17.6.20

La paura dell’amore

 Fonte: Città Nuova


Il coinvolgimento che si vive in un rapporto affettivo può far paura, impedendo di riconoscere l'amore, pur avendolo cercato. Come comportarsi se si prova timore o se è il/la partner ad essere spaventato?


Nella relazione di coppia si sperimenta una grande vicinanza emotiva. Questo coinvolgimento è un’esperienza così forte che ad alcuni può far paura. E la paura può essere così tanta da non consentire di riconoscere l’amore desiderato e ricercato. Piuttosto si avverte il pericolo del legame affettivo e di tutto ciò che potrebbe comportare. Ne consegue l’impulso a difendersi, attraverso svariati ed inconsapevoli espedienti, proprio dalla relazione che in realtà si desidera. Questa esperienza, comune a molti single fintanto che non guardano in faccia la loro paura di amare e di abbandonarsi in una relazione, è diffusa a differenti livelli anche nelle coppie.

Di che paura si tratta?
L’amore nella relazione intima ha la componente della fiducia e della dipendenza, due condizioni che in base alle esperienze maturate nella vita accompagnano la persona verso un maggiore o minore coinvolgimento emotivo nella relazione con l’altro.

Coinvolgimento in amore vuol dire essere aperto al nuovo e non noto, al divenire perenne, alle differenze dell’altro e del proprio cambiamento interno, all’incertezza su come andrà. Tutto questo dinamismo, che è esterno ed interno insieme, genera incertezze già di per se, non è riferibile solo a sé stessi, ma anche all’interazione con l’altro su cui non si può avere alcuna forma di controllo. E questo genera paure.

Inoltre in amore non c’è garanzia su nulla, c’è piuttosto una scommessa. Per questo motivo ci si scambiano promesse, tenerezze, si parla tanto, ci si confida, si progetta e ci si ripete all’infinito “Ti amo!”. C’è bisogno di costruire nella relazione quella fiducia di base che crea le premesse per affidarsi e legarsi in un rapporto di reciproca dipendenza. Una dipendenza adulta e sana, molto diversa da quella del bambino.

Questo tipo di coinvolgimento risveglia ricordi con legami antichi, con vissuti di abbandoni e tradimenti che nella relazione d’amore che si sta costruendo potrebbero in teoria riattualizzarsi. È questa la principale paura di chi cerca ed al contempo teme l’amore: il timore di rendersi feribili e di essere feriti dal partner, proprio colui nelle cui mani si è affidato tanto di sé.

Come innamorati si possono lasciar inconsapevolmente accadere tante cose affinché il legame non si crei ed al fine di mantenere il, per certi versi, più rassicurante status quo.

Nella coppia invece, per moderare questi profondi timori si possono mettere in atto specifici meccanismi. Alcuni costruiscono relazioni meno coinvolgenti possibili o mantengono separati i diversi settori della loro vita. Altri trovano il modo di distruggere la relazione che funziona per non dover subire la delusione ipotetica di vederla degenerarsi e per non essere lasciati sul più bello. Possono decidere ad esempio di scomparire lasciando partner e famiglia, oppure creano attraverso il litigio e gli attacchi continui al partner quella condizione per impedire vicinanza ed intimità. Qualcun’altro ancora fugge l’intimità attraverso la rottura costante della relazione che viene simbolizzata attraverso il tradimento.

Cosa fare se il tuo partner ha paura di una relazione profonda?

  • Per prima cosa rimanere certi che la situazione non dipende da voi. È una tematica troppo profonda nella persona ed ha origini ben più lontane.
  • In secondo luogo non essere né troppo, né troppo velocemente coinvolgenti. Rispettare dunque i tempi propri dell’altro ed i suoi spazi personali.
  • Non nascondere ciò che siete e parlare di ciò che non va. Fingervi altro o trascurare i punti di conflitto non aiuterebbe lo sviluppo di una relazione di fiducia che esprima coerenza.

E se sei tu a temerla?

  • Come in tante altre situazioni è necessario per prima cosa prenderne consapevolezza, riconoscere che una parte di te teme e si difende proprio da ciò che più vorrebbe. A partire da questa consapevolezza si possono generare nuove riflessioni e propositi.
  • Ricordare che la relazione è sempre nuova e ciò che è passato appartiene al passato.
  • Guardare alla persona con occhi liberi e non pregiudizievoli mette te e l’altro a proprio agio.
  • Concedersi la possibilità di sbagliare e di spiegarsi. Una proprietà della relazione è proprio la duttilità.

In questo attraversamento spesso può esser necessario farsi aiutare come singoli o come coppia. Imparare a leggere ed a comunicare il proprio mondo interno è di grande aiuto per non giudicarsi e non giudicare, né vittimizzarsi, né arrendersi di fronte agli ostacoli.

Infine si tratta di sviluppare o affinare abilità e sensibilità a partire da quel delicato e amorevole ascolto di sé che proprio l’incontro con l’altro permette.



12.6.20

Esiste un tempo giusto per avere un figlio?

 Fonte: Città Nuova


I figli, parte dell’amore e della relazione genitoriale, rappresentano una delle forme classiche di realizzazione della coppia che si apre alla continuità della vita. Quando è il tempo propizio?


Qual è l’età giusta per avere un figlio? Se lo chiedono molte coppie che pospongono questa data a quando: «ci saremo sposati, avrò finito gli studi, avremo una posizione sicura, avremo trovato una collocazione stabile, ecc. ecc». Una sequenza cronologica degli eventi (tempo Kronos) che spesso non corrisponde a quei ritmi interni che invece designiamo con un’altra definizione del tempo: quella del tempo vissuto, ma anche quella del tempo propizio identificato con il concetto di tempo come Kairòs.

Dimensione interna del tempo e dimensione esterna si incrociano, ma che effetto producono nelle persone immerse nella complessità della loro vita tra storia personale, progetti di vita e di coppia?

