26.8.20

Integrare il maschile ed il femminile nella coppia

 Fonte: Città Nuova


Nella coppia è necessario un  processo di integrazione lento e continuo che si basa sull’interazione costante tra i due. Maschile e femminile sono  caratteristiche comportamentali da conoscere bene


Vita di coppia. Sapete che anche nella nostra psiche esistono un maschile ed un femminile? Queste caratteristiche comportamentali non sono prerogativa di uno o dell’altro sesso sebbene connaturino l’orientamento sessuale e siano l’espressione comportamentale rispettivamente dell’uomo e della donna. Quando in una coppia i due partner si incontrano, molto di ciò che ha a vedere con i loro ruoli psico-socio-affettivi dipende dal modo come ciascun partner ha interiorizzato ed esprime entrambe queste caratteristiche.

La psicologa Sara Cattò nel suo libro “Imparare ad innamorarsi”, oltre ad illustrare quanto sopra, evidenzia come una donna ed un uomo che esprimono appieno rispettivamente il proprio lato femminile ed il proprio lato maschile siano capaci di rinforzare nell’altro gli aspetti secondari, che sono propri invece del partner. Ad esempio una donna che esprime appieno la sua femminilità offre stimoli al partner per accrescere l’area dell’espressione delle emozioni. Viceversa un uomo che esprime appieno i suoi aspetti maschili offre altrettanti stimoli alla donna per meglio contenere e ridefinire le stesse emozioni.

Questa considerazione apre uno spazio di riflessione sulle affermazioni di coloro che lamentano dei limiti nel modo di amare e di fare del partner. L’interrogativo che si pone diventa dunque non tanto se l’altro sta dando il meglio di sé ma se io,per prima, sto esprimendo nella relazione con l’altro il mio potenziale di femminilità, o viceversa di mascolinità, in modo da attivare naturalmente nel partner la corrispondente compensazione.

Giacomo rimprovera spesso a Carla di non lasciarsi aiutare. Lamenta la possibilità di fare qualcosa di bello per lei. Carla a sua volta lamenta di non avere spazi di autonomia e non sentirsi capita. Quando una sera sul divano Carla si concede di ascoltare la lamentala di Giacomo senza percepire un rimprovero e senza la solita sensazione di dover rivendicare la propria autonomia, anche Giacomo si sperimenta più capace di comprendere ed accettare il bisogno di Carla. Pian piano i due raggiungono un piccolo compromesso: Carla accetterà più volentieri le sollecitudini di Giacomo e questi d’altro canto non si sentirà rifiutato o svilito quando Carla gli porrà un limite.

Giacomo e Carla stanno cercando di integrare e rivedere gli aspetti che socialmente sono stati attribuiti alle loro figure nei rispettivi contesti in cui sono cresciuti. Oltre a questo, stanno lavorando sulle loro dinamiche interne psico-affettive, di come ciascuno si sente in risposta al comportamento dell’altro. Anche in questo caso il riferimento alla loro storia personale può aiutarli a comprendersi e rispettarsi meglio nei loro desideri e bisogni.

Le attenzioni di cui Giacomo vorrebbe circondare Carla per lei possono risultare troppe avendo imparato a dover fare da sé e volendo mantenere i suoi spazi di autonomia. Ricevere attenzioni le fa piacere, ma non se da queste ne deriva una disconferma delle sue capacità o ne percepisce una perdita di controllo su di sé e la sua vita. Quando Giacomo riesce ad offrirle il rispecchiamento empatico che le occorre, anche Carla diventa capace di accettare le sue premure.

Possiamo ben immaginare che la scena assumerebbe altri connotati senza questa comprensione profonda l’uno dell’altro. Ad esempio rischierebbe di divenire pretesto per uno scontro mentale tra scuole di pensiero. I temi si prestano bene d’altronde ad innescare una diatriba tra ruoli maschili e femminili.

Solo una scelta meditata di Carla e Giacomo può confinare il dialogo ad un esercizio libero di scambio di attenzioni e di riconoscimenti vicendevoli in cui rafforzare l’integrazione di parti di sè.

Questo processo di integrazione nella coppia è lento e continuo e si basa sull’interazione costante tra i due, in cui sia il riconoscimento e l’affermazione personale sia il riconoscimento e l’accoglienza dei bisogni e caratteristiche dell’altro si confrontano costantemente.



21.8.20

Decisioni, momenti importanti in una coppia

 Fonte: Città Nuova


Non sempre è facile dialogare fra lui e lei quando ci si trova di fronte a scelte significative. Qualche consiglio


Ci sono decisioni nella vita che richiedono tempo e maturazione. Quando la coppia si trova a doverle prendere vengono fuori per lo più tutte le caratteristiche legate al ruolo all’interno del proprio nucleo ma anche quelle legate al proprio maschile e femminile interiorizzato.

Riprendendo gli sketch di John Gray nel suo libro “Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere”, possiamo immaginare come la curva ormonale variabile della donna e le sue numerose interconnessioni cerebrali la portino ad esprimere contemporaneamente e senza troppa consapevolezza pensieri emozioni ed azioni, che verranno consapevolizzati nel mentre del processo. L’uomo a sua volta, “cavernicolo”, tende ad aver bisogno di pensarci su prima di decidere e per questo prende tempo. Inoltre la propensione all’azione dettata dal suo ormone principale in circolo (il testosterone) non lascia spazio a molta variabilità: egli vorrà lanciarsi verso la soluzione del caso appena ritiene che i dati in suo possesso sono sufficienti a prendere una decisione.

La donna vuole però invitarlo a stare nel (suo) processo e torna più volte sull’argomento. Ha bisogno di abbassare i suoi livelli ormonali e lo fa parlando. Cosa immaginate che succeda? Lui si stanca perché gli sembra di sentire le stesse cose e la donna è spronata a esplicitare meglio ciò che di nuovo ha colto ma senza girarci attorno.

