano necessari per raggiungerla e non confonderla con l’esteriorità. Anche loro le potremmo definire donne in cammino, pronte a sperimentarsi e ricominciare dopo ogni battuta d’arresto e determinate a raggiungere il loro scopo. Molto spesso è l’esperienza che maturano a guidarle, altre volte scoprono durante il tragitto, e per mezzo di terze persone, che dietro alla facciata degli obiettivi iniziali si nascondeva molto più di quanto loro pensassero.

Qualunque sia il percorso che ogni donna è chiamata a fare, qualunque sia il suo ruolo sociale o istituzionale la femminilità è un aspetto del nostro essere e come tale ci accompagna.



16.7.20

Relazioni amorose pericolose

 Fonte: Città Nuova


Impara a riconoscere i segnali che nuocciono alle relazioni amorose. Cosa fare?


Le relazioni amorose non nascono violente, lo diventano nel tempo e per fasi. Spesso chi sta accanto coglie per primo segnali che stonano, che risultano incomprensibili come gelosie, divieti, false interpretazioni, piccole intonazioni nella voce che segnalano ciò che non si deve fare ed il confine da non superare, fino ai tentativi di escludere altri tipi di legami e contatti.

Il modo in cui questa violenza si esprime nella diade è differente e varia dalla fase di vita della coppia e da chi la esprime. Essa può essere verbale o fisica, sessuale o riguardare atti di trascuratezza o di persecuzione. E può riguardare sia uomini che donne sebbene la letteratura e la casistica sono abbondantemente sbilanciate sul numero di casi che riguardano le donne.

Ma cosa fare quando ci si trova dentro una relazione che può divenire pericolosa?

La prima cosa è non pensarsi soli. Questo è quello che generalmente chi assume il ruolo di carnefice in una relazione che ha una base violenta vuol far credere alla vittima. Cadere nell’isolamento fisico e mentale sarebbe molto pericoloso.

Mantenere il contatto ed il confronto con gli altri. Per quanto faticoso ed a tratti anche rifiutato è importante per chi si trova in una relazione che ha le premesse per divenire violenta non isolarsi né mentalmente né fisicamente.

Non chiudersi in una prospettiva da salvatore/crocerossina. Nessuno può essere salvato se prima non riconosce di avere un problema e fa azioni coerenti per farsi aiutare professionalmente.

Divenire consapevole di quali meccanismi che appartengono a sé si incastrano con quelli del partner. I bisogni e le paure che tengono insieme i membri della coppia sono speculari, ognuno rinforza un aspetto dell’altro.

Reinterpretare i sentimenti comuni di paura o vergogna. La paura non dovrebbe essere tanto delle ripercussioni che il partner potrebbe subire o che dal partner si potrebbero subire, bensì di come personalmente ci si sta trasformando. La vergogna si genera per una falsa interpretazione della situazione in cui si ritiene di “non andare bene”. Nel fare qualcosa per proteggersi e nel riattivare quella forma di sano amore verso sé stessi, non ci può essere vergogna.

Reimparare a gestire i confini tra sé e l’altro. Un eccesso di preoccupazione per l’altro a discapito di sé manca di un equilibrio di base. È importante riappropriarsi dei propri pensieri e non temere di lasciar emergere le differenze. Dire in maniera chiara cosa va e cosa non può funzionare. Indicare all’altro il limite oltre il quale non ci può essere spazio di continuità e di vicinanza. Non lasciarsi frenare dal timore di nuocere all’immagine dell’altro.

Comprendere il senso di colpa. Questo sottile vissuto fa da sfondo a molte relazioni conflittuali ed è un indice molto importante per comprendere il dinamismo interno ai partner. Talvolta si tratta di coppie in cui questo vissuto viene scaricato vicendevolmente l’uno sull’altro, altre volte è unidirezionale. Le prime sono coppie altamente conflittuali, nelle seconde è avvenuta una suddivisione dei ruoli e del potere nella coppia. In ogni caso il senso di colpa come vissuto indotto, è un segnale che la relazione è divenuta manipolativa.

Questi comportamenti possono essere attuati nelle fasi in cui emergono i primi segnali, quando possono ancora essere determinanti nello scegliere di proseguire o meno la relazione. Diventa invece più complicato intervenire quando la relazione diventa violenta ed il circuito vittima-carnefice si afferma. In questo caso è molto difficile che chi è nel ruolo di vittima riesca a mantenere quella chiarezza di pensiero che gli permetterebbe di distinguere l’aggrovigliato mondo di pensieri, emozioni, vissuti e azioni personali e quelle dell’altro. La dipendenza psichica che si instaura tra i due rende in questa fase impossibile qualunque intervento esterno fintanto che non si verifica un evento limite.

Una prevenzione efficace è “teoricamente” possibile e coinvolge anzitempo l’intero assetto familiare e socio-ambientale in cui l’educazione affettivo-sessuale e lo sviluppo psico-emotivo delle persone si inseriscono. Questa compagine comprende così tante variabili che nella vita reale per lo più sfuggono al controllo, ma alle quali per quanto possibile si può dare attenzione in svariati modi: attraverso scelte personali e familiari, stili di vita, modi di utilizzo del tempo e spazi per la riflessione comune.

In questo senso non dovrebbe mai mancare, a mio avviso, la consapevolezza che accanto alla libertà di scelte personali dei vari attori coinvolti, secondo la teoria dell’apprendimento per modeling (cioè per osservazione) ciascuno nel proprio contesto assume in ogni caso un ruolo di “modello”.