Marta e Francesco, entrambi sopra i 30 anni, hanno deciso di sposarsi e di sostenersi nel realizzare i loro progetti di vita. L’intensità con cui vivono la loro relazione, le amicizie e la passione per il loro lavoro non genera spazi di pensiero sul loro divenire famiglia. L’occasionale flebile battuta di un genitore sulla possibilità di  renderli nonni non li trova ancora pronti ad approcciarsi a questo tema.

Maria Paola ha conosciuto a 42 anni l’attuale marito, un uomo col quale ha trovato non solo un’intesa di coppia ma anche un equilibrio personale che le mancava. Lui ha 54 anni ed una figlia già grande. Non vuole diventare nuovamente papà, sebbene comprenda il desiderio di Maria Paola di diventare mamma. Lei a sua volta non vuole che il tema tra di loro si basi solo sulla pressione dell’orologio biologico, in fondo non sa neppure se biologicamente sarebbe fattivamente ancora possibile. Interiormente fa i conti con le sue scelte passate, la forte spinta all’indipendenza avuta negli anni e la difficoltà a raggiungere nel tempo una relazione che si fondasse sull’interdipendenza.

Francesca 36 anni ha una relazione con un uomo che le piace molto, di poco più giovane di lei. Spesso si sono scontrati sul tema matrimonio, per lui ancora troppo presto, per lei troppo tardi. Ora che sono sposati vuole dei figli e si percepisce come biologicamente già grande. Non sa cosa la vita potrà riservarle, vede tante amiche che desiderano la gravidanza e non la ottengono, anche più giovani di lei e senza apparenti problemi. Lui teme invece che potrebbero non essere in grado di sostenere tutte le spese che un figlio comporta.

Sandro ha 39 anni ed una carriera avviata. Ha da poco una nuova relazione con Graziella, 4 anni più grande di lui. Quando scopre che Graziella è incinta si sente incastrato, è tutto troppo veloce per lui, e vorrebbe che lei rinunciasse al figlio. Graziella non è d’accordo ed è chiara: con o senza di lui avrà quel figlio. A 43 anni pensa che potrebbe essere la sua unica opportunità di essere mamma.

Cosa hanno in comune queste storie? L’amore e la relazione, quello per cui si è disposti a rimettersi in discussione, a trovare nuove forme di soddisfazione personale anche molto diverse da quelle che si erano fino ad allora pensate. Quell’amore che fa uscire da sé stessi per andare incontro al partner, nel dialogo, ed incontro al figlio nel dono di sé. Ma un amore più diventa intimo e profondo più è in grado di generare legami e paure.

L’autorealizzazione personale, rappresenta il vertice nella “gerarchia dei bisogni” identificati negli anni ’50 dallo psicologo americano Abraham Maslow, attraverso i quali la persona realizza sé stesso. È una conquista della nostra società che per non esprimersi in un limite individualistico deve potersi integrare con gli aspetti socio-relazionali della persona. Bisogni personali e bisogni di coppia possono essere perseguiti insieme solo in un rapporto che si esprima nell’interdipendenza.

I figli, parte dell’amore e della relazione genitoriale, rappresentano una delle forme classiche di realizzazione della coppia che si apre alla continuità della vita. È interessante notare come il loro arrivo non è per tutti uguale. Ci sono coppie dove i figli arrivano secondo un tempo Kronos e ce ne sono altre dove il loro arrivo si inserisce in un tempo Kairòs.

L’accadimento, inteso come fatto che diventa possibile, è infatti legato al tempo propizio, l’unico in cui il “fatto” può essere reso possibile anche per mezzo di una propria compartecipazione. Talvolta giungendo come inatteso e chiedendo una riorganizzazione di vita.

Il tempo e le emozioni. Il tempo Kairòs inteso come tempo vissuto si lega alla fase della vita ed alla maturazione della persona. Per questo porta con se dei connotati emozionali propri di ogni fase di vita che fanno vivere l’attesa come gioia della preparazione, come paura di ciò che potrà accadere, come ansia per il ticchettio dell’orologio biologico o come la possibilità di esplorare vari modi di essere aperti alla vita, famiglia e genitori.

È in questa complessità di elementi che si inscrive un evento così importante che è al contempo naturale e straordinario e che ha una portata molto più grande del semplice atto generativo nella vita di quanti vi partecipano.



4.6.20

Essere single al tempo del Covid-19

 Fonte: Città Nuova


Che fine hanno fatto i single in questi mesi? Come se la sono cavata tra misure di sicurezza, blocchi e allentamenti delle misure di sicurezza?


Il desiderio di incontrare l’anima gemella non cessa perché un virus – Il Covid 19 – è in agguato. Il tipo di atteggiamento che si assume per creare le condizioni che permettono l’incontro con gli altri deve incastrarsi con le possibilità che la vita dispone. Che fare allora dopo il lockdown, adesso che le misure si sicurezza via via si allentano?

Prendersi del tempo per mettere ordine nel proprio mondo interno
Se sei stato di quelli che hanno valorizzato questo tempo rallentato per ricontattare se stessi, mettere ordine nei pensieri, affrontare aspetti di sé che attendevano da tempo di essere supervisionati, hai fatto una delle cose che di solito vengono suggerite a chi da tempo cerca l’anima gemella e non la incontra. In fondo, mentre fai qualcosa di buon per te, stai curando anche gli aspetti che proporrai all’altro e che ti renderanno non solo te stesso e libero di fronte all’altro, ma anche naturalmente più attraente proprio in virtù di questa tua riconnessione con la tua interiorità. Ma attento: la stessa cosa non funzione se questi aspetti li curi solo per l’altro, i risultati avrebbero breve durata!