In una coppia i cui partner hanno un buon legame e sono sereni, questa scena si svolge normalmente con toni medio-bassi, a volte ironizzando sulle peculiarità l’uno dell’altro o esprimendosi delle richieste vicendevoli di ascolto o di venire al dunque, altre volte attendendo pazienti che l’altro si renda conto da solo.

Ciò che emerge è che le decisioni si assumono per gradi, che fintanto che si è dentro ad un processo decisionale, ogni nuova consapevolezza è in grado di mettere in discussione la soluzione possibile che si sta cercando di dare.

Ma perché è così difficile a volte assumere una decisione di vasta portata? Alcune decisioni hanno il potere di cambiare la propria vita. Proprio in virtù di questa risonanza ci sono aspetti che necessitano di essere ben guardati ed altri per cui occorre assumersi l’incognita. E la decisione può essere assunta in tutta la sua portata quando si è ben compreso quale essa sia.

Se Rosalia e Gianni ad esempio sono d’accordo sulla linea essenziale della soluzione ipotizzata ma c’è un qualche aspetto che ad uno dei due non convince fino in fondo, è importante che i due si siedano e ne parlino finché il dubbio non sia chiarito, se si può chiarire. Quando questo non è possibile sarebbe almeno necessario che ci si possa sentire ascoltati e compresi fino in fondo nel proprio dubbio, proprio in virtù di un passaggio necessario all’accettazione delle incognite da assumere. Se poi il confronto finisce per essere del tipo “disco interrotto” in cui ci si ripete ad oltranza con formule stereotipate, allora c’è qualcosa che ancora non è emerso del tutto ed a maggior ragione è necessario parlarne ancora più approfonditamente.

Questo dialogo, per quanto laborioso e talvolta scomodo, diventa non solo un processo decisionale ma anche un percorso di crescita nell’intimità di coppia in cui si può sentire di poter affidarsi l’un l’altro le reciproche paure e speranze. Un altro punto che la coppia scopre è come imparare a fare chiarezza in due.

In questi casi conoscere la fisiologia dell’ascolto maschile e femminile può aiutare molto. Imparare ad esempio a fare delle piccole premesse introduttive prima di ritornare sul discorso predispone l’altro ad un ascolto più attento. Oppure dichiarare che si vuole aggiungere ancora una cosa che è venuta in mente a posteriori. O ancora chiedere quando per l’altro potrebbe essere un momento buon per ritornare sull’argomento.

Insomma allenare insieme una sana assertività nella coppia tenendo conto che le informazioni ed emozioni che la nostra mente elabora durante il giorno sono davvero tante e trovare insieme il momento opportuno aiuta ad organizzarsi ma soprattutto a prendersi cura del noi.



13.8.20

Donne in cammino

 Fonte: Città Nuova


Possibili percorsi e modi diversi di esprimere l'apporto femminile in un mondo complesso


Donne. Il concetto di femminilità risente delle influenze culturali e si trasmette nella relazione con le figure di accudimento. È un concetto ampio che riguarda l’intera persona della donna e non ha nulla a che vedere con la bellezza, né tantomeno con la seduzione. Eppure una donna femminile appare bella e seducente.

Alla base della femminilità c’è la consapevolezza di ciò che si è, della propria natura. Ad essa si unisce la capacità appresa di valorizzare quello che si è scoperto di sé, senza né la forzatura di mettersi in mostra e senza neppure la difficoltà di lasciarsi ammirare. Il baricentro da raggiungere è il proprio. Esistono tanti modi di essere femminili tanti quante sono le donne.

Uno dei motivi per cui le donne, sin dalla tenera età, guardano le altre donne è proprio questo: imparare a riconoscere se stesse e ad amarsi.

Se viene a mancare in famiglia questo esempio, lo si cerca dapprima esternamente. Quando questo non è possibile e per svariati motivi si riscontrano difficoltà a contattare la propria natura di donne, la propria bellezza e leggiadria interiore, allora una donna può arrivare a scegliere di non apparire.

Il risultato è che si finisce per trascurare sé stesse, temere di essere notate o solo osservate, di non saper come reagire ad un complimento o ritenerlo immeritato. Così facendo una donna si nasconde a sé stessa prima che agli altri e sembrerebbe destinata a non incontrarsi ed a non esprimere fino in fondo la sua essenza.

Riconnettersi a se. Quando queste donne si sentono pronte a contattarsi ed incontrarsi iniziano un lento e delicato processo che viene sovente simbolizzato con una rinascita o una rifioritura. Cominciano osservando le altre donne attorno, cogliendo e prendendo da ciascuna un particolare. Determinante è l’atteggiamento con cui procedono: non per invidiare né per squalificarsi, piuttosto per cogliere ciò di cui si bisogna e da cui si può apprendere.

Una variabile esterna non di poco conto è la disponibilità delle altre donne a lasciarsi osservare e fungere in qualche modo da modello. Occorrono dunque relazioni e contesti privi di competizione e di giudizi affinché la femminilità possa esprimersi appieno. Viceversa la loro presenza in misura massiccia frena la disponibilità di ciascuno a procedere con interazioni, confronti e scambi profondi.

Altre esperienze. Ci sono donne che con la loro femminilità ci si muovono bene. Non ricercano i complimenti ma se ne ricevono uno, ringraziano compiaciute e sorridono. Hanno scoperto la bellezza che sono e che hanno e la celebrano, indifferentemente dal tipo di vestito, di trucco, di acconciatura o se sono acqua e sapone. Queste donne amano farsi belle per sé, hanno scelto questo come loro stile, talvolta ci sono cresciute. Le loro carte vincenti sono il sorriso e la leggiadria, atteggiamenti con cui possono suscitare coinvolgimento o viceversa invidia.