Rimanere chiusi ad aspettare che tutto passi. Se passa!
Forse ti sarai detto che non si può fare nulla di ciò a cui eri abituato, che la vita ti va contro, che tutto ciò che cerchi è banalmente offuscato da un virus nemmeno visibile all’occhio. E ligio alle osservanze per le restrizioni hai pensato che questa fase della tua vita sarebbe stata tutta da cancellare. In fondo se non puoi uscire cosa ti resta? Come si può conoscere veramente una persona senza poterla incontrare? In realtà non è stato tutto bloccato, è stato possibile aprirsi agli altri cambiando piccole variabili, fare le stesse cose ma in modo diverso: grazie all’ausilio della tecnologia abbiamo potuto mantenere e rafforzare i contatti e, perché no, anche costruirne di nuovi. Essere troppo rigidi nel valutare le opzioni disponibili rischia di far perdere delle belle opportunità.

Calarsi nel virtuale
Che si tratti di siti di incontri o di social network, la tecnologia e il virtuale sono da anni compagni di cammino di molti single. Essi offrono uno spazio di incontro nella comodità delle proprie case. Molto utili per mantenere contatti già avviati, o come occasione per avviarne di nuovi, non possono essere l’unico modo per incontrare l’altro e conoscerlo nella sua completezza. Non sostituiscono, ma possono affiancare la relazione vis à visCredere di basare una relazione su una conoscenza solo virtuale è molto rischioso, sebbene esistano coppie felici che si sono conosciute su Internet. Ciò che fa la differenza è il farsi conoscere per come si è e non per come si vuole apparire.

Approfondire meglio la conoscenza di qualcuno che si è già conosciuto
Magari l’imposizione del lockdown per quanto scomoda e irritante può aver creato la premessa per valorizzare qualche relazione già in essere, ma mai veramente coltivata. In fondo si sa che nelle situazioni più disparate nascono gli amori più longevi, proprio dalla condivisione di emozioni forti in cui ci si sostiene a vicenda. E forse è questa la mano che madre natura poteva trovare per far uscire dal guscio qualcuno che non si era proprio accorto dell’altro.

Farsi piacere a tutti i costi quella/o dell’ultimo cocktail
Viceversa appiccicarsi come una cozza all’altro non funziona né con né senza lockdown, almeno non in maniera duratura e sana. Le relazioni invischianti, dipendenti o confuse sono sempre da evitare. Così anche l’atteggiamento da ultima spiaggia. Non c’è alcuna ora X che segna la fine del tempo: all’amore non si comanda, quando arriva arriva, anche se questo può comportare di dover rinunciare ad alcuni sogni come quello della maternità naturale, che è però un discorso a parte. Costringersi a farsi piacere qualcuno solo perché è li presente equivale a costruire castelli in aria, che al primo soffio di vento si scomporranno. Meglio a questo punto utilizzare il tempo per risolvere quegli aspetti di sé che tengono lontani dalla realtà ed impediscono di costruire relazioni sane.

Ora che ci si riappropria di spazi di vita e di interazione sempre maggiori, puoi far tesoro di quanto vissuto ed appurato nella precedente fase di lock-down. Impara a sintonizzarti sulle opportunità e a conoscere meglio le tue modalità di affrontare le situazioni accidentali che la vita ti mette innanzi. Ma soprattutto identifica quale è il tuo modo di andare incontro all’altro. Solo così potrai meglio comprendere quale ruolo giocano questi tuoi modi di comportarti nel costruire relazioni che funzionano o viceversa da cui resti deluso.



21.5.20

Ci siamo detti tutto? La vera comunicazione che fa crescere

 Fonte: Città Nuova


Ogni coppia è in cammino, e solo nel comunicarsi le cose si ha l’opportunità di crescerci dentro insieme. Quando nella coppia non si parla, i silenzi diventano taglienti e sono in grado di fare più rumore e più male di quanto ne facciano le parole


Per alcune coppie la quarantena ha significato prendersi finalmente il tempo per affrontare discorsi lasciati in disparte o interrotti per altre situazioni concomitanti.  Ma siete sicuri di esservi detti proprio tutto?

Dai sassolini nella scarpa da anni, che vi fanno camminare scomodi in due, a quel complimento taciuto perché l’altro in quel momento vi aveva fatto troppo arrabbiare, a quel progetto che avreste voluto realizzare ma che poi a ben pensarci c’erano altre priorità familiari e ci avevate velocemente rinunciato senza cercare una soluzione comune, a quella a volta che di fronte ai parenti non vi eravate sentiti sostenuti e l’altro non aveva frenato un’ingerenza.

Ogni coppia è in cammino, e solo nel comunicarsi le cose si ha l’opportunità di crescerci dentro insieme. Quando nella coppia non si parla, i silenzi diventano taglienti e sono in grado di fare più rumore e più male di quanto ne facciano le parole.

Nel testo della canzone “Fai rumore” di Diodato, vincitrice del Festival di questo anno, l’autore fa dire ai personaggi “non lo so se il tuo rumore mi conviene”. Vale a dire, non so se ciò che hai da dire mi piacerà, se mi farà confrontare con ciò che di me non voglio vedere. Ed anche il dubbio sempre possibile se mi sarà utile per migliorarmi come persona, se va nella direzione del cambiamento possibile legato alla mia persona piuttosto che a quello che tu ti aspetti da me.

Poi il testo prosegue qualche battuta dopo quasi con una supplica “ma fai rumore”, che suona come un non lasciarmi solo ad interpretare questi silenzi, potrei essere un giudice severo con me stesso. Ma anche non togliermi ciò a cui sono abituato, non rompere il gioco di attacchi e recriminazioni su di noi, altrimenti poi dobbiamo guardare le cose in faccia.

Dialoghi ipotetici frequenti tra molte coppie.