Ci sono infine donne che desiderano incontrare ed esprimere la loro femminilità, ma sono troppo arrabbiate (sovente con se stesse o la loro storia) e rancorose per poter comprendere cosa essa sia veramente, quali passi siano necessari per raggiungerla e non confonderla con l’esteriorità. Anche loro le potremmo definire donne in cammino, pronte a sperimentarsi e ricominciare dopo ogni battuta d’arresto e determinate a raggiungere il loro scopo. Molto spesso è l’esperienza che maturano a guidarle, altre volte scoprono durante il tragitto, e per mezzo di terze persone, che dietro alla facciata degli obiettivi iniziali si nascondeva molto più di quanto loro pensassero.

Qualunque sia il percorso che ogni donna è chiamata a fare, qualunque sia il suo ruolo sociale o istituzionale la femminilità è un aspetto del nostro essere e come tale ci accompagna.



16.7.20

Relazioni amorose pericolose

 Fonte: Città Nuova


Impara a riconoscere i segnali che nuocciono alle relazioni amorose. Cosa fare?


Le relazioni amorose non nascono violente, lo diventano nel tempo e per fasi. Spesso chi sta accanto coglie per primo segnali che stonano, che risultano incomprensibili come gelosie, divieti, false interpretazioni, piccole intonazioni nella voce che segnalano ciò che non si deve fare ed il confine da non superare, fino ai tentativi di escludere altri tipi di legami e contatti.

Il modo in cui questa violenza si esprime nella diade è differente e varia dalla fase di vita della coppia e da chi la esprime. Essa può essere verbale o fisica, sessuale o riguardare atti di trascuratezza o di persecuzione. E può riguardare sia uomini che donne sebbene la letteratura e la casistica sono abbondantemente sbilanciate sul numero di casi che riguardano le donne.

Ma cosa fare quando ci si trova dentro una relazione che può divenire pericolosa?

La prima cosa è non pensarsi soli. Questo è quello che generalmente chi assume il ruolo di carnefice in una relazione che ha una base violenta vuol far credere alla vittima. Cadere nell’isolamento fisico e mentale sarebbe molto pericoloso.

Mantenere il contatto ed il confronto con gli altri. Per quanto faticoso ed a tratti anche rifiutato è importante per chi si trova in una relazione che ha le premesse per divenire violenta non isolarsi né mentalmente né fisicamente.

Non chiudersi in una prospettiva da salvatore/crocerossina. Nessuno può essere salvato se prima non riconosce di avere un problema e fa azioni coerenti per farsi aiutare professionalmente.

Divenire consapevole di quali meccanismi che appartengono a sé si incastrano con quelli del partner. I bisogni e le paure che tengono insieme i membri della coppia sono speculari, ognuno rinforza un aspetto dell’altro.

Reinterpretare i sentimenti comuni di paura o vergogna. La paura non dovrebbe essere tanto delle ripercussioni che il partner potrebbe subire o che dal partner si potrebbero subire, bensì di come personalmente ci si sta trasformando. La vergogna si genera per una falsa interpretazione della situazione in cui si ritiene di “non andare bene”. Nel fare qualcosa per proteggersi e nel riattivare quella forma di sano amore verso sé stessi, non ci può essere vergogna.

Reimparare a gestire i confini tra sé e l’altro. Un eccesso di preoccupazione per l’altro a discapito di sé manca di un equilibrio di base. È importante riappropriarsi dei propri pensieri e non temere di lasciar emergere le differenze. Dire in maniera chiara cosa va e cosa non può funzionare. Indicare all’altro il limite oltre il quale non ci può essere spazio di continuità e di vicinanza. Non lasciarsi frenare dal timore di nuocere all’immagine dell’altro.

Comprendere il senso di colpa. Questo sottile vissuto fa da sfondo a molte relazioni conflittuali ed è un indice molto importante per comprendere il dinamismo interno ai partner. Talvolta si tratta di coppie in cui questo vissuto viene scaricato vicendevolmente l’uno sull’altro, altre volte è unidirezionale. Le prime sono coppie altamente conflittuali, nelle seconde è avvenuta una suddivisione dei ruoli e del potere nella coppia. In ogni caso il senso di colpa come vissuto indotto, è un segnale che la relazione è divenuta manipolativa.

Questi comportamenti possono essere attuati nelle fasi in cui emergono i primi segnali, quando possono ancora essere determinanti nello scegliere di proseguire o meno la relazione. Diventa invece più complicato intervenire quando la relazione diventa violenta ed il circuito vittima-carnefice si afferma. In questo caso è molto difficile che chi è nel ruolo di vittima riesca a mantenere quella chiarezza di pensiero che gli permetterebbe di distinguere l’aggrovigliato mondo di pensieri, emozioni, vissuti e azioni personali e quelle dell’altro. La dipendenza psichica che si instaura tra i due rende in questa fase impossibile qualunque intervento esterno fintanto che non si verifica un evento limite.

Una prevenzione efficace è “teoricamente” possibile e coinvolge anzitempo l’intero assetto familiare e socio-ambientale in cui l’educazione affettivo-sessuale e lo sviluppo psico-emotivo delle persone si inseriscono. Questa compagine comprende così tante variabili che nella vita reale per lo più sfuggono al controllo, ma alle quali per quanto possibile si può dare attenzione in svariati modi: attraverso scelte personali e familiari, stili di vita, modi di utilizzo del tempo e spazi per la riflessione comune.

In questo senso non dovrebbe mai mancare, a mio avviso, la consapevolezza che accanto alla libertà di scelte personali dei vari attori coinvolti, secondo la teoria dell’apprendimento per modeling (cioè per osservazione) ciascuno nel proprio contesto assume in ogni caso un ruolo di “modello”.



17.6.20

La paura dell’amore

 Fonte: Città Nuova


Il coinvolgimento che si vive in un rapporto affettivo può far paura, impedendo di riconoscere l'amore, pur avendolo cercato. Come comportarsi se si prova timore o se è il/la partner ad essere spaventato?