A volte la comunicazione nella vita reale è “volutamente” tendenziosa. Questo serve a spostare l’attenzione su altro. Attraverso la comunicazione non verbale si veicolano messaggi di cui il più delle volte siamo inconsapevoli e che sono assolutamente in contrasto con le parole che si stanno usando. È il caso della comunicazione paradossale, in cui nella stessa frase si afferma qualcosa e la si nega. La celebre citazione di una vignetta “Mi piaci così come sei, solo che ti vorrei diverso” ne è un esempio. A qualche livello una parte di noi recepisce l’attacco ma non può rispondere congruentemente se non identifica il doppio livello del messaggio.

In questo caso diventa difficile comprendere su quale canale comunicativo sintonizzarsi, ad esempio un complimento o l’attacco. Le incongruenze possono essere colte solo se almeno uno dei due dialoga senza partecipare ai cosiddetti giochi relazionali, cioè se è consapevole della dinamica che sta avvenendo nella relazione comunicativa. Occorrerebbe inoltre essere in grado di interrompere intenzionalmente queste dinamiche, cioè quelle interazioni ripetitive che si attivano d’abitudine e portano lontano dall’obiettivo dichiarato, il quale a sua volta in questi casi non corrisponde affatto all’obiettivo perseguito.

Quando parliamo all’altro usiamo inoltre quelle che lo psicologo Eric Bern chiama le posizioni esistenziali. Ci relazioniamo all’altro quindi con una concezione della nostra reciproca relazione come paritaria, cioè da adulto ad adulto, o con l’idea che o noi o l’altro siamo ad un livello superiore o inferiore. Questo comporta ruoli stereotipati e vizi di forma nella comunicazione. La verità non può mai essere espressa fino in fondo ed il messaggio non è a supporto della relazione.

Forse se ci ascoltassimo di più e più attentamente riusciremmo a rimodulare alcuni dei modi di comunicare che ostacolano la relazione e con essa la creazione di una relazione sempre più intima.

Ascoltarsi ed ascoltare ci mettono in grado di conoscerci sempre meglio e di co-costruire la relazione nello spazio-tempo di ogni giorno. Ci danno anche gli strumenti per dire con maggiore coerenza quello che pensiamo e che vorremmo, e supportano la crescita vicendevole dei partner. In questo modo il “fai rumore” può diventare una richiesta sincera di essere supportati a crescere interiormente nella verità, nella reciprocità e nel rispetto di ciò che si è.



6.5.20

Innamorati al tempo del Covid 19, la bellezza di ritrovarsi

 Fonte: Città Nuova


Da quando è cominciata la Fase due dell'emergenza Covid 19 è possibile incontrare i fidanzati o comunque le persone amate che erano lontane. Ma, nel frattempo, qualcosa nel rapporto può essere cambiato...


Tipico degli innamorati è la frenesia e il desiderio di rincontrarsi. I minuti che tengono lontani sembrano ore e le ore sembrano giorni, interminabili fintanto che non si è vicini all’altro. Al contrario, quello trascorso insieme è un tempo che scorre veloce. Esso ha una espansione e una densità in cui non ci si riesce mai a spiegare come sia possibile aver fatto o condiviso così tanto in solo un pomeriggio insieme.

Fidanzati e amanti che per circa due mesi si sono ritrovati a rimanere obbligatoriamente separati a causa dell’emergenza coronavirus, per disposizione del decreto del premier Conte, per chiusure dei confini regionali o nazionali (pensiamo a chi vive in stati diversi), per minacce di perdita di lavoro o più semplicemente per non correre rischi se appartenenti o vicini a chi rientra nelle fasce a rischio, possono dal 4 maggio tirare un sospiro di sollievo. La fase due dell’emergenza è cominciata e si può finalmente tornare a vedersi dal vivo.

Questo tanto sospirato momento è capace di appagare il piacere del trovarsi finalmente vicini, ma può rappresentare anche una nuova sfida per la coppia. La tecnologia è stata di grande supporto per accorciare le distanze, per continuare a crescere e sentirsi emotivamente vicini, per abbattere la solitudine. Ritrovarsi vis-à-vis avrà però l’effetto di dirsi come si è cambiatidentro in questo tempo e tornare a sintonizzarsi su una percezione reale, e non filtrata da uno schermo, di come si sta passo passo diventando. Quali desideri, progetti e priorità sono maturati, per confermarsi o rivalutare il piacere del ritrovarsi e dello stare insieme. Anche per dirsi cosa è mancato di più.

Gli innamorati si sa sono campioni in promesse e all’amore spetta il ruolo di mantenerle. Alcune relazioni sono state interrotte in una fase iniziale, altre erano già consolidate, qualcuno era alle soglie del matrimonio che ha dovuto rimandare. Rinnovarsi intenzioni ed emozioni aiuta a fare il punto della situazione, a dirsi quanto si è continuato a camminare l’uno nella direzione dell’altro. Ci sono cose che ad esempio, per l’esperienza di questi mesi, sono passate sullo sfondo ed altre che sbalorditivamente sono venute in luce. Su cosa si fonda l’amore che l’uno prova per l’altro oggi?  

Queste rivalutazioni sono parte del percorso di crescita che le persone fanno come individui dentro alla relazione. Ci sarà qualcuno che vorrà spingere il piede sull’acceleratore per accorciare le distanze e velocizzare progetti come l’andare a vivere insieme o sposarsi. Progetti belli, ma che hanno bisogno di fondarsi sulla misura dell’amore reciproco piuttosto che sul bisogno di accorciare le distanze o di non sentirsi soli.

Poi ci sono le coppie che lontane lo erano già, fisicamente o emotivamente. Alcune di esse potrebbero aver approfittato dei ritmi di vita più lenti per accedere ciascuno al proprio personale mondo interno così da renderlo più accessibile anche all’altro e riscoprendo l’intimità emotivaMentre altre potrebbero aver vissuto male la propria solitudine e innalzato barriere ancora più alte. Ritrovandosi face to face tutto questo viene messo in condivisione con quanto vissuto dall’altro e solo nella dimensione relazionale potrà assumere un senso affinché la coppia se ne prenda cura e lo inglobi nella propria storia, decidendo che ruolo dargli.

Questo tempo di sospensione può essere stato anche un tempo di riflessione e ridecisioni per quelle coppie in cui la relazione non andava molto bene. La lontananza in questi casi è complice e permette quel certo distacco che aiuta a vedere più chiaramente gli aspetti che nella routine difficilmente vengono colti, sia che si tratti di aspetti da rivalutare positivamente sia che si tratti di caratteristiche da soppesare.

Come con tutti gli aspetti della vita a ben guardare l’esperienza del Covid-19, se vissuta cogliendone le occasioni intrinseche, aiuta anche in campo amoroso a mettere a nudo la verità e la profondità sia delle relazioni sia dell’animo umano. A noi ogni volta avere occhi ed orecchie per scorgerle e decidere cosa farne.



23.4.20

La noia nella coppia, come nasce e cosa ci dice

 

Fonte: Città Nuova


È annoverata tra le emozioni tristi eppure contiene in sé tanto potenziale innovativo. La noia si supera ricominciando a pensarsi come entità in interazione ed in movimento


La noia prima di tutto nasce da uno stallo, dal voler rimanere ostinatamente in una fase che non da più nulla, né alla persona né alla coppia. Nasce dalla routine della quotidianità, dal dare per scontato se stessi e l’altro, dal non percepirsi più in una dimensione vitale di crescita personale e di coppia.

Essa è annoverata tra le emozioni tristi eppure contiene in sé tanto potenziale innovativo. È un luogo comune diffuso pensare alla noia come la fine di una storia ma così facendo si nega alla relazione la sua dinamicità interna ed il valore della noia come occasione di crisi e cioè di rimettere in moto ciò che si è lasciato assopire.

Le abitudini infatti hanno un alto indice di sicurezza, ma occorre stare attenti a non perdere attraverso di esse la vivacità dello scoprirsi e riscoprirsi per non spegnere le passioni. La noia arriva a segnalare non tanto che si è entrati in una zona di comfort quanto piuttosto che quella zona sta diventando scomoda e che occorre fare qualcosa. Quando si arriva a questo punto molto spesso uno dei due, quasi sempre la donna, “le ha già provate tutte” mentre l’altro è distratto dagli stimoli esterni e “vive come una seccatura” gli input del partner.

Le donne poi si arrendono molto velocemente di fronte alla poca voglia che gli uomini hanno del rimettere in discussione l’ordinarietà, e spesso sono convinte di dover fare da sé per dare stimoli alla coppia o di poter fare da sé escludendo il partner. In tutti i casi ci si dimentica della dimensione a tre in cui si vive: io, tu, noi.

Lo stallo nella sua accezione positiva testa se la coppia è pronta ad avviarsi ad una nuova fase, ed indica che il precedente modo di funzionare è obsoleto, che occorre co-costruirne uno nuovo che sia funzionale all’attuale stato e maturità delle persone che compongono la coppia. occorre dotarsi di strumenti per trasformarla in pedana di lancio. L’idea della coppia “che si era” è superata.

Né sono funzionali le forme alternative di essere coppia in cui si perde l’intimità sessuale o si cerca altrove una compensazione. Vivere sdoppiati, giocando in modo rigido alcune parti di sé fuori con gli amici ed altre col partner non permette di essere veramente se stessi.

La noia si supera dunque con un cambio di atteggiamento ricominciando a pensarsi come entità in interazione ed in movimento.

Due errori sono in agguato: la solitudine e gli stimoli esterni. La mancanza di comunicazione dei vissuti e delle nuove acquisizioni crea nella coppia una barriera che allontana l’uno dall’altro.

Contemporaneamente questo modo di fare radicalizza l’abitudinarietà che fino ad allora ha fatto funzionare l’insieme e fissa un’immagine stereotipata l’uno dell’altro in cui diventa difficile cogliere anche le piccole quotidiane evoluzioni. Attraverso il ripetersi meccanico delle azioni le emozioni vengono spente o orientate verso altre fonti di soddisfazione.

Non si può ignorare che ciascuno ha desideri e bisogni che aspettano di essere riconosciuti e presi in carico. Ma come? Nel dialogo per puntare alla crescita di coppia, e facendo tanto esercizio di ascolto, comprensione e riformulazione per esser sicuri di aver capito bene e non metterci del proprio.

Poi usando la creatività e cercando di mettere in gioco parti nuove di sé, dando sfogo alla creatività ed alle idee, ripescando sogni nel cassetto ed a volte superando anche piccoli imbarazzi di mostrarsi un po’ diversi seppur sempre se stessi. Ed infine trovando modi comuni per far si che le tre dimensioni della coppia possano trovare un nuovo equilibrio.

Bisogni ed emozioni non ascoltate cercano altre forme per raggiungere un apparente equilibrio tra cui il malessere, il ricorso a valvole di sfogo e la creazione di vuoti interni o relazionali che alla lunga diventano difficili da colmare.

In questo tempo pandemico siamo stati tutti sollecitati ad ascoltare un po’ meglio il nostro mondo interno. Personalmente ho colto che, in tante situazioni potenzialmente critiche, l’aver accettato la condizione esterna di confinamento in casa ha predisposto molte coppie ad una maggiore capacità di trovare un’intesa e riflettere meglio su quanto normalmente avrebbe rappresentato un punto di criticità.

Come è per voi? Dopo così tante settimane in casa per la quarantena cosa hai scoperto di nuovo del tuo partner e del vostro modo di funzionare? Come è stata la vostra capacità di riadattare la routine consolidata per far fronte alle nuove e tante esigenze del condividere spazi e tempi? Quando hai fatto qualche riflessione su di te, di voi e dei cambiamenti e riadattamenti in atto gliela hai comunicata e come? Hai notato qualcosa di diversamente positivo? C’è qualcosa che l’altro ti ha detto o ha fatto attraverso cui ti ha mostrato qualcosa di nuovo di sé? È rimasto ancora altro che vorresti dirgli e non hai ancora fatto? Il mio invito è ad utilizzare la prima occasione possibile per farlo.