Nella relazione di coppia si sperimenta una grande vicinanza emotiva. Questo coinvolgimento è un’esperienza così forte che ad alcuni può far paura. E la paura può essere così tanta da non consentire di riconoscere l’amore desiderato e ricercato. Piuttosto si avverte il pericolo del legame affettivo e di tutto ciò che potrebbe comportare. Ne consegue l’impulso a difendersi, attraverso svariati ed inconsapevoli espedienti, proprio dalla relazione che in realtà si desidera. Questa esperienza, comune a molti single fintanto che non guardano in faccia la loro paura di amare e di abbandonarsi in una relazione, è diffusa a differenti livelli anche nelle coppie.

Di che paura si tratta?
L’amore nella relazione intima ha la componente della fiducia e della dipendenza, due condizioni che in base alle esperienze maturate nella vita accompagnano la persona verso un maggiore o minore coinvolgimento emotivo nella relazione con l’altro.

Coinvolgimento in amore vuol dire essere aperto al nuovo e non noto, al divenire perenne, alle differenze dell’altro e del proprio cambiamento interno, all’incertezza su come andrà. Tutto questo dinamismo, che è esterno ed interno insieme, genera incertezze già di per se, non è riferibile solo a sé stessi, ma anche all’interazione con l’altro su cui non si può avere alcuna forma di controllo. E questo genera paure.

Inoltre in amore non c’è garanzia su nulla, c’è piuttosto una scommessa. Per questo motivo ci si scambiano promesse, tenerezze, si parla tanto, ci si confida, si progetta e ci si ripete all’infinito “Ti amo!”. C’è bisogno di costruire nella relazione quella fiducia di base che crea le premesse per affidarsi e legarsi in un rapporto di reciproca dipendenza. Una dipendenza adulta e sana, molto diversa da quella del bambino.

Questo tipo di coinvolgimento risveglia ricordi con legami antichi, con vissuti di abbandoni e tradimenti che nella relazione d’amore che si sta costruendo potrebbero in teoria riattualizzarsi. È questa la principale paura di chi cerca ed al contempo teme l’amore: il timore di rendersi feribili e di essere feriti dal partner, proprio colui nelle cui mani si è affidato tanto di sé.

Come innamorati si possono lasciar inconsapevolmente accadere tante cose affinché il legame non si crei ed al fine di mantenere il, per certi versi, più rassicurante status quo.

Nella coppia invece, per moderare questi profondi timori si possono mettere in atto specifici meccanismi. Alcuni costruiscono relazioni meno coinvolgenti possibili o mantengono separati i diversi settori della loro vita. Altri trovano il modo di distruggere la relazione che funziona per non dover subire la delusione ipotetica di vederla degenerarsi e per non essere lasciati sul più bello. Possono decidere ad esempio di scomparire lasciando partner e famiglia, oppure creano attraverso il litigio e gli attacchi continui al partner quella condizione per impedire vicinanza ed intimità. Qualcun’altro ancora fugge l’intimità attraverso la rottura costante della relazione che viene simbolizzata attraverso il tradimento.

Cosa fare se il tuo partner ha paura di una relazione profonda?

  • Per prima cosa rimanere certi che la situazione non dipende da voi. È una tematica troppo profonda nella persona ed ha origini ben più lontane.
  • In secondo luogo non essere né troppo, né troppo velocemente coinvolgenti. Rispettare dunque i tempi propri dell’altro ed i suoi spazi personali.
  • Non nascondere ciò che siete e parlare di ciò che non va. Fingervi altro o trascurare i punti di conflitto non aiuterebbe lo sviluppo di una relazione di fiducia che esprima coerenza.

E se sei tu a temerla?

  • Come in tante altre situazioni è necessario per prima cosa prenderne consapevolezza, riconoscere che una parte di te teme e si difende proprio da ciò che più vorrebbe. A partire da questa consapevolezza si possono generare nuove riflessioni e propositi.
  • Ricordare che la relazione è sempre nuova e ciò che è passato appartiene al passato.
  • Guardare alla persona con occhi liberi e non pregiudizievoli mette te e l’altro a proprio agio.
  • Concedersi la possibilità di sbagliare e di spiegarsi. Una proprietà della relazione è proprio la duttilità.

In questo attraversamento spesso può esser necessario farsi aiutare come singoli o come coppia. Imparare a leggere ed a comunicare il proprio mondo interno è di grande aiuto per non giudicarsi e non giudicare, né vittimizzarsi, né arrendersi di fronte agli ostacoli.

Infine si tratta di sviluppare o affinare abilità e sensibilità a partire da quel delicato e amorevole ascolto di sé che proprio l’incontro con l’altro permette.



12.6.20

Esiste un tempo giusto per avere un figlio?

 Fonte: Città Nuova


I figli, parte dell’amore e della relazione genitoriale, rappresentano una delle forme classiche di realizzazione della coppia che si apre alla continuità della vita. Quando è il tempo propizio?


Qual è l’età giusta per avere un figlio? Se lo chiedono molte coppie che pospongono questa data a quando: «ci saremo sposati, avrò finito gli studi, avremo una posizione sicura, avremo trovato una collocazione stabile, ecc. ecc». Una sequenza cronologica degli eventi (tempo Kronos) che spesso non corrisponde a quei ritmi interni che invece designiamo con un’altra definizione del tempo: quella del tempo vissuto, ma anche quella del tempo propizio identificato con il concetto di tempo come Kairòs.

Dimensione interna del tempo e dimensione esterna si incrociano, ma che effetto producono nelle persone immerse nella complessità della loro vita tra storia personale, progetti di vita e di coppia?

Marta e Francesco, entrambi sopra i 30 anni, hanno deciso di sposarsi e di sostenersi nel realizzare i loro progetti di vita. L’intensità con cui vivono la loro relazione, le amicizie e la passione per il loro lavoro non genera spazi di pensiero sul loro divenire famiglia. L’occasionale flebile battuta di un genitore sulla possibilità di  renderli nonni non li trova ancora pronti ad approcciarsi a questo tema.