Interessarsi genuinamente all’altro ed alle sue piccole scoperte quotidiane e vicendevolmente comunicarsele tiene lontana la noia.



27.2.20

Essere di sostegno al partner

 Fonte: Città Nuova


Momenti difficili ce ne sono per tutti. Critico è viverli in contemporanea. Per fortuna non è sempre così


Saper stare al fianco senza pretese e senza interferenze è un’arte che si può apprendere. Fermarsi a chiedersi: «Come gli sto vicino quando ha bisogno di me?» è un buon allenamento per prestare attenzione alla relazione e imparare a camminare insieme nella vita.

Per natura si è egocentrici, ed anziché chiedersi come si sta accanto all’altro, risulta più facile chiedersi «Come mi sta accanto?». Se si soffre di questa sorta di miopia relazionale vien da sé che difficilmente verrà spontaneo inquadrare la situazione nel suo contesto: «Che cosa sta attraversando l’altro? L’attenzione che mi aspettavo è realistica? In che modo mi do personalmente attenzioni ed in che modo le chiedo o le pretendo?»
Se si è concentrati sul proprio bisogno, proprio come i miopi, l’altro ed i suoi bisogni tenderanno a rimanere sullo sfondo. La situazione peggiora se noncuranti del difetto di vista si cerca di far sentire l’altro carente di cure e di attenzione.
Viceversa se si soffre di ipermetropia relazionale si tenderà a tenere in considerazione i bisogni e le argomentazioni reali e plausibili dell’altro ed a trascurare i propri. Anche in questo caso è facile sbilanciarsi e finire per sentirsi inadatti.

Come fare a tenere conto delle proprie ed altrui esigenze contemporaneamente?
Ci sono di supporto alcune funzioni. Primo: l’empatia, questa capacità di uscire da sé e dal proprio campo visivo per osservare la situazione anche dall’angolazione dell’altro. È una competenza emotiva che cresce insieme alla considerazione ed al desiderio di vicinanza dell’altro.
Secondo: il dialogo. Nessuno nasce indovino, ed anche se crediamo di essere delle persone empatiche a volte possiamo essere indotte in errore e capire fischi per fiaschi. In fondo se ci si pone in due angoli di una medesima stanza, la stanza è la stessa, ma la prospettiva di visuale è necessariamente diversa.
Terzo: la valutazione obiettiva delle proprie condizioni attuali e la loro comunicazione sincera. Se vi trovate in un momento critico, meglio parteciparlo, piuttosto che far finta di niente. Le risorse energetiche sono per natura limitate, questo è un dato di fatto da accettare. Ignorare o sottovalutare questo dato di fatto porta confusione, rammarico e insoddisfazione. In queste circostanze le donne si sentono in genere deluse e gli uomini squalificati. Mentre l’informazione chiara aiuta a costruite contesti mentali comuni e facilita sia la comprensione dei reciproci bisogni sia l’accettazione di essi. Ne consegue lo sviluppo di sane ed adeguate capacità di autosostegno.

L’autosostegno: una risorsa o un limite? Come in ogni cosa l’equilibrio sta nel mezzo. Atteggiamenti come: «faccio da me, non ho bisogno di te», suonano di per sé distanzianti e qualche volta possono essere persino rancorosi. Mentre ascoltare e comprendere che l’altro in questo momento, e non in generale, non può essere al fianco per ovvi motivi, lascia spazio alla fiducia ed alla vicinanza emotiva: «So che vorresti aiutarmi e che mi sei accanto col cuore, ma stavolta faccio io».
Inoltre quando ci si trova a vivere contemporaneamente delle situazioni difficili, già il sapere che l’altro è in grado di gestire quella situazione, alleggerisce il partner di una responsabilità che soprattutto gli uomini sentono sull’altra. In questi casi l’autosostegno è una risorsa fondamentale della unione di coppia.

Lasciarsi sostenere ha a che fare sia con la capacità di lasciarsi sostenere senza sentir messo in discussione il proprio valore, sia con il permesso che si da all’altro di fare qualcosa di bello per voi, riconoscendovene degni. È importante parlare nella coppia di questi aspetti per trovare il modo comune di conviverci. Si proviene da diverse esperienze e qualche volta da diverse culture, si sono maturate negli anni abitudini, convinzioni e bisogni e qualche volta anche delle insicurezze. La conoscenza vicendevole e l’integrazione delle reciproche modalità arriva per gradi e matura con gli anni.

Concludendo possiamo dire che tante cose si possono fare da soli, e seppure in coppia continuare a farle da soli. E tante cose si possono fare insieme o per l’altro senza né delegare né sostituirsi. Occorre solo essere consapevoli che nel mentre si sceglie che veste darsi nel mutuo sostegno come partner, si definisce anche la strategia che con i propri temperamenti permette meglio di coabitare la relazione che si va via via costruendo.



12.2.20

Leggeri, non banali né superficiali

 

Fonte: Città Nuova


Esiste un modo per vivere con leggerezza? E se si come non risultare banali?


Spesso gli aggettivi leggero e leggerezza vengono intesi pregiudizievolmente. Si teme così di risultare banali o superficiali, e così facendo ci si giudica tali. Segue poi l’impulso di dimostrare che non lo si è e si rimarcano alcune caratteristiche del proprio carattere, che da sé stesse rappresenterebbero un pregio, mentre così rafforzate rischiano di trasformarsi in un macigno che la persona si porta addosso con grave sofferenza.

Quello appena descritto è un meccanismo piuttosto diffuso. Stupisce il fatto che chi si trova a vivere queste oscillazioni emotive da un lato vorrebbe vivere più serenamente, mentre dall’altro non se ne da il permesso procurando notevoli costrizioni e tensioni a sé ed a chi gli sta accanto.