Maria Paola ha conosciuto a 42 anni l’attuale marito, un uomo col quale ha trovato non solo un’intesa di coppia ma anche un equilibrio personale che le mancava. Lui ha 54 anni ed una figlia già grande. Non vuole diventare nuovamente papà, sebbene comprenda il desiderio di Maria Paola di diventare mamma. Lei a sua volta non vuole che il tema tra di loro si basi solo sulla pressione dell’orologio biologico, in fondo non sa neppure se biologicamente sarebbe fattivamente ancora possibile. Interiormente fa i conti con le sue scelte passate, la forte spinta all’indipendenza avuta negli anni e la difficoltà a raggiungere nel tempo una relazione che si fondasse sull’interdipendenza.

Francesca 36 anni ha una relazione con un uomo che le piace molto, di poco più giovane di lei. Spesso si sono scontrati sul tema matrimonio, per lui ancora troppo presto, per lei troppo tardi. Ora che sono sposati vuole dei figli e si percepisce come biologicamente già grande. Non sa cosa la vita potrà riservarle, vede tante amiche che desiderano la gravidanza e non la ottengono, anche più giovani di lei e senza apparenti problemi. Lui teme invece che potrebbero non essere in grado di sostenere tutte le spese che un figlio comporta.

Sandro ha 39 anni ed una carriera avviata. Ha da poco una nuova relazione con Graziella, 4 anni più grande di lui. Quando scopre che Graziella è incinta si sente incastrato, è tutto troppo veloce per lui, e vorrebbe che lei rinunciasse al figlio. Graziella non è d’accordo ed è chiara: con o senza di lui avrà quel figlio. A 43 anni pensa che potrebbe essere la sua unica opportunità di essere mamma.

Cosa hanno in comune queste storie? L’amore e la relazione, quello per cui si è disposti a rimettersi in discussione, a trovare nuove forme di soddisfazione personale anche molto diverse da quelle che si erano fino ad allora pensate. Quell’amore che fa uscire da sé stessi per andare incontro al partner, nel dialogo, ed incontro al figlio nel dono di sé. Ma un amore più diventa intimo e profondo più è in grado di generare legami e paure.

L’autorealizzazione personale, rappresenta il vertice nella “gerarchia dei bisogni” identificati negli anni ’50 dallo psicologo americano Abraham Maslow, attraverso i quali la persona realizza sé stesso. È una conquista della nostra società che per non esprimersi in un limite individualistico deve potersi integrare con gli aspetti socio-relazionali della persona. Bisogni personali e bisogni di coppia possono essere perseguiti insieme solo in un rapporto che si esprima nell’interdipendenza.

I figli, parte dell’amore e della relazione genitoriale, rappresentano una delle forme classiche di realizzazione della coppia che si apre alla continuità della vita. È interessante notare come il loro arrivo non è per tutti uguale. Ci sono coppie dove i figli arrivano secondo un tempo Kronos e ce ne sono altre dove il loro arrivo si inserisce in un tempo Kairòs.

L’accadimento, inteso come fatto che diventa possibile, è infatti legato al tempo propizio, l’unico in cui il “fatto” può essere reso possibile anche per mezzo di una propria compartecipazione. Talvolta giungendo come inatteso e chiedendo una riorganizzazione di vita.

Il tempo e le emozioni. Il tempo Kairòs inteso come tempo vissuto si lega alla fase della vita ed alla maturazione della persona. Per questo porta con se dei connotati emozionali propri di ogni fase di vita che fanno vivere l’attesa come gioia della preparazione, come paura di ciò che potrà accadere, come ansia per il ticchettio dell’orologio biologico o come la possibilità di esplorare vari modi di essere aperti alla vita, famiglia e genitori.

È in questa complessità di elementi che si inscrive un evento così importante che è al contempo naturale e straordinario e che ha una portata molto più grande del semplice atto generativo nella vita di quanti vi partecipano.



4.6.20

Essere single al tempo del Covid-19

 Fonte: Città Nuova


Che fine hanno fatto i single in questi mesi? Come se la sono cavata tra misure di sicurezza, blocchi e allentamenti delle misure di sicurezza?


Il desiderio di incontrare l’anima gemella non cessa perché un virus – Il Covid 19 – è in agguato. Il tipo di atteggiamento che si assume per creare le condizioni che permettono l’incontro con gli altri deve incastrarsi con le possibilità che la vita dispone. Che fare allora dopo il lockdown, adesso che le misure si sicurezza via via si allentano?

Prendersi del tempo per mettere ordine nel proprio mondo interno
Se sei stato di quelli che hanno valorizzato questo tempo rallentato per ricontattare se stessi, mettere ordine nei pensieri, affrontare aspetti di sé che attendevano da tempo di essere supervisionati, hai fatto una delle cose che di solito vengono suggerite a chi da tempo cerca l’anima gemella e non la incontra. In fondo, mentre fai qualcosa di buon per te, stai curando anche gli aspetti che proporrai all’altro e che ti renderanno non solo te stesso e libero di fronte all’altro, ma anche naturalmente più attraente proprio in virtù di questa tua riconnessione con la tua interiorità. Ma attento: la stessa cosa non funzione se questi aspetti li curi solo per l’altro, i risultati avrebbero breve durata!

Rimanere chiusi ad aspettare che tutto passi. Se passa!
Forse ti sarai detto che non si può fare nulla di ciò a cui eri abituato, che la vita ti va contro, che tutto ciò che cerchi è banalmente offuscato da un virus nemmeno visibile all’occhio. E ligio alle osservanze per le restrizioni hai pensato che questa fase della tua vita sarebbe stata tutta da cancellare. In fondo se non puoi uscire cosa ti resta? Come si può conoscere veramente una persona senza poterla incontrare? In realtà non è stato tutto bloccato, è stato possibile aprirsi agli altri cambiando piccole variabili, fare le stesse cose ma in modo diverso: grazie all’ausilio della tecnologia abbiamo potuto mantenere e rafforzare i contatti e, perché no, anche costruirne di nuovi. Essere troppo rigidi nel valutare le opzioni disponibili rischia di far perdere delle belle opportunità.

Calarsi nel virtuale
Che si tratti di siti di incontri o di social network, la tecnologia e il virtuale sono da anni compagni di cammino di molti single. Essi offrono uno spazio di incontro nella comodità delle proprie case. Molto utili per mantenere contatti già avviati, o come occasione per avviarne di nuovi, non possono essere l’unico modo per incontrare l’altro e conoscerlo nella sua completezza. Non sostituiscono, ma possono affiancare la relazione vis à visCredere di basare una relazione su una conoscenza solo virtuale è molto rischioso, sebbene esistano coppie felici che si sono conosciute su Internet. Ciò che fa la differenza è il farsi conoscere per come si è e non per come si vuole apparire.

Approfondire meglio la conoscenza di qualcuno che si è già conosciuto
Magari l’imposizione del lockdown per quanto scomoda e irritante può aver creato la premessa per valorizzare qualche relazione già in essere, ma mai veramente coltivata. In fondo si sa che nelle situazioni più disparate nascono gli amori più longevi, proprio dalla condivisione di emozioni forti in cui ci si sostiene a vicenda. E forse è questa la mano che madre natura poteva trovare per far uscire dal guscio qualcuno che non si era proprio accorto dell’altro.

Farsi piacere a tutti i costi quella/o dell’ultimo cocktail
Viceversa appiccicarsi come una cozza all’altro non funziona né con né senza lockdown, almeno non in maniera duratura e sana. Le relazioni invischianti, dipendenti o confuse sono sempre da evitare. Così anche l’atteggiamento da ultima spiaggia. Non c’è alcuna ora X che segna la fine del tempo: all’amore non si comanda, quando arriva arriva, anche se questo può comportare di dover rinunciare ad alcuni sogni come quello della maternità naturale, che è però un discorso a parte. Costringersi a farsi piacere qualcuno solo perché è li presente equivale a costruire castelli in aria, che al primo soffio di vento si scomporranno. Meglio a questo punto utilizzare il tempo per risolvere quegli aspetti di sé che tengono lontani dalla realtà ed impediscono di costruire relazioni sane.

Ora che ci si riappropria di spazi di vita e di interazione sempre maggiori, puoi far tesoro di quanto vissuto ed appurato nella precedente fase di lock-down. Impara a sintonizzarti sulle opportunità e a conoscere meglio le tue modalità di affrontare le situazioni accidentali che la vita ti mette innanzi. Ma soprattutto identifica quale è il tuo modo di andare incontro all’altro. Solo così potrai meglio comprendere quale ruolo giocano questi tuoi modi di comportarti nel costruire relazioni che funzionano o viceversa da cui resti deluso.



21.5.20

Ci siamo detti tutto? La vera comunicazione che fa crescere

 Fonte: Città Nuova


Ogni coppia è in cammino, e solo nel comunicarsi le cose si ha l’opportunità di crescerci dentro insieme. Quando nella coppia non si parla, i silenzi diventano taglienti e sono in grado di fare più rumore e più male di quanto ne facciano le parole


Per alcune coppie la quarantena ha significato prendersi finalmente il tempo per affrontare discorsi lasciati in disparte o interrotti per altre situazioni concomitanti.  Ma siete sicuri di esservi detti proprio tutto?

Dai sassolini nella scarpa da anni, che vi fanno camminare scomodi in due, a quel complimento taciuto perché l’altro in quel momento vi aveva fatto troppo arrabbiare, a quel progetto che avreste voluto realizzare ma che poi a ben pensarci c’erano altre priorità familiari e ci avevate velocemente rinunciato senza cercare una soluzione comune, a quella a volta che di fronte ai parenti non vi eravate sentiti sostenuti e l’altro non aveva frenato un’ingerenza.

Ogni coppia è in cammino, e solo nel comunicarsi le cose si ha l’opportunità di crescerci dentro insieme. Quando nella coppia non si parla, i silenzi diventano taglienti e sono in grado di fare più rumore e più male di quanto ne facciano le parole.

Nel testo della canzone “Fai rumore” di Diodato, vincitrice del Festival di questo anno, l’autore fa dire ai personaggi “non lo so se il tuo rumore mi conviene”. Vale a dire, non so se ciò che hai da dire mi piacerà, se mi farà confrontare con ciò che di me non voglio vedere. Ed anche il dubbio sempre possibile se mi sarà utile per migliorarmi come persona, se va nella direzione del cambiamento possibile legato alla mia persona piuttosto che a quello che tu ti aspetti da me.

Poi il testo prosegue qualche battuta dopo quasi con una supplica “ma fai rumore”, che suona come un non lasciarmi solo ad interpretare questi silenzi, potrei essere un giudice severo con me stesso. Ma anche non togliermi ciò a cui sono abituato, non rompere il gioco di attacchi e recriminazioni su di noi, altrimenti poi dobbiamo guardare le cose in faccia.

Dialoghi ipotetici frequenti tra molte coppie.

A volte la comunicazione nella vita reale è “volutamente” tendenziosa. Questo serve a spostare l’attenzione su altro. Attraverso la comunicazione non verbale si veicolano messaggi di cui il più delle volte siamo inconsapevoli e che sono assolutamente in contrasto con le parole che si stanno usando. È il caso della comunicazione paradossale, in cui nella stessa frase si afferma qualcosa e la si nega. La celebre citazione di una vignetta “Mi piaci così come sei, solo che ti vorrei diverso” ne è un esempio. A qualche livello una parte di noi recepisce l’attacco ma non può rispondere congruentemente se non identifica il doppio livello del messaggio.