La leggerezza designa una condizione della vita che va in sintonia con parole come benessere, gioia, allegria, dinamicità, equilibrio, delicatezza, disinvoltura, apertura, flessibilità. è la capacità di affrontare la vita così come viene, di calarsi nelle situazioni con la possibilità di osservarle da un’altra prospettiva e trovare soluzioni creative che calzano a pennello.

Una caratteristica importante delle persone che esprimono leggerezza è la loro capacità di astrazione, di distaccarsi dal peso delle circostanze, quelle attuali e quelle passate. Esse viaggiano con un bagaglio leggero, ciò che è superfluo o non serve più è archiviato. Cercano di non rimanere imprigionati in concetti e sovrastrutture che cristallizzano la situazione e non offrono spunti per altri pensieri e modi di attraversarla.

Le persone leggere sono capaci di ridere di sé stessi, non temono di mettersi in discussione, ed amano circondarsi di persone che le rispecchiano, che accettano la scioltezza con cui essi vivono e che pertanto gli permettono di continuare ad esprimersi con leggerezza.
Viceversa tendono ad evitare quei contesti, anche familiari, dove la leggerezza è scambiata per superficialità e loro stessi sono velocemente etichettati come persone infantili o poco concrete.

Sebbene siano capaci di trasmettere emozioni positive anche agli altri, devono necessariamente arrendersi di fronte al fatto che alcune persone che non glielo permettono. La distanza che si pone tra sé e queste persone non è da intendere come una distanza affettiva, soprattutto quando si tratta della propria cerchia familiare, bensì come distanza dalle modalità castranti e dai rimproveri espliciti ed impliciti che l’altro muove. Questa induzione di senso di inadeguatezza e di colpa alla lunga è capace di minare la loro energia vitale. La fuga rappresenta l’ultimo espediente per non morire dentro.

La distanza maggiore da percorrere in queste circostanze resta quella mentale, per non lasciarsi influenzare dal giudizio dell’altro. Il saper attendere i tempi dell’altro, la convinzione che non si ha nulla da dimostrare e la capacità di non giudicarsi, daranno risultati nel medio-lungo tempo.

Questo tipo di atteggiamento centrato sul proprio modo di essere protegge dal divenire banali e superficiali. è quando ci si concentra su come apparire che si corre il rischio di divenire banali e per di più di innescare una lotta a chi dimostra più abilmente se è meglio vivere a briglie sciolte o rimanere al sicuro.

Si può imparare a vivere senza pesi? Si, certamente. E lo si fa nel mentre si abbandonano i giudizi ed i pregiudizi, le autocostrizioni ed il controllo e ci si da la possibilità di aprirsi a nuovi punti di osservazione.



30.1.20

A un passo dal matrimonio

 Fonte: Città Nuova


Stai progettando il tuo matrimonio?   Questa frenesia pre-nozze è piuttosto comune. Non lasciarsi sopraffare da essa e soprattutto non perdere di vista l’essenziale di quel giorno, è una sfida tutta da vivere. Ed è già un allenamento per gli anni a venire


Stai progettando il tuo matrimonio?  Siete impegnatissimi tra lavoro, preparativi, parenti e amici e tutto intorno a voi sembra essere impazzito e richiedervi attenzione? Questa frenesia pre-nozze è piuttosto comune. Non lasciarsi sopraffare da essa e soprattutto non perdere di vista l’essenziale di quel giorno, è una sfida tutta da vivere. Ed è già un allenamento per gli anni a venire.

Punto uno: accettare che per alcuni c’è bisogno di un po’ di follia e di immaturità, soprattutto se giovani, per creare un legame che voglia essere duraturo nel tempo e una famiglia. Per altri c’è bisogno di calcoli matematici e sicurezza. Sono stili personaliche qualche volta si riesce a valicare mentre altre si rimane sui propri punti. Certo è che occorrerebbe arrivare al momento del «» opportunamente preparati su quelli che sono i punti forza della relazione ed i suoi punti deboli e qualche pista per starci dentro.

Punto dueattraversiamo nella vita diverse fasi, e la tendenza è quella di una crescita personale (cognitiva, affettiva ed emotiva) sempre maggiore, con sé stesso e con l’altro. Se osserviamo la persona nel suo attimo presente, possiamo immaginare che alcune modalità di pensiero, di comportamento e di sentire possono trovarsi in armonia o in conflitto tra di loro. Una paziente che nell’interazione con il partner utilizzava prevalentemente lo stato dell’Io bambino, in seguito ad un lavoro personale e di coppia, subito dopo le nozze disse: «Sono contenta di essermi sposata nella fase del mio Io adulto». Con questo voleva intendere che non erano presenti in lei movenze (manie di controllo, insicurezze) né retaggi (rabbie, influenze, decisioni anacronistiche sulla sua vita) che la spingevano a quel passo, ma che il passo del matrimonio era compiuto in piena e consapevole liberta di intenti. Si riteneva di fatti matura per accettare tutto quello che dalla relazione sarebbe scaturito. E riconosceva quanto dannose erano state le fantasie che in precedenza avevano guidato la relazione.

Punto tre: il matrimonio è un progetto a due. Come in tutti i progetti, anche nel matrimonio, ci sono risorse (i due coniugi), c’è una struttura (la relazione), c’è una tempistica (l’ieri, l’oggi, ed il domani), c’è uno spazio (qui o altrove = presenza o assenza), ci sono delle regole (la gestione dei confini personali e di coppia, la creazione del Noi, la giusta distanza). Ci sono dei rischi da non sottovalutare: la routine, le intromissioni esterne (manomissioni), l’esaurimento delle energie emotiva. E strategie da mettere in campo: tempi bilanciati per sé, per l’altro, per lo svago, per i bilanci che non solo di tipo economico, per le verifiche sul proprio impegno e sulle nuove esigenze su cui mettere il focus.