In questo caso diventa difficile comprendere su quale canale comunicativo sintonizzarsi, ad esempio un complimento o l’attacco. Le incongruenze possono essere colte solo se almeno uno dei due dialoga senza partecipare ai cosiddetti giochi relazionali, cioè se è consapevole della dinamica che sta avvenendo nella relazione comunicativa. Occorrerebbe inoltre essere in grado di interrompere intenzionalmente queste dinamiche, cioè quelle interazioni ripetitive che si attivano d’abitudine e portano lontano dall’obiettivo dichiarato, il quale a sua volta in questi casi non corrisponde affatto all’obiettivo perseguito.

Quando parliamo all’altro usiamo inoltre quelle che lo psicologo Eric Bern chiama le posizioni esistenziali. Ci relazioniamo all’altro quindi con una concezione della nostra reciproca relazione come paritaria, cioè da adulto ad adulto, o con l’idea che o noi o l’altro siamo ad un livello superiore o inferiore. Questo comporta ruoli stereotipati e vizi di forma nella comunicazione. La verità non può mai essere espressa fino in fondo ed il messaggio non è a supporto della relazione.

Forse se ci ascoltassimo di più e più attentamente riusciremmo a rimodulare alcuni dei modi di comunicare che ostacolano la relazione e con essa la creazione di una relazione sempre più intima.

Ascoltarsi ed ascoltare ci mettono in grado di conoscerci sempre meglio e di co-costruire la relazione nello spazio-tempo di ogni giorno. Ci danno anche gli strumenti per dire con maggiore coerenza quello che pensiamo e che vorremmo, e supportano la crescita vicendevole dei partner. In questo modo il “fai rumore” può diventare una richiesta sincera di essere supportati a crescere interiormente nella verità, nella reciprocità e nel rispetto di ciò che si è.



6.5.20

Innamorati al tempo del Covid 19, la bellezza di ritrovarsi

 Fonte: Città Nuova


Da quando è cominciata la Fase due dell'emergenza Covid 19 è possibile incontrare i fidanzati o comunque le persone amate che erano lontane. Ma, nel frattempo, qualcosa nel rapporto può essere cambiato...


Tipico degli innamorati è la frenesia e il desiderio di rincontrarsi. I minuti che tengono lontani sembrano ore e le ore sembrano giorni, interminabili fintanto che non si è vicini all’altro. Al contrario, quello trascorso insieme è un tempo che scorre veloce. Esso ha una espansione e una densità in cui non ci si riesce mai a spiegare come sia possibile aver fatto o condiviso così tanto in solo un pomeriggio insieme.

Fidanzati e amanti che per circa due mesi si sono ritrovati a rimanere obbligatoriamente separati a causa dell’emergenza coronavirus, per disposizione del decreto del premier Conte, per chiusure dei confini regionali o nazionali (pensiamo a chi vive in stati diversi), per minacce di perdita di lavoro o più semplicemente per non correre rischi se appartenenti o vicini a chi rientra nelle fasce a rischio, possono dal 4 maggio tirare un sospiro di sollievo. La fase due dell’emergenza è cominciata e si può finalmente tornare a vedersi dal vivo.

Questo tanto sospirato momento è capace di appagare il piacere del trovarsi finalmente vicini, ma può rappresentare anche una nuova sfida per la coppia. La tecnologia è stata di grande supporto per accorciare le distanze, per continuare a crescere e sentirsi emotivamente vicini, per abbattere la solitudine. Ritrovarsi vis-à-vis avrà però l’effetto di dirsi come si è cambiatidentro in questo tempo e tornare a sintonizzarsi su una percezione reale, e non filtrata da uno schermo, di come si sta passo passo diventando. Quali desideri, progetti e priorità sono maturati, per confermarsi o rivalutare il piacere del ritrovarsi e dello stare insieme. Anche per dirsi cosa è mancato di più.

Gli innamorati si sa sono campioni in promesse e all’amore spetta il ruolo di mantenerle. Alcune relazioni sono state interrotte in una fase iniziale, altre erano già consolidate, qualcuno era alle soglie del matrimonio che ha dovuto rimandare. Rinnovarsi intenzioni ed emozioni aiuta a fare il punto della situazione, a dirsi quanto si è continuato a camminare l’uno nella direzione dell’altro. Ci sono cose che ad esempio, per l’esperienza di questi mesi, sono passate sullo sfondo ed altre che sbalorditivamente sono venute in luce. Su cosa si fonda l’amore che l’uno prova per l’altro oggi?  

Queste rivalutazioni sono parte del percorso di crescita che le persone fanno come individui dentro alla relazione. Ci sarà qualcuno che vorrà spingere il piede sull’acceleratore per accorciare le distanze e velocizzare progetti come l’andare a vivere insieme o sposarsi. Progetti belli, ma che hanno bisogno di fondarsi sulla misura dell’amore reciproco piuttosto che sul bisogno di accorciare le distanze o di non sentirsi soli.

Poi ci sono le coppie che lontane lo erano già, fisicamente o emotivamente. Alcune di esse potrebbero aver approfittato dei ritmi di vita più lenti per accedere ciascuno al proprio personale mondo interno così da renderlo più accessibile anche all’altro e riscoprendo l’intimità emotivaMentre altre potrebbero aver vissuto male la propria solitudine e innalzato barriere ancora più alte. Ritrovandosi face to face tutto questo viene messo in condivisione con quanto vissuto dall’altro e solo nella dimensione relazionale potrà assumere un senso affinché la coppia se ne prenda cura e lo inglobi nella propria storia, decidendo che ruolo dargli.

Questo tempo di sospensione può essere stato anche un tempo di riflessione e ridecisioni per quelle coppie in cui la relazione non andava molto bene. La lontananza in questi casi è complice e permette quel certo distacco che aiuta a vedere più chiaramente gli aspetti che nella routine difficilmente vengono colti, sia che si tratti di aspetti da rivalutare positivamente sia che si tratti di caratteristiche da soppesare.

Come con tutti gli aspetti della vita a ben guardare l’esperienza del Covid-19, se vissuta cogliendone le occasioni intrinseche, aiuta anche in campo amoroso a mettere a nudo la verità e la profondità sia delle relazioni sia dell’animo umano. A noi ogni volta avere occhi ed orecchie per scorgerle e decidere cosa farne.



23.4.20

La noia nella coppia, come nasce e cosa ci dice

 

Fonte: Città Nuova


È annoverata tra le emozioni tristi eppure contiene in sé tanto potenziale innovativo. La noia si supera ricominciando a pensarsi come entità in interazione ed in movimento


La noia prima di tutto nasce da uno stallo, dal voler rimanere ostinatamente in una fase che non da più nulla, né alla persona né alla coppia. Nasce dalla routine della quotidianità, dal dare per scontato se stessi e l’altro, dal non percepirsi più in una dimensione vitale di crescita personale e di coppia.

Essa è annoverata tra le emozioni tristi eppure contiene in sé tanto potenziale innovativo. È un luogo comune diffuso pensare alla noia come la fine di una storia ma così facendo si nega alla relazione la sua dinamicità interna ed il valore della noia come occasione di crisi e cioè di rimettere in moto ciò che si è lasciato assopire.

Le abitudini infatti hanno un alto indice di sicurezza, ma occorre stare attenti a non perdere attraverso di esse la vivacità dello scoprirsi e riscoprirsi per non spegnere le passioni. La noia arriva a segnalare non tanto che si è entrati in una zona di comfort quanto piuttosto che quella zona sta diventando scomoda e che occorre fare qualcosa. Quando si arriva a questo punto molto spesso uno dei due, quasi sempre la donna, “le ha già provate tutte” mentre l’altro è distratto dagli stimoli esterni e “vive come una seccatura” gli input del partner.

Le donne poi si arrendono molto velocemente di fronte alla poca voglia che gli uomini hanno del rimettere in discussione l’ordinarietà, e spesso sono convinte di dover fare da sé per dare stimoli alla coppia o di poter fare da sé escludendo il partner. In tutti i casi ci si dimentica della dimensione a tre in cui si vive: io, tu, noi.

Lo stallo nella sua accezione positiva testa se la coppia è pronta ad avviarsi ad una nuova fase, ed indica che il precedente modo di funzionare è obsoleto, che occorre co-costruirne uno nuovo che sia funzionale all’attuale stato e maturità delle persone che compongono la coppia. occorre dotarsi di strumenti per trasformarla in pedana di lancio. L’idea della coppia “che si era” è superata.

Né sono funzionali le forme alternative di essere coppia in cui si perde l’intimità sessuale o si cerca altrove una compensazione. Vivere sdoppiati, giocando in modo rigido alcune parti di sé fuori con gli amici ed altre col partner non permette di essere veramente se stessi.

La noia si supera dunque con un cambio di atteggiamento ricominciando a pensarsi come entità in interazione ed in movimento.

Due errori sono in agguato: la solitudine e gli stimoli esterni. La mancanza di comunicazione dei vissuti e delle nuove acquisizioni crea nella coppia una barriera che allontana l’uno dall’altro.

Contemporaneamente questo modo di fare radicalizza l’abitudinarietà che fino ad allora ha fatto funzionare l’insieme e fissa un’immagine stereotipata l’uno dell’altro in cui diventa difficile cogliere anche le piccole quotidiane evoluzioni. Attraverso il ripetersi meccanico delle azioni le emozioni vengono spente o orientate verso altre fonti di soddisfazione.

Non si può ignorare che ciascuno ha desideri e bisogni che aspettano di essere riconosciuti e presi in carico. Ma come? Nel dialogo per puntare alla crescita di coppia, e facendo tanto esercizio di ascolto, comprensione e riformulazione per esser sicuri di aver capito bene e non metterci del proprio.

Poi usando la creatività e cercando di mettere in gioco parti nuove di sé, dando sfogo alla creatività ed alle idee, ripescando sogni nel cassetto ed a volte superando anche piccoli imbarazzi di mostrarsi un po’ diversi seppur sempre se stessi. Ed infine trovando modi comuni per far si che le tre dimensioni della coppia possano trovare un nuovo equilibrio.

Bisogni ed emozioni non ascoltate cercano altre forme per raggiungere un apparente equilibrio tra cui il malessere, il ricorso a valvole di sfogo e la creazione di vuoti interni o relazionali che alla lunga diventano difficili da colmare.

In questo tempo pandemico siamo stati tutti sollecitati ad ascoltare un po’ meglio il nostro mondo interno. Personalmente ho colto che, in tante situazioni potenzialmente critiche, l’aver accettato la condizione esterna di confinamento in casa ha predisposto molte coppie ad una maggiore capacità di trovare un’intesa e riflettere meglio su quanto normalmente avrebbe rappresentato un punto di criticità.

Come è per voi? Dopo così tante settimane in casa per la quarantena cosa hai scoperto di nuovo del tuo partner e del vostro modo di funzionare? Come è stata la vostra capacità di riadattare la routine consolidata per far fronte alle nuove e tante esigenze del condividere spazi e tempi? Quando hai fatto qualche riflessione su di te, di voi e dei cambiamenti e riadattamenti in atto gliela hai comunicata e come? Hai notato qualcosa di diversamente positivo? C’è qualcosa che l’altro ti ha detto o ha fatto attraverso cui ti ha mostrato qualcosa di nuovo di sé? È rimasto ancora altro che vorresti dirgli e non hai ancora fatto? Il mio invito è ad utilizzare la prima occasione possibile per farlo.

Interessarsi genuinamente all’altro ed alle sue piccole scoperte quotidiane e vicendevolmente comunicarsele tiene lontana la noia.