Punto quattro: queste valutazioni in corso d’opera servono a capire come vengono utilizzate le energie interne alla coppia, quanto di esse viene investito nel progetto matrimonio e quanto ne può essere investito nelle altre sfere della persona (realizzazione personale, famiglia d’origine, lavoro, amici, hobbies). Un po’ di tecniche di comunicazione efficace tornano utili per far si che il dialogo ed il confronto siano chiari, onesti e profondi. Eventi come gli anniversari ed altri tipi di ricorrenze possono essere delle occasioni per interrogarsi personalmente e confrontarsi poi col partner. E ciclicamente si possono fissare dei momenti di dialogo più profondo.

Punto cinquel’apertura agli altri. Vita a due, confini, ok. Ma c’è tutto il mondo delle relazioni, affetti ed interessi che va capito come può essere integrato alla vita coniugale. Nessuna coppia è un’isola. Né tantomeno la geografia di una coppia resta immutata nel tempo. Si attraversano fasi in cui c’è maggiore o minore apertura agli altri in base a quante energie disponibili restano dopo aver fissato le priorità personali e di coppia di ciascuna fase di vita. Anche questi sono temi che ciclicamente possono essere affrontati.

Durante la preparazione al matrimonio tutti questi temi e dinamiche possono venire fuori: dalle divergenze su come e dove organizzarlo, dalle interferenze familiari in mezzo a cui i fidanzati possono trovarsi, dalla lista degli invitati o dei regali, dall’organizzazione del viaggio di nozze, al come non perdere di vista se ed il rapporto che si sta co-costruendo nel pieno del vortice e potersi ritagliare spazi intimi di dialogo e confronto.

Ognuna di queste tappe implica una maggiore conoscenza di sé e dell’altro, una definizione di chi e come si sceglie, del ruolo da dare agli altri nei preparativi ma poi in futuro anche nelle proprie vite, ed allo stile di festa e di vita a cui si tende. Ma più di tutto permette di creare già i presupposti per allenare la capacità di saper funzionare insieme che di li a breve saranno indispensabile strumento della vita quotidiana.



18.1.20

L’amore in provincia

 Fonte: Città Nuova


Ci sono differenze culturali in amore? E vivere l’amore in città o in provincia può essere la stessa cosa?


Durante una conferenza sul corteggiamento, un partecipante solleva una questione: «Quando si parla del corteggiamento e delle fasi di una relazione non si parla mai della realtà dei piccoli paesi dove la libertà di incontrarsi e conoscersi è ancora limitata alle possibilità di intrattenimento dell’hinterland, al permesso/autorizzazione di uscire e di rientrare in una certa ora, alla disponibilità di un’auto con cui spostarsi, alla complicità di questa o quella figura che fa da spalla. Che fare in questi casi?».

La realtà descritta da questo partecipante per alcuni è lontanissima, per altri è storia quotidiana. Può appartenere ai piccoli paesi così come alla periferia cittadina.

In questi contesti le coppie nascono velocemente, ci si conosce frettolosamente e frettolosamente si maturano decisioni. Pazienza, tenacia e risolutezza vengono allenate, da quei limiti imposti che in ogni caso rappresentano un ostacolo alla conoscenza tra le persone. Affidabilità, premura, e capacità di donarsi possono trovare mille modi per essere espressi anche a queste condizioni. La possibilità di maturare decisioni insieme, di autoregolarsi, di conoscere i propri limiti, lo scoprire le reazioni trovandosi di fronte a contesti nuovi sono limitate. Per non parlare poi delle possibilità di trascorrere insieme una vacanza. Il controllo è esterno, non solo genitoriale, spesso anche sociale.

Per tante generazioni l’amore è sbocciato anche in queste condizioni. E queste rappresentavano a volte parte del rito di passaggio all’età matura e in parte un test per valutare caratteristiche personali ed intenzioni del pretendente.

La relazione amorosa, dal suo sorgere e fino a tutto il suo svolgimento segue a mio avviso le stesse regole ovunque. Ciò che muta sono i modi attraverso cui culturalmente le emozioni e l’interazione si esprimono, ad esempio nei gesti.

Ci si innamora o per somiglianza o per complementarietà. Nel primo caso ci si basa su di un reciproco riconoscimento, sia per le caratteristiche personali sia per quelle culturali. Nel secondo caso si anela a qualcosa che non si ha ma che l’altro ha, ci si basa sul desiderio di lasciarsi completare dalle caratteristiche personali o culturali dell’altro.

La difficoltà principale per chi vive in questi contesti può essere dunque più semplicemente il doversi confrontare con un modo di fare a cui non sente di appartenere più o a cui non si è mai appartenuti. O il desiderio di poter vivere la relazione in libertà e secondo i propri schemi sin dal suo nascere.

Il passaggio sociale che va dal controllo esterno sulla persona, proprio della cultura del noi delle generazioni precedenti, al controllo interno ed al bisogno di conoscere e sperimentare i propri limiti e di autodeterminarsi, proprio della cultura contemporanea detta dell’Io, spiega la difficoltà vissuta lì dove la relazione nel suo nascere e nella sua evoluzione è supervisionata.

Pensiamo non solo ai contesti rurali o delle periferie italiane ma anche a quelle culture dove i partner continuano ad essere scelti o almeno proposti dai genitori, e per eccesso quelle culture dove è il legame stesso ad essere rifiutato. In ogni caso l’uno o l’altro comportamento è reso possibile da una accettazione di base del contesto da parte di entrambe le persone.

Lì dove questa accettazione di base manca ed è impossibile contestare o ribaltare le condizioni dettate dal contesto, questo diventa di per se stesso un dato di fatto da tenere in considerazione per assumere la propria personale decisione sul corteggiamento e sulla relazione.